Saverio sollevò le braccia e la spada mostrandosi nudo. – Dimmi, faccio tanto schifo?
Serena Mastrodomenico non era esperta di sindromi psicotiche, nonostante avesse
frequentato il biennio di Psicologia. Ma la saggezza popolare sosteneva che ai pazzi
bisogna sempre dare ragione. E in quel momento le sembrava un comportamento più
appropriato che mai.
– No… No… che non fai schifo, – balbettò, stupita di avere ancora fiato per parlare. –
Ascoltami Saverio. Posa quella spada. Mi dispiace per quello che ti ho detto – . Deglutì.
– Lo sai che ti amo…
Lui cominciò a sussultare in preda al riso. – No…
Questa no, ti prego… Questa
proprio non la dovevi dire. Mi ami! Tu mi ami? È la prima volta che ti sento dire che mi
ami da quando ti conosco. Nemmeno quando ti ho dato l’anello di fidanzamento me lo
hai detto. Mi hai chiesto se si poteva cambiare – . Voltò la testa verso la finestra, come
se li ci fosse qualcuno. – Hai capito? Hai capito cosa bisogna fare per essere amati dalla
propria moglie? E poi dicono che il matrimonio è un’istituzione in crisi.
Doveva scappare. La finestra che dava sul terrazzino era chiusa e le tapparelle
abbassate. E se anche fosse riuscita ad aprirla, erano al terzo piano e sotto c’era la
spianata d’asfalto del parcheggio.
E se avesse urlato aiuto, lui l’avrebbe colpita con la
spada. L’unica cosa che le restava da fare era implorare pietà e appellarsi al vecchio e
buon Saverio, che da qualche parte ancora doveva nascondersi dentro la mente malata di
quello schizofrenico.
Ma questo era impensabile. In quarantatre anni Serena non aveva chiesto pietà a
nessuno. Nemmeno alle Orsoline che le colpivano le nocche con il righello. Il carattere
di Serena Mastrodomenico era stato forgiato secondo la rigida etica luterana dei Mastri
d’Ascia Tirolesi. Papà, che aveva passato gli anni della gioventù come apprendista in
una falegnameria di Brunico, le aveva detto che i legni più pregiati si spezzano ma non
si piegano.
(E tu, stellina, sei dura e preziosa come l’ebano. E non ti farai mettere i piedi in testa
da nessuno .Nemmeno da tuo marito. Promettimelo).
Sì, paparino, te lo prometto.
E quindi figuriamoci se avrebbe chiesto pietà a quel fallito pezzo di merda scroccone
psicopatico
di Saverio Moneta, figlio di un modesto operaio della Osram e di una
massaia ignorante. Lei lo aveva ripulito, lo aveva fatto entrare nel suo letto,
lo aveva
fatto accettare a quel sant’uomo di suo padre, aveva accolto il suo sperma bacato per
farci dei figli e adesso quello la minacciava con una spada.
Serena afferrò la sveglia dal comodino e gliela lanciò contro digrignando i denti: –
Fanculo! Uccidimi! Fallo se hai coraggio. Non ho paura di te, scarafaggio senza palle! –
E con le mani gli fece segno di farsi avanti.
Do'stlaringiz bilan baham: