Niccolo Ammaniti Che la festa cominci



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Niccolò Ammaniti - Che la festa cominci1

Ma chi se ne frega. Quello che gli fregava in quel momento era che con una mossa del 
genere sarebbe stato ricordato per sempre. A lui sarebbero stati dedicati siti internet
forum e blog. La sua faccia sarebbe stata stampata sulle magliette di migliaia di 
ragazzini. E gruppi di satanisti per generazioni e generazioni si sarebbero ispirati alla 
figura di Mantos e sarebbero rimasti affascinati dalla sua personalità carismatica e 
psicotica, al pari di Charles Manson. 
Saverio afferrò l’iPod di Serena dalla credenza accanto alla porta di casa. Era certo 
che sua moglie avesse qualcosa della cantante tra gli mp3. E infatti c’era. Spinse play. 
L’artista cominciò a cantare con la sua voce melodiosa e ricca di ottave la storia d’amore 
tra due adolescenti. 
Che schifo! 
Quella schifosa aveva unito le cose che odiava di più sulla terra: l’amore e i ragazzini. 
Dall’armadietto dei liquori tirò fuori una bottiglia di Jägermeister e ci si attaccò. 
Era amarissimo. 
Sulla panchina di marmo non si stava comodi. Fabrizio Ciba e Alice Tyler erano 
aggrovigliati uno con l’altra mentre sbuffi di maestrale cominciavano a scuotere il 
boschetto di bambù. Lo scrittore aveva una mano poggiata sul muretto di calcestruzzo e 
l’altra su una tetta della traduttrice. La traduttrice invece ne aveva una incastrata dietro 
la schiena e l’altra infilata dentro i pantaloni dello scrittore. La cintura le bloccava, come 
un laccio emostatico, l’afflusso di sangue alla mano e quindi l’unica cosa che poteva 
fare con le dita intorpidite era stringergli l’uccello. Fabrizio le ansimava in un orecchio 
cercando di liberarle la tetta dalla costrizione del reggiseno ma non riuscendoci decise 
che le avrebbe esplorato le parti intime. 
Non si accorsero dell’amministratore delegato che a una decina di metri stava 
pisciando fino a quando non lo sentirono sospirare. – Ahh!! Ci voleva proprio. Che 
liberazione! 
I due si immobilizzarono come sogliole e se avessero potuto, come la Solea solea, 
avrebbero cambiato colore mimetizzandosi con l’ambiente circostante. Fabrizio le 
sussurrò in un orecchio: – Zitta, c’è qualcuno… Zitta, ti prego. Non respirare – . Si 
pietrificarono, come due calchi pompeiani. Tutti e due con le mani sui genitali dell’altro. 
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Un’altra voce. Più lontana. – È stato bravo Ciba stasera. 
Ma quanti sono? 
La voce più vicina rispose: – Sì, bisogna dire che in queste cose il nostro Ciba è il 
migliore di tutti! 
– È Gianni! L’amministratore delegato! – spiegò ad Alice lo scrittore, con un filo di 
voce. 
– Dio mio, dio mio, dio mio, – invocò lei. – E se ci vedono? 
– Zitta. Non parlare – . Fabrizio sollevò la testa. La sagoma di Gianni si allungava 
dietro il cespuglio di ortensie. Ciba si riabbassò. – Sta pisciando! Non ci può vedere. 
Adesso se ne va. 
Ma l’amministratore delegato, che soffriva di prostata, rimase a scrollarsi l’affare 
aspettando scariche successive. – Non male la storia del fuoco! Una cazzata, ma 
efficace, niente da dire. Dobbiamo chiamarlo più spesso a fare queste cose, è magnetico. 
Fabrizio sorrise soddisfatto e guardò Alice, che sbuffò divertita. Cosa poteva volere di 
più? Pomiciava con una specie di modella meticcia e intellettuale, e 
contemporaneamente riceveva le lodi sperticate dal re della sua casa editrice. 
Le toccò il clitoride. Lei rabbrividì e gli alitò nell’orecchio. – Piano… pianooo… Se 
no mi metto a urlareeehhh… 
Il cazzo gli si era trasformato in un blocchetto di cemento armato. 
– Ma parlando di cose serie… A che punto è Ciba col nuovo romanzo? 
– Non riesco a capire… Per quel poco che ho letto… – Pennacchini rimase senza 
parole. Spesso gli succedeva di bloccarsi, come se gli avessero tolto la corrente. 
– Cosa, Pennacchini? Che hai letto? 
– Mi pare, ecco, assai sfocato… Più… Come dire… Dei tentativi maldestri che una 
vera e propria narrazione… 
Fabrizio, che intanto si dava da fare a slacciare la cinta, si bloccò. 
– Una cagata, ho capito. Come l’ultimo, là… Il sogno di Nestore. Non sono per niente 
soddisfatto… E va pure così così. Da uno che aveva venduto un milione e mezzo di 
copie mi aspettavo, francamente, qualcosa di più. Con tutta la pubblicità che gli abbiamo 
comprato. Hai visto le rese semestrali? Se non ci fosse La fossa dei leoni… 
Alice con un colpo da maestra gli liberò finalmente l’erezione e cominciò a 
masturbarlo. 
– … Bisogna che discutiamo del contratto per il prossimo libro. La sua agente è fuori 
di testa. Ha chiesto una cifra assurda. Prima di firmare ci dobbiamo pensare bene. Non 
possiamo essere strozzati da uno che vende in fondo come Adele Raffo, che becca 
esattamente la metà di lui. 
Ciba credette di svenire. Quel figlio di puttana lo stava paragonando a una suora 
obesa che scriveva ricette di cucina! E che cos’era questa storia di ridiscutere il 
contratto? Ed era pure un gran falsone. Gli aveva detto che Il sogno di Nestore era un 
libro necessario, il romanzo della sua maturità. 
Alice, intanto, tutta presa, non ascoltava, continuava a massaggiarglielo con un 
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preciso movimento antiorario del polso ma, con sua enorme sorpresa, l’operazione non 
dava i suoi frutti, anzi. Le si stava letteralmente avvizzendo in mano. Lo guardò 
imbarazzata. Lo scrittore era atterrito. – Che succede? Sta venendo qua? 
– Per favore… Un attimo. Stai zitta un attimo. Alice sentì una nota stonata nella voce 
di Fabrizio, mollò la flaccida appendice e si mise in ascolto. 
– … Tanto non scappa! Dove va? Nessuna casa editrice è disposta a dargli quanto gli 
diamo noi. Ma neanche la metà. Chi si crede di essere? Grisham? E tra l’altro ho saputo 
che la sua trasmissione non è stata ancora confermata per l’anno prossimo. Se la 
chiudono, Ciba cola a picco. Dobbiamo fargli abbassare la cresta. Anzi, la prossima 
settimana, Achille, voglio fare una riunione con Modica e Malagò e così vediamo come 
agire… Quello un altro libro mica lo scrive. È bollito – . Un istante di silenzio. – Ahh!! 
Ho finito. Era dall’aereo che la tenevo – . Poi rumore di passi sulla ghiaia. 
Ciba rimase sospeso a mezz’aria, incapace di reagire, poi ricadde giù, nel fango del 
pianeta terra, o meglio, sulla donna nella cui vagina teneva immerso il dito medio. Una 
donna, tra l’altro, appena conosciuta. E che lavorava nel suo stesso campo. Un’estranea. 
Una potenziale spia. 
Si sollevò con la faccia congestionata e due occhi da psicopatico. 
Lei si coprì il seno con la camicetta e fece una smorfia indefinibile. 

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