I gonzaga del po



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Sana23.06.2017
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Giuseppe Torchio, ex Presidente della provincia di Cremona e Presidente del GAL Oglio – Po;

  • Giuseppe Beccari, ex Sindaco di Sabbioneta e Presidente dell’Associazione Itinerari Gonzagheschi,

  • Cristina Bianchi e Giuliana Chiodini, Dirigenti all’Assessorato mobilità e trasporti della Regione Emilia Romagna.


    2.1 LA SITUAZIONE ATTUALE DELLE POLICY
    La lettura approfondita degli strumenti di governo del territorio fa emergere un quadro contrastante per quel che riguarda il territorio de “I Gonzaga del Po”: da una parte si intravedono tentativi di superamento dei confini, dall’altra questi confini paiono rappresentare ancora una cesura come se interventi infrastrutturali o ambientali non avessero una continuità o una ripercussione su un ambito più vasto al di là dei confini amministrativi.

    Inoltre, andando in specifico sui PTCP, le tre filosofie che li contraddistinguono sembrano nettamente differenti: il piano reggiano e quello cremonese appaiono molto selettivi, in quanto cercano di individuare solo alcune nodi strategici, mentre quello della provincia di Mantova è omnicomprensivo, andando a finire in dettagli di livello comunale.



    2.1.1 Sistema ambientale e naturale
    Gli approcci che le tre province hanno sulle tematiche ambientali traggono spunto dalla sopraindicata indicazione.

    Tutti i PTCP, dopo aver zonizzato il territorio secondo i diversi paesaggi che si succedono, limitatamente ad ambiente golenale ed agricolo, individuano i settori di valorizzazione ambientale, ognuno con nomi diversi (“rete ecologica” per Cremona, “corridoi verdi” per Mantova ed “eco mosaici” per Reggio Emilia).

    Gli obiettivi che si pongono sono in sostanza i medesimi: salvaguardia di rogge e canali in ambito agricolo, riconnessione dei filari storici, piantumazioni, tutela delle aree umide e delle fasce naturali autoctone.

    Il piano di Cremona1 individua nell’asse del Po e in quello dell’Oglio i due cardini primari della rete ecologica, come sostanzialmente fa la provincia di Mantova, che però dettaglia e articola, in maniera più precisa, azioni d’intervento più ristrette, scendendo a una scala assai minuta.

    Nel territorio de “I Gonzaga del Po” la provincia di Mantova individua sei corridoi e quattro nodi2:



    • Corridoio del fiume Oglio dalla foce del fiume Chiese alla riserva naturale delle Torbiere di Marcaria,

    • Corridoio del fiume Oglio dalla riserva naturale delle Torbiere di Marcaria alla foce,

    • Corridoio del fiume Secchia,

    • Corridoio del fiume Po dal confine provinciale alla riserva naturale della Garzaia di Pomponesco,

    • Corridoio del fiume Po dalla riserva naturale della Garzaia di Pomponesco alla foce del fiume Oglio,

    • Corridoio del fiume Po dalla foce del fiume Oglio alla foce del fiume Mincio,

    • Nodo della riserva naturale delle Torbiere di Marcaria,

    • Nodo della foce del fiume Oglio,

    • Nodo della riserva naturale della Garzaia di Pomponesco,

    • Nodo della foce del fiume Secchia.

    Questo piano, inoltre, va ad individuare una lunga serie di interventi ambientali di carattere locale e sovra locale, esterne ai corridoi ecologici.

    Vale la pena ricordare per le azioni di rilevanza locale:



    • la valorizzazione degli ambiti naturali a Borgoforte e Marcaria,

    • il recupero ambientale della rete idrografica, ovvero canali e chiaviche, tra Commessaggio e Viadana,

    • la riqualificazione dei canali di bonifica e delle cave dismesse a Gonzaga.

    Mentre gli interventi a valenza sovra locale sono più che altro legati alla qualità del paesaggio e alla tutela dei manufatti storici, per questo vi sono:

    • la salvaguardia dei manufatti idraulici a Borgoforte, Gazzuolo, Moglia, San Benedetto Po e Viadana,

    • la valorizzazione paesistica di Corte Passioncella a Motteggiana e del complesso monastico di Polirone a San Benedetto Po,

    • la tutela del ponte in chiatte a Torre d’Oglio,

    • la riqualificazione del borgo di Bondanello di Moglia

    • la riqualificazione del sistema mura - fossato di Sabbioneta.

    Nei PTCP delle province lombarde s’intuisce una qualche forma di continuità che travalica i confini amministrativi.

    In entrambi i documenti relativi al sistema ambientale, si precisa l’esigenza di progettazione congiunta alle province limitrofe per quegli ambiti di confine, cosa che invece non succede dall’altra parte del Po.

    Il piano redatto dalla provincia di Reggio Emilia è ultra selettivo, individuando tre tipi di eco mosaico nella Bassa3:



    • quello golenale del Po,

    • due agro ecosistemi parcellizzati: il primo che riguarda tutta l’area a nord del cavo Fiuma e il secondo relativo alle Valli di Novellara, un’area che comprende anche porzioni appartenenti ai comuni di Guastalla e Reggiolo.

    È necessario citare, infine, anche l’opera che il GAL Oglio – Po esegue sul territorio, il quale nel Piano di Sviluppo Locale 2007 – 2013 stanzia ben 1.225.000 € per la valorizzazione dello spazio rurale e del paesaggio, suddivisi in interventi di riqualifica ambientale e in altri di recupero del patrimonio storico, culturale e architettonico.

    Siamo, quindi, di fronte a un quadro che rileva sul territorio le medesime problematiche e le medesime azioni, punto di partenza importante da cui far partire un dialogo che porti a piani più coerenti e collegati tra loro, capaci di inserire misure congiunte in territori di confine come questi.



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    Figura 13 – “Le Valli” a Novellara (RE)


    2.1.2 Sistema insediativo e produttivo
    Le politiche insediative sono, diversamente da quelle ambientali, del tutto differenti nelle tre province.

    Non si avvertono, infatti, un’attenzione, un approccio e obiettivi simili e comuni, cosa che invece in parte si evidenzia nel caso precitato.

    Sull’espansione e sulla creazione di aree industriali si giocano oggi i futuri dei Comuni italiani, in quanto gli oneri di urbanizzazione sono uno dei pochi modi con cui possono finanziarsi in seguito al taglio dei fondi per gli enti locali delle ultime manovre finanziarie e all’abolizione di parte dell’ICI4.

    Diventa, quindi, tema delicatissimo quello della previsione di nuove aree produttive: da una parte perché i comuni necessitano di questo per potere continuare a garantire i servizi di propria competenza, dall’altra perchè siamo sempre più di fronte ad un consumo di suolo portatore di esternalità negative su tutta la collettività.

    Basterebbe confrontare una fotografia aerea di dieci anni fa e una attuale per vedere come parti consistenti di territorio siano state letteralmente invase da una serie di capannoni, molti dei quali ancora, oltretutto, inoccupati anche a causa della crisi economica che nel frattempo s’è abbattuta sull’economia mondiale

    In una situazione del genere paiono muoversi bene le province di Cremona e Reggio Emilia, le quali individuano in maniera selettiva nuovi poli industriali intercomunali, fra l’altro proprio nel territorio de “I Gonzaga del Po”.

    Tre di queste aree sono nel cremonese5, ovvero a Casalmaggiore, Calvatone e Piadena, mentre nel reggiano6 se ne individuano una tra Reggiolo e Rolo e una seconda tra Brescello, Poviglio e Boretto.

    Da notare che tra i poli nei quali non è prevista alcuna espansione vi è quello di Guastalla, che è per numeri e tradizione quello più grande e più dinamico.


    Inoltre, non si prevedono in nessuna delle due province sistemi di perequazione tra i comuni, in modo tale da spalmare costi e benefici delle espansioni insediative, come invece si è soliti fare in realtà europee più avanzate come in Francia7 o in Germania.

    Diverso è il PTCP di Mantova8, il quale prevede nuove aree produttive in quasi tutti i suoi comuni.

    A parte una gerarchizzazione tra poli di livello provinciale, sovra locale e comunale, il piano si limita a fare una sorta di indice delle zone industriali/artigianali previste per ogni comune, facendo digressioni sulle caratteristiche di ogni nuovo ambito produttivo.

    Sono ben 37 le nuove aree inserite nel piano, così suddivise:



    • Poli di rilevanza provinciale: Suzzara e Viadana, con rispettivamente due e quattro nuovi ambiti produttivi.

    • Poli di rilevanza sovra locale: Bozzolo con due nuovi ambiti, Gonzaga con quattro nuovi ambiti e Pegognaga dove sono previste tre nuove aree produttive.

    • Poli di rilevanza comunale: due nuovi ambiti a Borgoforte, uno a Commessaggio, tre espansioni a Dosolo e Gazzuolo, quattro a Marcaria, una a Moglia, Motteggiana, Pomponesco e Rivarolo Mantovano, due nuovi ambiti anche a Sabbioneta e San Martino dall’Argine e uno solo a San Bendetto Po.

    Si prevedono espansioni anche in comuni con poco più di 1000 abitanti, senza alcun apparente tentativo di razionalizzare e selezionare poli di sviluppo privilegiati.
    In questo caso sembra mancare un’impostazione che vada oltre il solo ambito provinciale, capace di guardare lontano e al futuro del territorio, senza calcolare le ripercussioni che determinate scelte avranno non solo nei contesti locali, ma anche e soprattutto in quelli confinanti anche se propri di altre Provincie e Regioni.

    2.1.3 Sistema infrastrutturale

    Le scelte in merito alla mobilità e alle infrastrutture trovano ampio spazio nei PTCP, costituendo, di fatto, la parte più corposa di questi.

    In questo caso un buon grado di omogeneità tra i tre piani è dato dalla rilevanza nazionale di molti degli interventi previsti, con le province che si limitano a segnalare gli aspetti di progetto più minuti come raccordi e varianti.

    L’opera più importante che riguarda questo territorio è la realizzazione della TiBre9, un progetto in cui si inseriscono una serie di operazioni per rendere più veloce e funzionale il passaggio e lo scambio di merci tra il porto di Livorno e il Passo del Brennero.

    Tra Emilia e Lombardia sono previsti gli interventi più sostanziosi:


    • la costruzione di una bretella autostradale che da Parma colleghi la A15 Parma – La Spezia alla A22 Modena – Brennero nei pressi di Verona;

    • il potenziamento delle linee ferroviarie alternative alle direttrici storiche.

    Il tracciato della nuova autostrada passerà per buona parte proprio nei territori de “I Gonzaga del Po”, soprattutto in quello cremonese10 dove saranno posizionati i caselli di Casalmaggiore e Calvatone, nei cui pressi dovrebbe anche verificarsi l’incrocio con un’altra importante opera viaria, l’autostrada regionale Mantova – Cremona.

    Alla TiBre sono collegati diversi lavori di riordino viabilistico: la nuova tangenziale di Calvatone, che servirà a raccordare il paese al casello, il raccordo tra la ex S.S. n. 343 “Asolana” nel comune di San Giovanni in Croce e la S.P. n. 85 nel comune di Gussola e la realizzazione della tangenziale nord di Casalmaggiore nel tratto compreso tra la SP ex SS 343 Asolana e la SP ex SS 420 Sabbionetana.

    Legato invece all’autostrada regionale vi è la realizzazione della tangenziale di San Giovanni in Croce, opera che si raccorda anche al potenziamento di tutta la ex statale 343 Asolana.

    Molti altri, poi, sono gli interventi previsti dal piano sul territorio Cremonese, alcuni a livello di strade comunali, tra cui è necessario segnalare la variante Casalmaggiore – Viadana, opera già realizzata, e il potenziamento della strada provinciale tra Bozzolo e Sabbioneta che passa da Rivarolo del Re.

    C’è coerenza con quel che prevede il PTCP di Mantova11, nel quale è citata come opera collegata alla TiBre la nuova tangenziale di Bozzolo.Molti di più sono, invece, i progetti nell’Oltrepò della provincia: circonvallazione est di San Benedetto Po, circonvallazione sud – ovest di Moglia, variante nord e variante est di Suzzara e circonvallazione est di Pegognaga.

    Meno rilevanti sono gli interventi in terra reggiana12, dove si segnala la necessità di completare la variante alla statale 62, o Cispadana, nel tratto tra Brescello e Parma e tra Tagliata di Guastalla e il casello autostradale di Reggiolo, e si prevede la realizzazione di una nuova strada provinciale tra Novellara e Reggio Emilia che tagli fuori i centri abitati.

    L’unica opera di portata più ampia è la realizzazione dell’autostrada regionale Reggiolo – Ferrara, già finanziata e approvata, che risolverà una mancanza infrastrutturale annosa, potendo collegare così tutte le Basse della regione.
    È però in ambito ferroviario che si giocano gli aspetti più interessanti per il futuro della zona.

    Come già detto in sede di analisi, le linee che servono la zona sono ormai vetuste e inadeguate ai moderni traffici.

    Oltre a un potenziamento della Milano – Cremona – Mantova e della Parma – Brescia, linee già elettrificate da rendere maggiormente idonee al trasporto merci, la maggior parte degli interessi dei piani si rivolge alla ristrutturazione della Parma – Suzzara e della Suzzara – Ferrara.

    Queste due ultime tratte sono ancora a binario unico non elettrificato e si trovano oggi a cavallo delle due Regioni: con un accordo siglato nel 2004 tra Ministero delle infrastrutture e trasporti, Regione Emilia Romagna e Regione Lombardia, si sancisce la gestione delle linee a carico di FER (Ferrovie Emilia Romagna) e la proprietà di regione Lombardia nei tracciati entro i suoi confini.

    Tutto ciò ha permesso di poter procedere in modo sinergico tra le parti, individuando obiettivi comuni per l’ammodernamento e l’adeguamento di queste linee.

    Soprattutto sulla Parma – Suzzara, che si trova ad essere cruciale poiché inserita nel corridoio ferroviario della TiBre, sono previsti gli interventi più sostanziosi: elettrificazione per creare una metropolitana di superficie per il trasporto passeggeri e creazione di un nuovo binario parallelo alla variante Cispadana13 per il trasporto merci, in modo da inanellare tutte le aree industriali e collegarsi al porto commerciale di Boretto.

    In conseguenza a ciò si prevede la realizzazione di raccordi ferroviari a Suzzara, a supporto dell’Iveco e a Pegognaga, oltre al potenziamento del nodo di San Giacomo a Guastalla.

    Il tema dei raccordi è inoltre sviluppato anche in altri ambiti tra cui Bozzolo.

    La previsione più importante riguarda la costruzione di un raccordo tra Casalmaggiore, Viadana, Pomponesco e Dosolo, denominato “Gronda Nord”, che dovrebbe servire le aree industriali dei rispettivi Comuni, in funzione di un’attività legata soprattutto alla siderurgia e al legname.

    Questo progetto prevede anche il collegamento con la banchina Pipeline a Viadana, realizzata per il trasporto di liquidi di scarto via fiume.

    Infine, la provincia di Reggio Emilia prevede il potenziamento e l’elettrificazione della linea Reggio Emilia – Guastalla, la quale andrà a costituire interscambio di traffico passeggeri con la futura stazione Tav medio padana di Mancasale.
    Sul tema della logistica e dell’interscambio modale vi sono, invece, le più accentuate discrepanze di visioni, potendo evidenziare un certo campanilismo.

    Se la provincia di Cremona14 prevede un nodo di interscambio ferro – gomma a Casalmaggiore, quella di Mantova15 fa lo stesso a Gonzaga, dove dovrebbe sorgere un vero e proprio polo logistico.

    Rispetto a quest’ultimo progetto, molte imprese reggiane avevano chiesto alla Regione Emilia Romagna di mettere la propria parte poiché anche loro avrebbero tratto benefici da questo intervento, ma la Regione ha preferito prediligere gli assi di sviluppo lungo la via Emilia, come conferma Giuliana Chiodini, funzionaria dell’Assessorato alla mobilità16.

    A quest’ultimo si contrappone quello di Reggiolo17, distante solo una decina di chilometri, e quello di Boretto, in cui si dovrebbero scambiare ferro, gomma e trasporto fluviale.

    Andando a vedere, invece, le politiche regionali dell’Emilia Romagna in termini di logistica, si può notare con sorpresa come in realtà non siano previsti investimenti in questo settore nell’area di progetto de “I Gonzaga del Po”, preferendo spostare il baricentro dei trasporti verso la via Emilia18.

    Di fatto, pare esserci ancora un po’ di confusione sulle scelte strategiche relative al trasporto merci nell’ottica qui ipotizzata di necessaria uniformazione delle scelte strategiche sovra provinciali che interessano il territorio de “I Gonzaga del Po”.

    Una rete ferroviaria efficiente e interconnessa garantirebbe, per esempio, la possibilità per le industrie della zona Ceramiche di poter portare sul fiume le proprie merci e utilizzare il trasporto navale, snellendo di molto non solo la situazione sulla Bassa reggiana ma anche quella di altri contesti.

    È leggendo queste incertezze che si rafforza l’idea della necessità di dare una voce unica al territorio de “I Gonzaga del Po”: le imprese e tutto il contesto hanno sicuramente bisogno di una modernizzazione delle infrastrutture e di avere un polo logistico intermedio che le connetta alle grandi reti nazionali ed europee.


    2.1.4 Sistema fluviale
    Il sistema fluviale merita un discorso a parte rispetto a quello infrastrutturale, poiché sarebbe limitante giudicare il Po solo dal punto di vista della navigazione.

    Molte altre, infatti, sono le funzioni che il Grande Fiume e i suoi affluenti svolgono sul territorio, denominato appunto “I Gonzaga del Po”: ambientale e paesaggistica, produttiva, in quanto sono l’origine di tutto il sistema di irrigazione dei campi agricoli, e, potenzialmente, energetica.

    Il tutto senza dimenticare le attività di difesa idraulica del suolo, per le quali sono state spese ingenti risorse negli ultimi anni.

    L’aspetto più interessante sta sicuramente nella gestione e nel governo del bacino del Po, in quanto dal 2003 l’AIPO (Agenzia Interregionale per il fiume Po) ha cambiato radicalmente il modello di governance precedente, costituendo uno dei pochi modelli di gestione d’area vasta in Italia19.

    Fino a quella data, infatti, era istituito il Magistrato del Po, emanazione diretta del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Ministero dell’Ambiente e del Territorio, con una direzione molto verticistica, in cui gli enti locali trovavano scarso peso.

    Con l’avvento dell’AIPO il controllo passa dallo Stato alle quattro Regioni attraversate dal Po, ovvero Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, che diventano le vere protagoniste degli indirizzi da attuare nelle politiche sul sistema fluviale, e gestiscono la governance grazie alla costituzione di un comitato di indirizzo composto da un assessore per regione da cui discende un comitato tecnico, sempre composto da quattro elementi.

    L’integrazione di competenze è stata poi favorita attraverso la fusione di AIPO con ARNI (Agenzia Regionale Navigazione Interna) nel 2009 e, con un’azione parallela a quella dell’Autorità di Bacino20, s’è arrivati ad avere un solo organo di decisione su tutte le questioni legate all’uso del fiume.

    Mentre l’attività dell’Autorità di Bacino è quella di predisporre il Piano di Bacino e tutti i suoi sottolivelli, l’Agenzia Interregionale svolge compiti strettamente connessi alla gestione delle opere idrauliche e alla Polizia Idraulica, oltre che la direzione ed il coordinamento del Servizio di Piena. AIPO programma e coordina tutte quelle opere tecniche volte a garantire la sicurezza del territorio e della navigazione fluviale, riunendo in sé l’aspetto della tutela ambientale e quello della valorizzazione del Po come infrastruttura.

    Sarà l’agenzia interregionale, quindi, che dovrà decidere quale strada intraprendere sull’annoso problema della navigazione interna, dove al momento attuale si è davanti a posizioni divergenti tra le Regioni.

    La Lombardia, infatti, ha spesso annunciato di aver pronto un piano di regimazione del fiume tra Cremona e foce Mincio capace di garantire la navigabilità 365 giorni l’anno grazie a sbarramenti che innalzano il livello delle acque di 5 metri in 4 punti (Motta Baluffi – Roccabianca, Viadana – Brescello, Borgoforte – Motteggiana, Sustinente – Quingentole) dai quali si prevede di ottenere energia elettrica pari a 920.000 MWh l’anno21.

    Il progetto in fase preliminare, ha però sollevato dubbi e timori da parte di tutti gli attori istituzionali ed economici che affacciano sul Po.

    Da un lato c’è un dibattito sull’impatto ecologico – ambientale: secondo gli studi fatti da Regione Lombardia, la regimazione avrà effetti positivi in quanto l’innalzamento del livello delle acque porterà al ritorno di diverse aree umide, mentre per WWF e Legambiente22 gli sbarramenti devasterebbero il paesaggio e un delicato equilibrio naturale nei punti in cui sono previsti.

    Molto complesso è il quadro del fabbisogno finanziario complessivo, stimato nell’ordine di grandezza del miliardo e mezzo di €.

    In un primo momento la Regione Lombardia dichiarava che tutta l’opera non avrebbe comportato alcuna spesa pubblica, poiché realizzata in project financing, con una compagnia tedesca che si diceva interessata. In seguito sembrava, invece, che un terzo dell’opera potesse essere pagata dallo Stato23.

    I dubbi più seri nascono però su un altro aspetto, che non emerge dallo studio di fattibilità.

    Come spiega Cristina Bianchi, funzionaria alla navigazione interna dell’Assessorato alla mobilità della Regione Emilia Romagna, gli aspetti problematici sono altri: “Come Regione Emilia Romagna non siamo contrari a priori a questo progetto, anzi, lo riteniamo interessante perché risolverebbe davvero il problema della navigabilità, benché sia un aspetto marginale per la Lombardia e, nonostante ciò che dicono le associazioni ambientaliste, servirebbe a ricreare una serie di zone umide sparite negli ultimi anni. Il vero problema è quello dell’altezza del fiume, che se da un lato renderà il flusso delle acque costanti tutto l’anno, dall’altro causerà diversi danni a tutto il sistema di bonifica che è pensato in rapporto a un certo andamento del Po. Per questo, tutti i consorzi di bonifica sono molto preoccupati, perché dovrebbero rivoluzionare tutto il loro sistema attuale e cambiare tutti i macchinari, e questi costi non sono previsti nello studio di fattibilità. Stesso discorso vale per gli argini, che sarebbero quindi da alzare ulteriormente”. dsc00906.jpg

    Figura 14 – Sede dell’ARNI a Boretto (RE), ricavata da un cantiere navale di inizio XX Secolo
    Altre strade sono percorribili per Bianchi: “Vista anche l’assoluta contrarietà del Veneto a quest’opera, molto meglio andare avanti su quegli interventi dove c’è totale armonia tra le Regioni, lavorando, quindi, soprattutto sulla sistemazione dei pennelli per la navigazione a corrente libera24, ponendosi come obiettivo la navigabilità per 200-250 giorni l’anno”.
    Il vero nodo gordiano sta nel capire se i benefici superano i costi e le esternalità della regimentazione, valutando, quindi, quanto sia davvero il bisogno e l’esigenza reale di dare al Po una dimensione infrastrutturale e quanto realmente conviene puntare sul trasporto merci fluviale.

    Di certo sia materie prime di cui le imprese necessitano, sia molte delle produzioni che nel territorio de “I Gonzaga del Po” vengono realizzate sono idonee alla navigazione via fiume, così come altre merci, come quelle della vicina zona ceramiche tra Scandiano e Sassuolo.

    Sulla base di queste valutazioni era stato pensato e poi realizzato il porto commerciale di Boretto, ad oggi ancora sottoutilizzato, al quale avrebbe dovuto raccordarsi anche tutta la rete viabilistica e ferroviaria, facendolo diventare un vero e proprio polo di interscambio.

    Con la regimentazione del Po si potrebbe ricreare la stessa situazione del porto di Boretto, ovvero la realizzazione di un’importante opera infrastrutturale legata alla quale, però, non ci sono servizi adeguati per poterla utilizzare a pieno regime.

    Per garantire la navigabilità, infatti, non basterà rendere più alto e costante il livello delle acque fluviali, ma bisognerà garantire una flotta capace di poter navigare sia sul fiume sia in mare e soprattutto ci dovranno essere incentivi e sovvenzioni per rendere competitivo questa modalità di trasporto.

    La questione meriterebbe un approfondimento migliore, ma ad oggi si può ipotizzare che nella migliore delle ipotesi avremo un Po navigabile solo nel 2027 – 2028, un futuro troppo lontano per poter ipotizzare visioni e scenari economici sul territorio in questione.

    È dall’estate 2009, però, che non si hanno più notizie in merito al futuro di questa faraonica opera, anche perché gli ultimi mesi sono stati interessati dal rinnovo delle giunte regionali, rimandando ai prossimi mesi la decisione da prendere.

    L’AIPO sarà quindi il soggetto della governance che potrà garantire equilibrio nella scelta, inducendo le Regioni a trovare un accordo comune e tentando di coinvolgere anche gli enti locali di livello inferiore nel processo decisionale.



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