I gonzaga del po


PUNTI DI DEBOLEZZA E PUNTI DI FORZA



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1.3. PUNTI DI DEBOLEZZA E PUNTI DI FORZA:

TRA LIMITI ISTITUZIONALI, CARENZE INFRASTRUTTURALI, CRISI ECONOMICA DA RISOLVERE E RISORSE ED ECCELLENZE DA FAR INCONTRARE
Per un territorio come quello de “I Gonzaga del Po” la frammentazione amministrativa rappresenta di certo il più grande problema.

Siamo di fronte a due regioni diversissime17, entrambe avanzate e all’avanguardia, ma che rappresentano due paradigmi diversi di sviluppo in un certo senso esemplari.

Dalla sanità al welfare, dalle politiche di sostegno alle imprese a quelle infrastrutturali sino ad arrivare alla pianificazione del territorio, Emilia Romagna e Lombardia hanno profili, a volte, nettamente contrapposti e difficili da conciliare.

Proliferazione di capannoni commerciali vuoti e invenduti nel suzzarese e nel viadanese, progettazione di infrastrutture in competizione tra loro (autostrada Mantova-Mare vs Reggiolo-Ferrara) e la già citata questione della bacinizzazione del Po, sono solo alcuni esempi della diversità di vedute nell’ambito di cui tratta il progetto “I Gonzaga del Po”.

Una frammentazione del territorio amplificata dalle politiche provinciali e da quelle dei singoli Comuni.

Ad oggi non ci sono progetti che coinvolgano le tre province insieme.

L’idea de “I Gonzaga del Po”, quindi, trova una sponda istituzionale debole, che non risponde in modo unitario a problematiche, di fatto, identiche su tutto il territorio considerato.

Inoltre le rispettive province di appartenenza non considerano a sufficienza le specificità delle aree delle Bassa, come si può ben evincere dai singoli PTCP, sempre centrati e tagliati su misura al Comune capoluogo e che sono costretti a tenere insieme in un unico quadro realtà diverse tra loro e molteplici.

Non è di certo questa la giusta scala di pianificazione, che dovrebbe esser invece realizzata su misura a un territorio omogeneo e coerente anche se infra provinciale e infra regionale.

Anche le forme d’intercomunalità citate non paiono riuscire ancora ad esprimere tutto il potenziale di cui dispongono.

Le consulte d’area lombarde hanno peso relativo, mentre l’Unione dei Comuni della Bassa Reggiana non è sufficiente per uno slancio strategico forte, avendo come propria competenza prioritariamente servizi, dai rifiuti alla polizia municipale, ma non politiche di programmazione territoriale sovra locale.

“I Gonzaga del Po” può essere considerato come un contributo utile alla teorizzazione di nuove strutture di governance utili a dare una voce più unitaria a questo territorio caratterizzato.


L’assenza di una specifica governance finalizzata al ripensamento di tutte le questioni qui sollevate, e la conseguente debolezza istituzionale, ha ripercussioni più ampie su tutto il sistema, soprattutto per quel che concerne le scelte infrastrutturali.

Questo è dimostrato ad esempio dal fatto che l’area delimitata dal progetto è sì baricentrica rispetto a grandi assi di comunicazione e alle grandi reti commerciali, ma è ad oggi ancora mal connessa a queste e mal servita dalla viabilità su ferro e su gomma.

L’A22 del Brennero, che passa all’altezza di Reggiolo e Pegognaga, è l’unica grande arteria che penetra nel territorio in questione, mentre l’A1 Milano-Napoli dista solo una ventina di km ed è accessibile nei caselli di Reggio Emilia, Campegine e Parma.

Per il resto, l’asseto stradale si basa ancora sulla rete di statali storiche:

la SS 62, che unisce Parma e Mantova passando per Brescello, Boretto, Gualtieri, Guastalla, Luzzara, Suzzara, Motteggiana e Borgoforte;

la SS 420, che collega sempre Parma e Mantova ma attraversando Casalmaggiore, Sabbioneta, Commessaggio e Gazzuolo;

la SS 343 Asolana, che collega Parma a Montichiari toccando Casalmaggiore, San Giovanni in Croce e Piadena;

la SS 10 Padana Inferiore, che sull’asse Mantova – Cremona tange Drizzona, Piadena, Calvatone, Bozzolo e Marcaria;

la SS 63 che collega Gualtieri a Reggio in direzione Aulla;

la SS 496 Virgiliana che si snoda tra San Benedetto Po e Ferrara.

Le statali passano tutt’ora tra argini, centri e carreggiate inadeguate ai moderni flussi di traffico: qualche lavoro di ammodernamento è stato fatto, come la realizzazione della variante della SS 62, la quale avrebbe dovuto far parte di un sistema di superstrada cispadano completato solo a spezzoni e per il quale s’è dovuto attendere decenni.

Anche le strade provinciali che connettono i comuni reggiani ai caselli dell’A1 sono state recentemente modificate, ma di certo il quadro non è ancora soddisfacente.

Il progetto, già finanziato dalla regione Emilia Romagna, dell’autostrada Reggiolo – Ferrara, la TiBre, che dovrebbe connettere la A15 Parma – La Spezia con la A22 Modena – Brennero e attraversare così tutto il territorio in maniera significativa, connetterebbero sicuramente meglio il territorio de “I Gonzaga del Po” al resto del nord Italia.

Diverso il caso dell’autostrada Cremona – Mantova, più discussa e della cui utilità ci si sta ancora interrogando.


La situazione ferroviaria non è di certo migliore, anzi, per molti punti di vista la si può definire disastrosa.

Linee come la Parma-Suzzara, la Reggio-Guastalla, la Parma – Brescia non sono ancora state elettrificate e, soprattutto le prime due, hanno ancora un materiale rotabile vetusto e anacronistico.

Leggermente migliore la situazione della Suzzara-Ferrara, della Modena-Verona e della Milano-Mantova, ma non si può di certo dire che queste siano linee moderne e all’avanguardia.

La costruzione della TAV ha provocato forti disagi alla linee verso i capoluoghi emiliani e ancora oggi non s’è arrivati alla completa attuazione del progetto.

La realizzazione di una metropolitana di superficie tra Parma e Suzzara e tra Reggio Emilia e Guastalla, connettendo così le linee storiche a quella ad alta velocità è un progetto di cui si parla da anni ma del quale poco s’è visto: soprattutto nel caso della Guastalla – Reggio, sarebbe prevista la connessione alla futura stazione Mediopadana, integrando così i vari sistemi e connettendo anche la Bassa reggiana alla grande occasione costituita dalla TAV.

Grande discussione anche sul futuro delle linee commerciali: da molto tempo ormai si parla di un raddoppio dei binari o della costruzione di linee ad hoc, ma tutto rimane solo nelle pagine dei giornali e nei documenti di Fer e FS.

Al momento manca un’integrazione dell’offerta trasportistica e un’effettiva valorizzazione dei nodi infrastrutturali esistenti, come Piadena, Suzzara, Reggiolo e Pegognaga.

Legare la viabilità su gomma, quella su ferro e quella via acqua deve diventare una priorità se si vuole ancora competere a livello sopranazionale.

D’altro canto bisognerà sfruttare maggiormente anche i vicini aeroporti di Parma e Verona, migliorando le connessioni con essi.

Le imprese, dalla loro, devono però sostenere le scelte infrastrutturali e cercare di avere una voce unica nel chiedere un’offerta adeguata.

Come s’è dimostrato con la realizzazione del porto commerciale di Boretto, le promesse di molte imprese di utilizzarlo come scalo commerciale sono risultate vane, facendo sì che un investimento cospicuo sia tutt’ora stato inutile.

Inoltre, la recente crisi economica sta mettendo in ginocchio parecchie aziende locali, soprattutto quelle meccaniche, le quali da oltre un anno hanno operai in cassa integrazione o diminuiscono i giorni di produzione.

La situazione attuale ha fatto emergere l’immobilismo degli ultimi tempi, in cui s’è smesso di investire in ricerca e innovazione, preferendo operazioni immobiliari o finanziarie.

È vero che la tenuta del sistema produttivo implica anche una tenuta del sistema di coesione sociale, ma questo sarebbe da evocare non solo in situazioni di emergenza, mentre in momenti più felici era stato un po’ dimenticato.

Sono però le realtà artigianali con pochi o pochissimi addetti a risentire maggiormente della crisi, dal momento che molte sono già fallite e altre sono sulla via dell’estinzione.

Così come per il mondo istituzionale, anche quello economico deve riorganizzarsi e cercare di porsi in maniera unitaria, cosicché si possano pensare in maniera più integrata una serie di riforme strutturali per l’intero territorio, confrontandosi su di esse con le autorità politiche.


Infine, un importante punto di debolezza del territorio sta nel sistema turistico.

La potenzialità dell’area è indiscussa grazie al notevole patrimonio monumentale, culturale, enogastronomico e ambientale di cui dispone.

Di certo non si può immaginare di portare grandi masse, ma “I Gonzaga del Po” ben si adattano a un turismo lento, in cui poter stanziare 2-3 giorni, magari collegato a tour più ampi legati alle grandi città d’arte limitrofe come Mantova, Verona e Parma o a un percorso fluviale che faccia conoscere le terre tra Cremona e Venezia.

Negli ultimi due decenni parecchio fu fatto in questo senso, creando la rete degli itinerari gonzagheschi o coordinando a livello provinciale iniziative che coinvolgessero più comuni, soprattutto sul filone della gastronomia e dei prodotti locali.

Attualmente sembra che questa stagione stia finendo e, invece di investire con maggior slancio su politiche turistiche reticolari, si preferisce andare avanti ognuno per proprio conto.

A prescindere dai limiti appena sopra elencati, “I Gonzaga del Po” rappresentano un territorio all’avanguardia e di punta nel panorama italiano: per i numeri del sistema produttivo, per le strutture socio sanitarie e soprattutto per il benessere e una qualità della vita diffusa.

Tanti sono i preziosi beni da non dissipare, conservare gelosamente e sui quali fare perno per lo sviluppo futuro.
In primis abbiamo un patrimonio culturale, artistico e monumentale di primo piano, costituito dalla fitta costellazione di città d’ispirazione rinascimentale, che emergono con pregevoli architetture, palazzi, chiese e straordinarie piazze.

Non solo Sabbioneta, patrimonio dell’Unesco, ma anche Guastalla, Bozzolo, San Benedetto Po, Novellara, tutti centri in cui i signori di Mantova hanno lasciato importanti tracce del loro passato, o Gualtieri o Casalmaggiore, città che gravitavano sotto altre sfere ma altrettanto interessanti.

È numerosa la presenza di musei, fondazioni e archivi locali, veri scrigni d’arte e di documenti, ma che raramente sono messi in rete e che, piuttosto, si sentono in competizione tra loro.

Ma la cultura non si ferma nel XVII secolo in queste zone.

Più recentemente, intellettuali come Zavattini, grandi artisti come Ligabue, o figure dense di spiritualità e coscienza civile come Don Primo Mazzolari, sono state epicentro di un movimento molto più ampio.

Sono queste le terre di Don Camillo e Peppone raccontate da Giovannino Guareschi, in cui la dialettica politica arriva a sintesi nei momenti di bisogno e necessità collettiva.

La sedimentazione di un certo modo di pensare e di agire trova in quei riferimenti le proprie radici: chi invoca le tradizioni dovrebbe pensare a questi rimandi, non a strumentali invocazioni del ritorno del dialetto.

Altro capitale da non disperdere è quello ambientale, sia legato al sistema fluviale sia quello legato al sistema agricolo.

S’è già detto lungamente delle oasi naturali nelle aree golenali, dei progetti di recupero di vegetazione e fauna autoctona, oltre che del recupero dei lidi e la loro connessione attraverso una sempre più estesa rete di percorsi ciclabili.

Il Po negli ultimi anni è diventato un nuovo elemento centrale nel territorio, punto di ritrovo delle varie generazione, luogo del loisir e dello sport, grazie anche a un sempre più diffuso numero di attracchi e moli per le imbarcazioni.

Sugli affluenti s’è invece cercato di tutelare maggiormente la vegetazione attraverso l’istituzione di riserve o di parchi, come quello dell’Oglio meridionale.

Anche la campagna rappresenta un valore da salvaguardare, cercando di difendere il territorio dal consumo di suolo e preservando i relitti di un sistema passato, come le varie piantate, le siepi di delimitazione, laddove ci sono.

Legato a questo aspetto v’è la valorizzazione delle aristocrazie agroalimentari.

Il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano, due grandi formaggi riconosciuti su scala mondiale, la linea del Lambrusco, vino generoso e frizzante come le terre che lo producono, i grandi salumi, la produzione di meloni e cocomeri, tutti prodotti d’eccellenza e richiestissimi dal mercato.

A questo si aggiunge la grande cucina locale, ricca e opulenta, che trova le sue forme più alte nelle paste ripiene.

C’è un filo che connette tutti questi aspetti e non è un’eresia accostare i Gonzaga al Vino o le abbazie al Parmigiano, in un territorio che deve fare cortocircuitare tutti questi aspetti dentro un unico frame.

Infine non bisogna dimenticare il mondo delle imprese, vero motore produttivo e cuore pulsante di quest’area, radicate fortemente al loro territorio ma allo stesso tempo capaci di agire in reti sempre più ampie.
Ognuna delle realtà sopraelencate presuppone diversi attori significativi, che spesso non si parlano e fanno fatica a dialogare.

Rappresentanti delle imprese e del mondo della finanza locale, amministratori pubblici, consorzi per la promozione dei prodotti locali, gli enti delegati al controllo delle vie d’acqua e al turismo, sono tutti possibili protagonisti di una nuova stagione per “I Gonzaga del Po”.

Iniziare a pensare a qualche filone progettuale da rincorrere e sviluppare, cercando di risolvere problemi e sfruttando le risorse che fin qui sono emerse, combinandoli tra loro.

Costruire, per esempio, un frame entro il quale far cortocircuitare il potenziale turistico e le eccellenze enogastronomiche, creando un marchio territoriale ben riconoscibile sui mercati e attraverso cui portare all’estero anche imprese locali.

Saper investire in sviluppo e innovazione, relazionando le realtà produttive ai centri di ricerca universitari e agli istituti tecnici, in modo da mantenere competitività sui mercati mondiali.

Lanciare un piano di riassetto logistico della viabilità e dei trasposti, sfruttando fin dove è possibile il Po come infrastruttura, ristrutturando le linee ferroviarie e stradali al fine di creare sistemi di intermobilità.

Sono tutti progetti da approfondire e da sviscerare meglio, ma è attorno a questioni concrete che si possono creare sistemi di governance nuovi, senza costruire geometrie virtuali tra istituzioni e rappresentanti del terzo settore.

È attraverso coordinamenti volti a realizzare programmi e azioni per lo sviluppo del territorio che si può creare per la prima volta un dialogo e una conoscenza tra parti oggi troppo distanti tra loro.

Solo a posteriori, quindi, si potranno istituzionalizzare rapporti e relazioni tra le parti e, anche con un pizzico di presunzione pedagogica, sperare che un sentimento di agire comune venga appreso e diventi un credo concreto per chi decide e governa ne “I Gonzaga del Po”.

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Figura 12 – Piazza Finzi, Rivarolo Mantovano (MN)

NOTE RELATIVE AL CAPITOLO 1

1 I comuni coinvolti nel progetto sono quelli che emergono dagli statuti delle seguenti forme di intercomunalità: Consulta d’Area Interproviciale Viadanese - Casalasca, Consulta d’Area destra Po – sinistra Secchia e Unione dei Comuni Bassa Reggiana.

Fa eccezione il Comune di Borgoforte, che non è inserito in nessuna di queste associazioni ma rientra nel progetto “I Gonzaga del Po” per contiguità geografica e storica.


2 La parte storica relativa all’epoca pre romana e romana fa riferimento all’opera di Daniele Daolio Antiche terre del fiume Po, Reggiolo, E Lui, 2006.
3 La parte storica relativa al periodo medioevale e al dominio canossiano fa riferimento al libro di Paolo Golinelli Matilde e i Canossa, Milano, Mursia, 2007
4 Sui movimenti del fiume Po nei secoli ben viene detto da Gabriella Pederzani, “Il Po a Guastalla. Evoluzione di un territorio tra XVI e XIX sec.” in Il tempo dei Gonzaga, Cesena, Wafra editrice, 1985.
5 La sintesi della storia dei Gonzaga fa riferimento a un lavoro a cura di Gianfranco Ferlisi I Gonzaga al tempo di Ferrante, Mantova, Publi Paolini, 2007 realizzata per il quinto centenario dalla nascita di Ferrante Gonzaga.
6 Cit. SinopsisLab I Gonzaga del Po – Un territorio interprovinciale caratterizzato Mantova, Cremona, Reggio Emilia, Parma, Edicta edizioni, 2008, pag.37.
7 L’analisi degli impianti urbani è stata affrontata in maniera più approfondita e compiuta da Stefano Storchi in Guastalla città dei Gonzaga e dei Borbone, Guastalla, Graphic Ars, 1982, in “Struttura e immagine urbana all’epoca dei primi Gonzaga” in Il tempo dei Gonzaga, Cesena,Wafra editrice, 1985 e “La storia attraverso i luoghi” in Le città dei signori, Bologna, Annalisi by Annalisi, 1989, opera in cui vi è anche il prezioso saggio di Marzio Dall’Acqua “Le città dei Signori”
8 La vera e propria rivoluzione agricola che interessò questa zona tanto quanto il cremonese e il lodigiano è ben descritta da Piero Bevilacqua nel saggio “Le rivoluzioni dell’acqua. Irrigazione e trasformazioni dell’agricoltura tra sette e novecento”, in Storia dell’agricoltura italiana in età contemporanea, volume 1 Spazi e Paesaggi, Venezia, Marsilio, 1989, in cui si dilunga anche sulle opere di irrigazione e di sistemazione idrica.

9 Lo sviluppo e le tendenze di crescita del territorio medio padano tra XIX secolo e primo dopo guerra sono delineate dall’opera del Comitato per la valorizzazione turistica delle aree Padane dell’Emilia Romagna Padania Cultura e Territorio, Reggio Emilia, Tecnograf, 1979, mentre per gli ultimi decenni le informazioni sono prese dall’opera di Gianluigi Basini, Giampiero Lugli e Luciano Segreto Produrre per il mondo. L’industria reggiana dalla crisi petrolifera alla globalizzazione, Bari, Laterza, 2005, dove si fa riferimento anche alle dinamiche dei contesti confinanti alla provincia di Reggio Emilia.

10 Ci si discosta dalla visione di un grande geografo come Eugenio Turri che in uno dei suoi ultimi lavori La megalopoli Padana, Venezia, Marsilio, 2000, descrive la val Padana come due grandi città lineari lungo l’A4 e l’A1 in mezzo alle quali starebbe un cuscinetto verde a cavallo del Po in cui non si esprime alcun valore economico e industriale degno di nota.
11 Si fa riferimento al Rapporto di Ricerca “L’Italia dei Territori” del Censis relativo all’omonimo convegno tenutosi a Mantova nel febbraio 2009 realizzato in collaborazione con Fondazione Monte Paschi e Sinopsis Lab.
12 Per approfondire il tema della Botte Bentivoglio e della sistemazione idraulica della Bassa Reggiana in età moderna si rimanda ad Anna Marmiroli “L’intervento sulle acque e la bonifica” in Il tempo dei Gonzaga, Cesena, Wafra editrice, 1985 e a un’opera del Consorzio delle Bonifiche Reggiane Bentivoglio, Storia e attualità del consorzio delle bonificazioni Reggiane-Bentivoglio, Reggio Emilia, Tecnograf, 1987.

13 La grande opera di bonifica compiuta nei primi decenni del ‘900 è descritta da Bruna Bianchi in “La nuova pianura. Il paesaggio delle bonifiche in area padana”, in Storia dell’agricoltura italiana in età contemporanea, volume 1 Spazi e Paesaggi, Venezia, Marsilio, 1989.

14 Per una descrizione puntuale dell’ambiente golenale del fiume Po si rimanda a un’opera datata ma ancora attuale di Sergio Frugis Guida naturalistica al Po dal Trebbia al Delta, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1985.
15 La sistemazione di attracchi e lidi fluviali è ben visibile fisicamente, realizzazione di opere previste da tutti i PRG o PSC dei Comuni rivieraschi.
16 Ancora aperto è il dibattito sul progetto di bacinizzazione del Po, con pareri contrastanti e diversi. Per vedere il progetto si rimanda all’Attività e studi propedeutici relativi alla regimazione del Po nel tratto tra Cremona e Foce Mincio – Ipotesi, Analisi e verifiche preliminari, redatto dall’AIPO e da Regione Lombardia nel giugno 2009.

Le osservazioni principali a questo progetto si trovano invece nel documento congiunto WWF – Legambiente La Bacinizzazione del Po. Osservazioni, 2010.


17 Le politiche differenti tra Emilia Romagna e Lombardia emergono bene nei rispettivi PTR e nei PTCP delle tre Province. Questo aspetto verrà poi approfondito nel capitolo successivo, con un’analisi più compiuta delle politiche in atto.

CAPITOLO 2. I NODI DEL PROGETTO

In questo secondo capitolo si vogliono analizzare le politiche oggi in atto nei differenti contesti provinciali e regionali nel territorio definito ne “I Gonzaga del Po” cercando di capire ed evidenziare eventuali discrepanze e sinergie in atto tra enti diversi che hanno responsabilità di gestione del territorio, oltre a far emergere l’eventuale domanda di policy che si evidenzia dall’analisi e dall’interlocuzione con i testimoni privilegiati selezionati.

Si andranno ad approfondire, quindi, le scelte fatte in merito ai temi salienti che insistono sul territorio rispetto ai sistemi ambientale e naturale, insediativo e produttivo, infrastrutturale, fluviale e sistema turistico.

Per evidenziare i nodi strategici sono stati utilizzati due diversi strumenti:



  • studio, analisi e sintesi dei “Piani territoriali”;

  • interviste ad attori privilegiati che operano sul territorio con sguardi e ottiche diverse.

La maggior parte delle fonti da cui sono tratte le informazioni deriva dai PTCP (Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale) delle tre provincie coinvolte, poiché ritenuti lo strumento di pianificazione alla scala più idonea, considerando i PTR (Piani Territoriali Regionali) troppo generalisti e i piani a dimensione comunale troppo limitanti.

Il PTCP della provincia di Cremona è stato approvato nell’aprile del 2009, quello della provincia di Mantova nel febbraio 2010, entrambi in adeguamento alla nuova legge regionale 12/2005, mentre il piano della provincia di Reggio Emilia è stato approvato nel marzo 2009.

Ovviamente, ci sono dimensioni e scelte in cui il livello d’interesse è sovra regionale, se non nazionale, e per queste è stato necessario andare ad analizzare anche gli accordi tra le Regioni o tra le Regioni e lo Stato.

Vi sono inoltre azioni e fondi destinati a precisi progetti che rientrano nei sistemi considerati, di emanazione regionale o di enti pubblici di secondo livello:

Alla luce delle analisi svolte si proverà a verificare il grado di realizzazione delle politiche e/o delle azioni previste, cercando di capire se ci si trovi di fronte a successi o fallimenti.


Per sviluppare la seconda parte relativa alla domanda e al bisogno di policy si è invece deciso di sentire la voce di alcuni fra i più significativi stakeholders operanti sul territorio de “I Gonzaga del Po”, cercando di offrire un quadro più diversificato possibile, capace di esprimere tutti gli interessi in gioco e di avere un parere sia istituzionale che del mondo imprenditoriale.

Sono quindi state svolte una decina di interviste tra i mesi di Marzo e Maggio 2010 alle seguenti persone:



  • Giuseppe Alai, Presidente della Banca Reggiana di Credito Cooperativo e Presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano;

  • Luca Rossi, Vicedirettore generale di Confindustria Emilia Romagna;

  • Silvano Melegari, Amministratore delegato di Arix Spa e Presidente del Consorzio “Progress and Competition” nell’area viadanese;

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