Niccolo Ammaniti Che la festa cominci



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Niccolò Ammaniti - Che la festa cominci1

 
6. 
 
Quei due sono il re e la regina, si disse Saverio, che si trovava dall’altra parte della 
grande cripta. 
Il ciccione lo aveva depositato li, in mezzo agli altri invitati. Accanto aveva due 
signore di una certa età vestite da cavallerizze. Stavano in silenzio e scuotevano la testa 
in sincrono, come i pupazzi dietro i lunotti delle macchine. In un angolo c’era Larita, 
accucciata a terra, e non sembrava che stesse tanto bene. Continuava a pulirsi 
ossessivamente la faccia e il collo come se fossero ricoperti di insetti. 
Saverio si sentiva stranamente tranquillo. Gli era calata addosso una terribile 
stanchezza. Aver raccattato da terra il cadavere carbonizzato di Zombie lo aveva reso 
insensibile. Come un Buddha sedeva immobile, il volto disteso, accanto alle facce 
contratte dalla paura, stravolte dalle lacrime, degli altri invitati. 
Forse questo è lo spirito del samurai di cui parla Mishima. 
C’era una differenza sostanziale tra lui e quella gente. Al contrario di loro, lui alla vita 
non teneva più. E per certi versi si sentiva più simile a quei mostri, sbucati come un 
incubo dalle viscere della terra. Solo che quelli erano stati capaci di fare ciò che a lui e 
alle Belve non era riuscito. Portare il terrore alla festa. 
Un ciccione che impugnava una ruota di bicicletta come fosse uno scudo batté un 
bastone a terra e disse in una lingua sconosciuta: – 
Тише
2
!
Il vecchio re, seduto sul suo trono di plastica, osservò i prigionieri e poi con un filo di 
voce mormorò: – 
Вы
советские
33
?  
Saverio avrebbe voluto essere uno di loro, avrebbe sostenuto ogni sorta di iniziazione, 
si sarebbe fatto appendere con degli uncini nella carne per dimostrargli di essere un 
elemento valido, un guerriero. Un membro del popolo del buio. 
Gli invitati si guardavano, sperando che qualcuno conoscesse il curioso idioma. 
Un tipo frangettato con un occhio tumefatto e uno sbrego sulla fronte si alzò e chiese 
silenzio. – Amici, tranquilli, sono albanesi. Ce l’hanno con me. Vi farò liberare tutti. 
2
Fate silenzio! 
3
Siete sovietici? 
162


Qualcuno di voi che conosce l’albanese, mi può fare da traduttore? 
Nessuno gli rispose, poi Milo Serinov, il portiere della Roma, disse: – 
Я
русский
4
.
Il vecchio gli fece segno di sollevarsi in piedi. 
Il calciatore ubbidì e i due cominciarono a discutere nello stupore generale. Poi 
finalmente Serinov si rivolse ai rapiti. – Sono russi. 
– Che vogliono da noi? – Che gli abbiamo fatto di male? – Perché non ci liberano? – 
Gli hai detto chi siamo? – Tutti facevano domande, volevano sapere. 
Serinov, con il suo italiano zoppicante, spiegò che quelli erano atleti russi dissidenti 
scappati durante le Olimpiadi di Roma e che vivevano nelle catacombe per paura di 
essere uccisi dal regime sovietico. 
– E noi che c’entriamo?
Il calciatore sorrise divertito. – Pensavano… Ecco… Pensavano che fossimo 
comunisti. 
Una fragorosa e spontanea risata si sollevò tra gli invitati. – Ahahah. Noi? Ma non ci 
hanno visto? Noi li odiamo i comunisti, – fece Riccardo Forte, imprenditore emergente 
nel ramo dei laminati d’alluminio. – Gli hai spiegato che il comunismo è morto e 
defunto? Che i comunisti sono più rari dei… – Non gli veniva il paragone. 
– Dei paninari, – aggiunse Federica Santucci, la dj di Radio 109. 
– Certo che gliel’ho detto e gli ho raccontato che il regime sovietico non esiste più e 
che i russi ora sono molto più ricchi degli italiani. Gli ho detto che anche io sono russo e 
che faccio il calciatore e che faccio quello che mi pare visto che guadagno un botto di 
soldi. 
Tra gli invitati, improvvisamente, si respirava un’aria leggera e frizzantina. Tutti 
erano contenti e si davano delle pacche di solidarietà. 
Il vecchio re si rivolse di nuovo al calciatore, che tradusse: – Il vecchio qui ha detto 
che ci libererà se promettiamo di non dire niente della loro esistenza. Non sono preparati 
ad abbandonare le catacombe. 
– Ma figurati. E a chi dobbiamo dirlo? – fece uno. 
– Che problema c’è? Io me lo sono già dimenticato, –disse un altro. 
Una ragazza dai lunghi capelli rossi si guardava intorno. – Che fenomeno singolare! 
Non li vedo neanche più. 
Si sollevò in piedi Michele Morin, il regista della serie Tv La dottoressa Cri. – 
Ragazzi. Per favore! Sul serio! Un attimo di attenzione. Facciamo giurin giurello? Cosi 
li facciamo stare tranquilli. Se lo meritano. 
– Certo qualche foto però potremmo fargliela. Sono cosi folcloristici. Io lavoro per 
«Vanity Fair». 
– Comunque, mi sono divertito un casino. Non vedo l’ora di raccontarlo a Filippo… 
Tutti si erano messi in piedi e si aggiravano nella cripta, guardando interessati il 
popolo sotterraneo. Finalmente cominciavano a divertirsi. Altro che le cacce organizzate 
4
Io sono russo. 
163


da Chiatti. Questa era la vera sorpresa. 
– Adorabili ciccioni. 
– Guardate i bambini. Che teneri.

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