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7.
Dopo mille dubbi su come sarebbe stata più efficace la sua entrata, Fabrizio Ciba
decise di fare il suo ingresso insieme a Simona Somaini.
Al centro del giardino all’italiana si allargava un piazzale circolare con una grande
fontana esagonale di pietra. Sulla superficie dell’acqua galleggiavano petali di rosa. Ai
lati erano disposti dei carretti siciliani su cui era poggiato ogni ben di Dio. Sculture di
ghiaccio raffiguranti angeli e fauni si scioglievano sotto il tiepido sole di una giornata
primaverile romana. In un angolo erano sistemati i tavoli apparecchiati. Tra gli invitati si
muovevano pavoni, fagiani e tacchini addomesticati. Un gruppo di musicisti sui trampoli
suonava arie barocche.
Erano arrivati già un sacco di ospiti. Gente dello spettacolo, politici e tutta la squadra
della Roma di cui Chiatti era un gran tifoso.
Fabrizio, a braccetto di Simona, si fece largo tra la folla. Si sentiva osservato e
invidiato. Ripropose l’atteggiamento usato alla presentazione a Villa Malaparte.
Confuso e annoiato, costretto per ragioni inesplicabili a mischiarsi tra quella gente così
diversa da lui. Vide il carretto con i superalcolici. – Vuoi qualcosa, Simona?
L’attrice guardò con orrore le bottiglie di alcol. – Un bel bicchiere d’acqua naturale.
Fabrizio si fece uno dopo l’altro un paio di scotch. L’alcol lo rilassò. Si accese una
sigaretta e si mise a osservare gli invitati come fossero dentro un acquario. Tutti si
guardavano, si riconoscevano, si criticavano, si salutavano con un leggero cenno del
capo e si sorridevano soddisfatti sapendo di essere parte di una comunità di Padreterni.
Fabrizio non riuscì a capire se il fatto che li non ci fosse un pubblico ad applaudire li
innervosiva o li rendeva felici.
Poi si accorse che in disparte, seduto a un tavolino, tutto solo, c’era un vecchio.
No! Non è possibile! Anche lui…
Umberto Cruciani, il grande scrittore della Muraglia occidentale e di Pane e chiodi, i
capolavori della letteratura italiana degli anni Settanta.
– Ma quello…? – Stava per chiedere conferma a Simona, ma lasciò perdere.
Che ci faceva lì Cruciani? Viveva recluso in una fattoria nell’Oltrepò pavese da
vent’anni.
Il maestro guardava lontano verso le colline, lo sguardo corrucciato sotto le
sopracciglia folte. Sembrava che non fosse nemmeno li, come se una bolla di solitudine
lo dividesse dal tutto il resto.
– Che ti pare ’sta festa? A me pare esagerata. Chiatti ha già vinto.
Fabrizio si girò.
Bocchi stringeva un bicchierone di Mojito. Era già tutto sudato, paonazzo in volto, gli
occhi eccitati.
– Sì, bella, – tagliò corto lo scrittore.
– Alla fine ci stanno tutti. Sai quanti dicevano che non sarebbero venuti nemmeno
pagati, che era una burinata. Non ne manca uno.
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Fabrizio gli indicò il vecchio scrittore. – C’è pure Umberto Cruciani.
– E chi cazzo è?
– Come chi cazzo è? È un maestro. Al pari di Moravia, Calvino, Taburni. Ma ti rendi
conto che i suoi libri a quarant’anni di distanza sono ancora in classifica? Magari ha
fossa dei leoni vendesse la metà di Pane e chiodi. Starei tranquillo, potrei pure smettere
di scrivere…
– Ma lui ha smesso di scrivere?
– È dal ’ 76 che non pubblica più. Però mi ha detto la mia agente che sta lavorando da
vent’anni su un romanzo che vuole pubblicare postumo.
– Non mi pare che gli manca tanto.
– Cruciani fa parte di una generazione di artisti che non esiste più. Gente seria, legata
alla sua terra d’origine, alla vita contadina, al ritmo dei campi. Guarda com’è
concentrato, sembra quasi che si stia sforzando di trovare la fine del suo libro.
Il chirurgo diede una succhiata dalla cannuccia. – Sta cagando.
– Come?
– Non sta pensando. Sta cagando. La vedi quella borsa di Vuitton accanto ai piedi? È
la sacca di contenimento delle feci.
Fabrizio ci rimase male. – Poveretto. Ed è pure un tipo strano. Pensa che nessuno ha
mai letto una virgola del nuovo romanzo. Nemmeno i suoi editori.
Bocchi si mise la mano davanti alla bocca per tappare un rutto. – Dopo la morte si
scoprirà che non ha scritto un cazzo, ci scommetto qualsiasi cosa.
– Ha scritto… Ha scritto… Lascialo stare. Tutto quello che scrive lo scarica su una
chiavetta USB e cancella tutto. È paranoico, ha paura di perderselo. Lo vedi quel
medaglione d’oro che ha al collo? È una chiavetta USB da 40 gb di Bulgari, non la
molla mai.
Simona intanto aveva rimediato un piatto con un’unica, solitaria ovolina. – Non
sapete quanta roba buona c’è da mangiare. C’è un carretto su cui friggono carciofi,
mozzarelline e fiori di zucca. Madonna mia quanto mi piacciono i frittini. Me li
mangerei tutti. Peccato che non posso…
Bocchi prese un cubetto di ghiaccio dal drink e se lo passò sul collo come fosse
agosto. – Perché?
– Mi chiedi perché! Ho preso tre etti. Non lo vedi che sono obesa – . L’attrice mostrò
lo stomaco piatto e senza un filo di grasso al chirurgo. – Mi puoi prenotare una lipo?
– E che problema c’è, Simo’. Ma secondo me le uniche cellule grasse che hai ancora
in corpo stanno là – . Indicò il cranio. E poi serio: – Posso prenotarti una liposuzione al
cervello.
L’attrice fece una risatina svogliata. – Sei il solito cafone.
Il chirurgo si alzò e si stiracchiò. – Vabbe’ io vado a fare un giro, ci si becca dopo.
Fabrizio cinse con il braccio la vitina di Simona. – Ci facciamo un giretto anche noi?
Che dici?
Lei gli poggiò la testa sulla spalla. – Va bene.
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Si mossero facendosi portare dalla corrente degli ospiti. Fabrizio sentiva un buon
odore di shampoo nei capelli dell’attrice e l’alcol gli rendeva i pensieri leggeri e l’umore
positivo. Venivano continuamente fermati da gente che li salutava e gli faceva un sacco
di complimenti. Nessuno poteva esimersi dal dire che erano una coppia splendida.
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