12.
Un pianista accennò il tema del film La mia Africa. Sasà Chiatti, al centro del palco,
chiese al pubblico un attimo di silenzio. – Per favore vorrei un applausone per Corman
Sullivan…
Due modelle nere salirono sul palco portando a braccetto il vecchio cacciatore.
Silvietta poggiò il vassoio con le tartine al salmone e cominciò ad applaudire insieme
agli ospiti.
Forse è il Dalai Lama.
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La vestale delle Belve era emozionata. Non avrebbe mai immaginato in vita sua di
poter partecipare a un party così esclusivo. Era sicura che neanche a Hollywood
arrivassero a tanto. Bastava buttare un occhio e subito ti appariva un vip. Non che lei
amasse particolarmente i vip, ma a vederli così da vicino un po’ di impressione ti
facevano. E poi aveva appena sentito Fabrizio Ciba recitare una poesia d’amore così
dolce che si era commossa… Doveva essere una persona eccezionale. Cosi timido e
introverso. Forse poteva chiedergli un autografo. Una sua poesia ci sarebbe stata
benissimo sul biglietto di partecipazione al matrimonio. Poteva provare a chiedergliela.
Sembrava uno che nonostante il successo non si era montato la testa.
Silvietta si disse che da quella festa poteva trarre degli spunti originali per il pranzo
del suo matrimonio. Quelle sculture di ghiaccio, ad esempio, non dovevano essere
difficili da fare. E pure i pavoni e i tacchini che si aggirano tra gli invitati era una bella
idea. E i carretti con il cibo sopra. Ma la cosa che le dava alla testa era quella vecchia
Apecar che offriva i gelati e le grattachecche.
Non ci basteranno mai i solai che abbiamo, per tutte queste cose.
Murder aveva chiesto un mutuo alla banca per il matrimonio. Ventimila euro che
bastavano appena ad affittare il Vecchio cantinone di Vetralla, a pagare il catering e gli
addobbi floreali per la chiesa.
Sarà una cosa più semplice, ma verrà bene lo stesso.
Vide Zombie che si aggirava come uno spettro tra gli invitati, con un piatto di
tramezzini in mano. Non ci provava neanche a fare il cameriere.
Peccato che sarà morto quando ci sposiamo. Il fatto che non fosse presente al
matrimonio la faceva stare troppo male. Era il suo migliore amico, il suo biscottino, e
aveva sperato che le facesse da testimone. Lo osservò. Era ridotto uno schifo. Come se
gli fosse passato sopra un tram. Forse anche lui non aveva voglia di suicidarsi. Se era
così doveva parlarci.
Mollò il vassoio di tartine e corse da Zombie, che si era seduto a un tavolo e beveva
un bicchiere di prosecco.
– Biscottino, che succede?
Lui la guardò assente.
Silvietta gli si inginocchiò di fronte e gli afferrò la mano. – Ohi, che hai? Sei strano.
Lui si liberò: – Vi ho sentiti.
Lo stomaco le si strinse e balbettò: – Cosa? Di che parli?
– Vi ho sentiti. Vi sposate. Non mi hai detto nulla.
– Te lo volevo dire, ma mi… – Silvietta non riuscì ad andare avanti. Abbassò la testa.
– Bene. E da quanto tempo state facendo i preparativi? Che aspettavate a dircelo? Ci
hai messo nella lista degli invitati? Cancellaci perché non ci saremo.
– Senti, ma perché non molliamo tutti quanti?
Zombie si prese un altro calice di vino. – Mollare? Sei fuori di testa? Forse voi due
pensate che questo è un gioco, che siamo venuti a una festa, a giocare ai satanisti. Ti
sbagli. Qui si va fino in fondo. Io non abbandonerò mai Mantos. Lui ha dato un senso
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alle nostre vite, ci ha mostrato quanto è ipocrita questa società di merda. Ci ha indicato
la Via del Male. Ci ha insegnato a indirizzare il nostro odio. Mantos ha lasciato moglie,
figli, mobilificio e ha deciso di immolarsi per farci diventare la setta numero uno in
Italia. E voi lo tradite così? – Si alzò in piedi e si finì in un sorso il prosecco. – Fai come
cazzo vuoi, ma sappi che il mio ultimo pensiero prima di morire sarà rivolto a voi due. I
più infami che ho mai incontrato in vita mia – . E se ne andò.
Silvietta si accasciò a terra e scoppiò a piangere.
13.
– Ma che è successo, me lo vuoi dire? – Fabrizio Ciba seguiva Cristina Lotto nella
folla e intanto si guardava intorno cercando Larita, ma in quel bordello era difficile
scovarla.
– Non parlarmi. Seguimi e basta. Mio marito potrebbe vederci, – gli disse la donna
parlando a testa bassa come se fosse pedinata. – Andiamo in casa.
S’intrufolarono tra i carretti del buffet ed entrarono nella villa.
Cristina si guardava intorno. Gli ospiti avevano invaso pure i salotti. – Dove sarà un
bagno?
Per un attimo lo scrittore pensò che quella era tutta una scusa per farsi una sveltina nel
cesso. Ma era troppo agitata. E poi Cristina, nonostante fosse una vecchia ninfomane,
era sempre stata molto attenta a pianificare con cura i loro incontri amorosi. Proprio per
questo Fabrizio aveva continuato a frequentarla. Non avrebbe mai combinato casini,
teneva tantissimo alla sua famiglia e se venivano scoperti ci rimetteva più di lui.
– Senti, non ne possiamo parlare domani? Adesso io avrei un po’ da fare.
– No – . Cristina aprì una porta. – Eccolo.
Il bagno era uno stanzone di una settantina di metri quadrati. Tutto ricoperto di doghe
di rovere e travoni di legno, neanche fosse uno chalet di Cortina. Anche qui era pieno di
invitati che ridevano e chiacchieravano con le loro facce paonazze e i cravattoni. Donne
di fronte agli specchi si rifacevano il trucco. Una fila si snodava tra le colonne per
entrare nei gabinetti dove sicuramente si stavano tirando qualsiasi cosa. Si respirava
un’atmosfera di eccitazione assolutamente inusuale per una festa romana.
Due tizi in smoking facevano conversazione urlando.
– Ho comprato un trullo in Piemonte.
– Non sapevo ci fossero i trulli in Piemonte.
– Sì. Sono originali. Te li smontano mattone per mattone in Puglia e te li rimontano
vicino Alessandria. C’è un vero e proprio comprensorio residenziale di trulli.
– E costano tanto?
– Posso dirti? No. Assolutamente.
Cristina avvicinò la bocca all’orecchio di Fabrizio. – Qui non va bene. Seguimi.
Trovarono una piccola stanza, arredata con semplicità. Poteva essere la camera di un
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domestico. Cristina chiuse la porta a chiave e sedette sul letto.
Fabrizio si accese una sigaretta. – Ora mi dici per favore che è successo?
Lei si tolse il cappello. – Samuel ci ha beccati,
– Chi cazzo è Samuel?
– Mio figlio. Ci ha beccati.
Fabrizio non capiva. – In che senso?
– Ci ha beccati… – Cristina prese aria come se facesse fatica a parlare. – … mentre
facevamo l’amore in cucina.
– Cazzo! – Anche Fabrizio si sedette sul letto.
E se il ragazzino lo raccontava a Gelati? Ci metteva una mano sul fuoco che quel
pezzente avrebbe messo tutto a tacere pur di non passare per cornuto. Per certi versi era
meglio così. Quella storia doveva finire. Non avrebbe neanche dovuto inventare una
palla per troncarla. E poi ora la sua mente funzionava come un missile teleguidato che
ha un solo obbiettivo da colpire: Larita e il loro trasferimento a Maiorca.
Fabrizio si mise le mani nei capelli cercando di apparire costernato. – Porca miseria…
Mi dispiace tanto… Poverino, si deve essere traumatizzato.
Cristina fece un sorrisino a labbra strette. – Traumatizzato? Quello? Vuole un sacco di
soldi se no la nostra scopata finisce su internet.
Forse Fabrizio non aveva capito bene. – Cosa hai detto?
– Ci ha ripreso con il telefonino.
– Ma scusa… Come cazzo si chiama… Tuo figlio non sta in collegio in Svizzera?
– Di solito sì. Solo che quel weekend era a Roma. Mi aveva detto che stava a casa di
un amico al mare. Deve essere rientrato in casa e…
– Ma tu l’hai visto ’sto video?
– Me l’ha mandato per email.
– Ma che si vede?
– Io e te. Ci si vede benissimo. Sembra un film porno. La fine poi è terribile, tu mi
scopi da dietro mentre io sto mantecando le pennette ai quattro formaggi.
– Pure quello ha ripreso?
– Sì.
Fabrizio si accorse che le ascelle erano bagnate e fredde e gli sembrò che non ci fosse
aria nella stanza. Apri la finestra e cominciò a respirare cercando di calmarsi. – Che
figura di merda – . Non bisognava farsi prendere dal panico. – Dài, è un bravo ragazzo,
non lo farebbe mai.
– Lo fa sicuro – . Cristina non aveva dubbi.
– Secondo me è solo arrabbiato perché lo trascuri. È la classica dimostrazione di un
adolescente che cerca l’attenzione materna.
Cristina fece no con la testa.
– Quanto vuole?
– Centomila euro.
Ciba spalancò gli occhi. – Non ho capito bene. Hai detto centomila euro? Ma è
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completamente fuori di testa?
– Ne vuole cinquanta da me e cinquanta da te. Dobbiamo fargli un bonifico sulla sua
banca Svizzera. Mi ha dato l’IBAN.
– Da me? E perché da me?
– Così impari a scoparti sua madre, ha detto. E ha aggiunto che ci sta facendo un
prezzo da amico. Se lo vende a un giornale si fa molto di più. Tu sei la prima star della
letteratura a essere beccata in un filmino porno. Samuel sostiene che potresti
tranquillamente rivaleggiare con Paris Hilton e Pamela Anderson.
– Ma è proprio un figlio di puttana?
Cristina sollevò le spalle. – Esattamente.
– Non possiamo contrattare? Farlo scendere un po’? Cinquanta in due. Che dici?
– Non credo proprio. È molto determinato, tale e quale suo padre. Sai, da grande
Samuel vuole fare il regista… Il video ha persino i titoli di testa con i nostri nomi e la
colonna sonora del Gladiatore.
Fabrizio cominciò a girare in tondo per la stanza.
– Questa cosa è tremenda. Tuo figlio è una vera merda. E poi chi ci assicura che non
si terrà una copia e continuerà a ricattarci?
– No! Questo non lo farebbe mai. Samuel è un bravo ragazzo. È onesto, mi fido della
sua parola.
– Onesto? È uno squalo travestito da ragazzino… Se esce su internet è una figura di
merda esagerata. Sono rovinato per sempre. E se lo facciamo picchiare da qualcuno?
– Ci avevo pensato. Il cognato del mio carrozziere per pochi spicci gli darebbe una
bella bussata. Solo che sono sicura che mi si incattivisce ancora di più. Ma non mi dire
che ne fai una questione di soldi. Non è da te. È così di cattivo gusto.
Ciba odiava passare per spilorcio. – No, no. È che buttare i soldi così… Ma dimmi
una cosa, io come mi comporto?
Cristina lo guardò senza capire. – In che senso?
– Dico… Ecco… – Non trovava le parole per esprimersi. – Ci faccio almeno una bella
figura? La pancia si vede? Ho fatto una buona prestazione?
– Non male…
– Almeno questo – . Fabrizio afferrò la maniglia della porta. – Mandami il numero per
il bonifico e speriamo bene. Che ti devo dire.
– E noi due?
– E noi due mi pare che possa bastare così – . Uscì e si chiuse la porta alle spalle.
14.
Mantos, con un vassoio di coppe di Champagne, si aggirava come un perfetto
cameriere tra gli invitati cercando Larita. Sembrava di stare alla premiazione dei
Telegatti. C’era mezza televisione, mezza serie A. Ma soprattutto c’era una densità di
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figa per metro quadrato che quasi stuccava.
Da piccolo a Mantos lo zucchero non piaceva. I gelati, i semifreddi, gli affogati al
caffè non facevano per lui. Preferiva il salato, anche per la prima colazione. E fra
pizzette, panini, toast, su tutti svettava il tramezzino. Gli piacevano tutti, anche se il
primo posto se lo contendevano quello al pollo e quello ai gamberetti e rucola. Al Bar
Do'stlaringiz bilan baham: |