– Quella delle figure di merda. Da quanto ci conosciamo?
– Da troppo tempo.
Bocchi non si offese. – Dal liceo non sei cambiato di una virgola. Sempre
ossessionato da ’ste figure di merda. Come se ci fosse qualcuno che sta sempre a
giudicarti. Te lo devo spiegare io? Tu fai lo scrittore e a certe cose dovresti arrivarci da
solo.
Fabrizio si girò spazientito verso il suo compagno di scuola. – Cosa? Di che parli?
Bocchi sbadigliò. Poi gli prese la mano. – Allora non hai capito. Il tempo delle figure
di merda è finito, morto, sepolto. Se n’è andato per sempre con il vecchio millennio. Le
figure di merda non esistono più, si sono estinte come le lucciole. Nessuno le fa più,
tranne te, nella tua testa. Ma non li vedi a questi? – Indicò la massa che applaudiva
Chiatti. – Ci ricopriamo di letame felici come maiali in un porcile.
Guarda me, per
esempio – . Si alzò in piedi barcollando. Allargò le braccia come a mostrarsi a tutti, ma
gli girò la testa e si dovette sedere di nuovo. – Io mi sono specializzato a Lione con il
professor Roland Château–Beaubois, ho la cattedra a Urbino, sono un primario. Guarda
come sto ridotto. Secondo i vecchi parametri sarei una figura di merda ambulante, un
essere infrequentabile, un cafone impaccato di soldi, un tossico, un personaggio
spregevole che si fa ricco sulle debolezze di quattro carampane, eppure non è così. Sono
amato e rispettato. Vengo invitato pure alla festa della Repubblica al Quirinale e in ogni
cazzo di trasmissione medica. Scusa, ma andando sul personale… Quel programma che
hai fatto in televisione non era una grezza?
Ciba provò a difendersi. – Veramente…
– Lascia perdere, era una grezza.
Fabrizio fece un cenno d’assenso.
–
E quella storia con quella, la figlia… Non mi ricordo, vabbe’ era una figura di
merda.
Ciba fece una smorfia di dolore. – Vabbe’ adesso basta.
– E che ti è successo? Nulla di nulla. Quante copie in più hai venduto con tutte queste
teoriche figure di merda? Una cifra. E tutti dicono che sei un genio. Quindi, lo vedi che
vieni a me? Quelle che tu chiami figure di merda sono sprazzi di splendore mediatico
che danno lustro al personaggio e che ti rendono più umano e simpatico. Se non esistono
più regole etiche ed estetiche le figure di merda decadono di conseguenza – . Bocchi si
allungò verso Ciba e lo abbracciò affettuosamente. – E poi lo sai chi è l’unico che non
ha mai fatto figure di merda in vita sua? Nemmeno una?
Lo scrittore fece no con la testa.
– Gesù Cristo. In trentatre anni non ne ha fatta nemmeno una. E con questo ho detto
tutto. Adesso, però, tu mi fai un piacere. Ti prendi questa caramellina – . Bocchi tirò
fuori dalla tasca della giacca una pillola ovale viola.
Fabrizio la osservò sospettoso. – Cos’è?
Bocchi sgranò gli occhi, i globi oculari gli sporgevano dalle orbite come quelli di un
rospo delle canne, e con il tono di un vecchio mercante di spezie rare spiegò: –
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Fenoloidrocloruro Benjorex. Questo non è un allucinogeno qualsiasi, non si trova in giro
– . Si diede una pacca sul petto. – È speciale. Solo zio ce l’ha ’sta mercanzia. Hai
presente i funghi magici, peyote, ecstasy, MDMA? Sono, più o meno, l’equivalente
della
Dolce Euchessina, a confronto con questa pillolina. È un farmaco schedato
dall’associazione Human Rights Watch come arma chimica. È stato usato da
neuropsichiatri sperimentali nelle carceri russe per far regredire all’infanzia i terroristi
ceceni, e dall’ente della ricerca spaziale russa nelle ricerche sugli effetti psicotropi in
assenza di gravità. Adesso ce ne facciamo una per uno e vedrai che ’sto baraccone
improvvisamente diventerà il mondo di Oz e io e te ci divertiremo alla grande – . Cacciò
la pillola nel
taschino della giacca di Ciba, che si alzò di scatto, inorridito, e fece tre
passi indietro. – Bocchi, tu stai veramente male. Tu, oltre che un tossico, sei anche uno
psicopatico. Tu mi vuoi fare morire, di’ la verità. Tu mi odi. I ceceni… l’assenza di
gravità… La fine delle figure di merda… Ti chiedo un favore. Ti imploro. Lasciami
stare. Io e te non abbiamo avuto mai nulla in comune. Nemmeno al liceo.
Non siamo
mai stati amici, fratelli, un cazzo di nulla. Non abbiamo niente a che spartire, quindi, ti
chiedo la cortesia, lasciami in pace e se mi incontri cambia strada.
Bocchi gli sorrise. – Occhei – . Tirò fuori un’altra pillola, se la cacciò in bocca e si
finì il Mojito.
16.
Sasà Chiatti era passato a spiegare la caccia alla tigre. – Come ci insegna la tradizione
vittoriana, la caccia alla tigre si fa con gli elefanti. Ho trovato quattro magnifici
esemplari provenienti da un circo di Cracovia e vi ho fatto montare sopra delle ceste di
vimini fatte a mano a Torre Annunziata, che possono contenere fino a quattro cacciatori.
Ogni bestia è condotta da un mahut indiano, che conosce il suo animale come se stesso.
La tigre si chiama Kira, ha cinque anni. L’ho comprata dopo lunghe trattative dallo zoo
di Bratislava. È una splendida femmina albina, come la mia dolce metà, che ci sono
volute anche più trattative per convincerla a stare con me. Questa caccia durerà circa tre
ore e alla fine ci sarà una cena sulle case galleggianti. Li è stato allestito un self–service
con piatti della cucina indiana.
A poche decine di metri, dietro le baracche delle cucine, le Belve di Abaddon si erano
riunite per una riunione straordinaria. – Siamo nella merda! – esordì Mantos.
Murder, con la bocca piena di bruschetta allo storione, bofonchiò: – Che succede?
– Larita non partecipa alla caccia.
– Ve l’avevo detto io! Quella è un’animalista, – fece Silvietta tutta contenta.
A Mantos iniziavano a girare le palle, ma cercò di mantenere la calma. – Brava! Lo
sapevi! E ora? E ora mi tocca mettere in atto il piano B.
Zombie, che se ne
stava da una parte immusonito, scattò in piedi. Aveva gli occhi
gonfi e quasi tremava. – Ora basta! Non ne posso più, – sbottò. – Adesso te ne esci pure
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con un piano B? Come se esistesse un piano A? Questa, caro Mantos, è la dimostrazione
palese che tu non sarai mai un Kurtz Minetti o un Charles Manson. Tu… tu improvvisi.
Questa non è una setta satanica, questa è una setta di poveracci. ’Sti due che… – indicò
Murder e Silvietta. – Lasciamo perdere che è meglio. La verità è che non siete dei
professionisti. Doveva finire in pizzeria ’sta storia di merda. Che errore mettermi con
voi. Pure tu Mantos mi hai deluso. Sei arrivato qua e ci hai fatto vedere Villa Ada sulla
piantina del Tutto Città. Ma ti rendi conto? La Durlindana… La rapiamo nei boschi… Ci
suicidiamo… Diventiamo la setta satanica numero uno d’Italia. Ma sparate con la
cerbottana! Sai che vi dico? Andate a fare in culo tutti quanti! – E si avviò
verso la
strada.
Saverio guardò stravolto i due adepti: – È impazzito? Che gli è successo?
– Lo so io che ha, – fece Silvietta, e corse dietro a Zombie.
Murder, con la bruschetta in mano, guardò il suo leader. – Ma che sta succedendo?
– E che ne so? È la tua fidanzata. Muoviti.
Murder sbuffò e si allontanò di corsa, seguendola.
Il leader delle Belve si accasciò sulla sedia coprendosi il volto con le mani.
Come dargli torto? Non esisteva nessun piano B. E anche il piano A faceva acqua da
tutte le parti.
Do'stlaringiz bilan baham: