Niccolo Ammaniti Che la festa cominci



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Niccolò Ammaniti - Che la festa cominci1

Tellfner, amministratore dei beni della famiglia reale, che le diede il nome della moglie 
Ada, di cui pare fosse perdutamente innamorato. 
Nel 1900 re Umberto I fu assassinato da un anarchico . Il successore Vittorio 
Emanuele III decise di tornare a vivere nella Villa del nonno, che rimase residenza 
ufficiale dei regnanti fino al1946, anno della caduta della monarchia, quando il re e i 
suoi congiunti furono costretti all’esilio.  
La Villa passò allo Stato italiano, con l’eccezione della Villa Reale, che i Savoia 
generosamente diedero in concessione al governo egiziano, in segno di riconoscenza per 
l’ospitalità ricevuta dopo l’esilio del1946. L’edificio divenne l’ambasciata d’Egitto.
Da quel momento in poi Villa Ada diventò parte del demanio pubblico e fu 
trasformata in parco comunale. Furono tracciati nuovi viali, costruiti percorsi attrezzati 
per gli atleti, scavati laghi artificiali e piantate molte specie arboree non autoctone. 
Nel 2004, per rimpinguare le casse comunali esaurite, la giunta capitolina decise di 
mettere all’asta l’intera area di Villa Ada per la cifra astronomica di trecento milioni di 
euro. 
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L’asta ebbe luogo nel Campidoglio il 24dicembre, fra le proteste dei romani inferociti 
per quello che passò negli annali capitolini come «il grande scippo». Vi parteciparono 
personaggi del calibro di Bono degli U 2, l’imprenditore russo Roman Arked’evi
č
Abramovi
č
, Paul McCartney, l’Air France, e un cartello di banche svizzere.
Inaspettatamente riuscì ad accaparrarsela per la cifra di quattrocentocinquanta milioni 
Salvatore Chiatti detto Sasà, un imprenditore campano dagli oscuri natali che nel corso 
degli anni Novanta era riuscito ad accumulare un capitale immenso in proprietà 
immobiliari. Era finito in galera per evasione fiscale e abigeato ma grazie all’indulto era 
tornato in libertà. 
Qualche giorno dopo, in un’intervista al quotidiano «Il Messaggero», l’imprenditore 
motivò così l’acquisto: «Mi ci portava sempre mamma da piccolo. Sono stato spinto 
dalla nostalgia». Cosa falsa, dal momento che Chiatti aveva vissuto la sua infanzia a 
Mondragone, lavorando nella bottega del padre carrozziere. Il giornalista poi gli aveva 
chiesto : «E cosa conta di fame?» «La mia residenza romana».
Per un paio di anni la Villa rimase chiusa. Gli abitanti della zona formarono un 
comitato per la restituzione del parco ai romani. Si diceva che Chiatti in realtà l’avesse 
comprata per speculare e cercasse dei soci stranieri per trasformarla in area residenziale 
con campi da golf, club di equitazione e una pista di go–kart. 
Nel 2007cominciarono le opere di ristrutturazione. I muri di cinta vennero alzati a 
dieci metri e sulla sommità furono poggiate matasse di filo spinato. Ogni cinquanta 
metri lungo il perimetro murario apparvero delle torrette da cui pendevano grappoli di 
telecamere.
La marchesa Clotilde, vedova del generale Farinelli, dal suo attico di via Salaria 
riusciva a intravedere tra le fronde degli alberi uno spicchio del parco. A un giornalista 
del settimanale «Panorama» l’anziana signora rivelò che vedeva un viavai ininterrotto di 
operai. Piantavano alberi, disboscavano. E aveva visto anche due giraffe e un 
rinoceronte. Il giornalista diede poco credito alla fonte dal momento che la vedova 
Farinelli aveva settantotto anni e un principio di Alzheimer. 
Ma la marchesa aveva visto bene. 
Sasà Chiatti aveva costruito acquitrini, fiumi, sabbie mobili, e si era impegnato nella 
ripopolazione del parco. Aveva comprato dagli zoo in abbandono e dai circhi dismessi 
dell’Est orsi, foche, tigri, leoni, giraffe, volpi, pappagalli, gru, aironi, macachi, bertucce, 
ippopotami, piranha, e li aveva sparpagliati per i centosettanta ettari di Villa Ada. Erano 
tutte bestie nate e cresciute in cattività e quindi mansuete e dipendenti dal cibo fornito 
dai guardiani. Vivevano in un paradiso naturale, dove le regole primordiali preda- 
predatore non esistevano più. Col passare dei mesi la fauna eterogenea aveva trovato una 
sorta di equilibrio. Ogni specie si era ricavata la sua nicchia ecologica. Gli ippopotami si 
piazzarono nel laghetto accanto al vecchio chiosco del bar e da li non si mossero più, i 
coccodrilli colonizzarono insieme ai piranha il secondo specchio artificiale a poca 
distanza dalle altalene e gli scivoli. Leoni e tigri formarono una colonia sul monte 
Antenne. I pipistrelli australiani, bestioni di sei chili l’uno, trovarono rifugio nelle 
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catacombe. Accanto all’ex ambasciata, in una grande pianura erbosa, pascolavano gnu, 
zebre, cammelli e branchi di bufali che Sasà si era fatto portare direttamente da 
Mondragone.
Con la fauna aviaria le cose furono un po’ più complesse. Stefano Coppé, steso 
accanto al suo Burgman250 dopo esser stato tamponato da una Opel Meriva sullo 
svincolo fra la Salaria e l’Olimpica, vide roteare sopra di lui uno stormo di avvoltoi e 
capi che le cose si stavano mettendo male. Una coppia di condor fece il nido sul balcone 
della famiglia Rossetti, in via Taro, e straziò Anselmo, il soriano di casa, che aveva 
tentato una difesa disperata del terrazzino. Gli atleti dell’Acqua Acetosa videro nibbi e 
barbagianni appollaiati sui pali delle porte di rugby. Il pescivendolo di via Locchi fu 
depredato di una spigola dì tre chili da un’aquila pescatrice. Pappagalli e tucani si 
spiaccicavano sui parabrezza delle macchine che correvano sulla tangenziale.
L’idea di Sasà Chiatti era semplice e grandiosa allo stesso tempo: organizzare per 
l’inaugurazione della sua Villa un party così esclusivo e sfarzoso che sarebbe stato 
ricordato nelle cronache dei secoli a venire come il più grande evento mondano nella 
storia della nostra Repubblica. E lui sarebbe passato dalla fama di losco immobiliarista a 
quella di radioso magnate miliardario ed eccentrico. Politici, imprenditori, gente dello 
spettacolo e dello sport sarebbero venuti a corte a omaggiarlo, proprio come il Re Sole a 
Versailles. Ma per fare ciò non bastava una festa con musica, balli, buffet e cotillon. Ci 
voleva qualcosa di assolutamente speciale e inimitabile che avrebbe lasciato tutti a bocca 
aperta. 

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