I gonzaga del po


NUOVI STRUMENTI DI GOVERNANCE



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3.2 NUOVI STRUMENTI DI GOVERNANCE
Attraverso i due progetti appena descritti si auspica di aprire una percorso con cui conseguire un progetto di governance concreta per “I Gonzaga del Po” in grado non solo di mettere il territorio dentro un unico frame ma con cui iniziare un cammino di programmazione comune e con cui elaborare capacità di esprimere una voce unica del territorio.
L’unico caso italiano, di cui si sia avuta conoscenza durante il periodo di realizzazione di questo studio, in cui un territorio diviso tra province e regioni diverse riesce a trovare un’unica forma di governance è quello della Comunità del Garda5.

Nata nel 1955 come Comitato permanente di coordinamento dei comuni gardesani, la Comunità del Garda da metà degli anni ’60 ha trovato un ruolo importante soprattutto nella gestione delle acque.

Nei (cita la fonte) decenni a seguire il sempre maggior centralismo di province e regioni ha messo in difficoltà la Comunità, che ha ritrovato slancio nei primi anni 2000 diventando Ente territoriale Interregionale nel 2008.

Da questo momento la Comunità s’è data l’impegno di lavorare sui seguenti temi: acqua e ambiente, sicurezza e navigazione, navigazione pubblica, sviluppo del territorio tramite i piani d’area e cultura e comunicazione.

Ciò è segno di un’evoluzione importante avuta dall’ente negli anni, il quale ha costruito una governance formata soprattutto da soggetti pubblici attorno a un tema specifico arrivando poi ad allargare il proprio ambito d’intervento su molte questioni nodali dello sviluppo dell’area gardesana.

Nell’ultimo statuto, approvato il 22 ottobre 2008 (cita da dove lo prendi), vengono indicati gli scopi e le forme con cui si organizza la Comunità del Garda.

Essi sono:


  • favorire la crescita della coscienza comunitaria nella popolazione gardesana;

  • proporre soluzioni ai problemi di natura ambientale, territoriale, paesistica, sociale, culturale ed economica;

  • predisporre programmi coordinati in attuazione degli indirizzi ed assumendo iniziative per il conseguimento degli obiettivi;

  • promuovere ed esercitare attività di carattere unitario nell'interesse degli enti associati e della popolazione gardesana;

  • collaborare con le Autorità preposte alla regolazione dei livelli ai fini di un corretto equilibrio tra gli usi plurimi delle acque del lago;

  • partecipare al funzionamento dell’Autorità interregionale per il Garda ed allo svolgimento di compiti di carattere unitario da essa attribuiti;

  • sollecitare l'apporto delle forze politiche, sociali, economiche, culturali nonché degli operatori pubblici e privati;

  • esercitare le deleghe conferite dagli enti associati o da enti sovra ordinati, dalle Regioni e dallo Stato;

  • svolgere attività editoriale in aderenza alle proprie finalità statutarie;

  • adottare ogni altra iniziativa che valga a far progredire il livello e la qualità della vita nel territorio della comunità.

Possono far parte dell’associazione i comuni del bacino del Garda, le Province (Brescia, Mantova, Verona e Trento), i Comuni capoluogo di Provincia, le Comunità Montane, e gli Enti preposti alla promozione turistica nelle cui circoscrizioni ricade il territorio della Comunità, le Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura delle province predette, altri Enti pubblici e di rilevante interesse pubblico a giudizio dell'Assemblea Generale ed eventuali soci aggregati di natura pubblica o privata sempre a giudizio dell’assemblea.

Infine è importante citare anche la forma organizzativa della Comunità, rappresentata dai seguenti organi: Assemblea generale, Consiglio direttivo, Presidente e Revisore dei conti.

L’Assemblea generale è composta dai Sindaci dei comuni associati o da loro delegati, dai Presidenti o loro delegati degli altri enti, da due consiglieri provinciali nominati da ciascuna Provincia e da un consigliere di Camera di Commercio in quanto aderenti, nominati ad ogni rinnovo dei relativi Consigli, ed ha il compito di deliberare su indirizzi e programmi, bilancio ed eleggere il Presidente.

Il Consiglio direttivo è composto da: il Presidente, un rappresentante nominato da ciascuna Provincia e Camera di Commercio aderente e da nove membri eletti dall'Assemblea generale con voto limitato a cinque, scelti tra i Sindaci dei Comuni aderenti alla Comunità, garantendo la rappresentanza delle varie aree territoriali e la maggioranza dei comuni costieri.

Inoltre, hanno facoltà di partecipare alle sedute un componente designato rispettivamente dai Presidenti della Regione Lombardia, della Regione Veneto e della Provincia Autonoma di Trento.

Il Consiglio direttivo ha soprattutto il compito di predisporre i programmi e gli indirizzi, i bilanci e i rendiconti, i regolamenti interni e quant'altro di competenza dell'Assemblea generale.

In ultimo è importante anche l’aspetto finanziario.

All’adempimento dei compiti si provvede con entrate ordinarie, ovvero quote annuali degli aderenti, contributi erogati a parziale o totale copertura dei costi inerenti a singole attività o servizi e contributi erogati dagli Enti e Organismi partecipanti all'assemblea, o con entrate straordinarie, quindi contributi speciali versati dagli aderenti e da altri soggetti pubblici o privati per la promozione di iniziative e per la gestione di particolari servizi e donazioni, lasciti e sovvenzioni.


Il bisogno di una sinergia tra politica ed economia è avvertito da entrambe le parti ma anche questo studio ha riscontrato la difficoltà di far dialogare questi due mondi.

Si spera però che attorno a progetti specifici capaci di mobilitare interessi diversi, questi due mondi possano trovare una prima forma di dialogo concreta, capace di sfociare in una forma di governance per lo sviluppo territoriale de “I Gonzaga del Po”.

Da un lato la politica ha bisogno dei soggetti economici per dare solidità e continuità alle scelte, altrimenti dal destino aleatorio e legate alla spinta e alla sensibilità degli amministratori, dall’altro l’economia necessita della politica, in quanto quest’ultima è deputata a pensare e pianificare lo sviluppo del territorio.

Di certo tutto dipende dalla capacità degli amministratori di saper cogliere queste opportunità, capendo che agendo ancora con vecchie logiche non è possibile mantenere le posizioni di eccellenza che il territorio de “I Gonzaga del Po” è riuscito a raggiungere.

È importante fare rete per sedimentare un modus operandi che diventerà sempre più necessario col tempo, in modo da non trovarsi spiazzati davanti alle prossime sfide che coinvolgeranno in futuro i territori, ai quali sarà sempre più chiesto, implicitamente o esplicitamente, di agire in modo più integrato.

Per questo si può e si deve immaginare la struttura e i compiti di un ipotetico organismo permanente che gestisca, governi e, soprattutto, decida le linee di sviluppo di questo territorio.


Si può pensare ad una rinnovata Associazione intercomunale per “I Gonzaga del Po” che coinvolga tutti e 34 i comuni del progetto e altri soggetti locali pubblici e privati, in grado di riprendere e rafforzare quanto già fatto fino ad ora da parte dell’Associazione Itinerari Gonzagheschi esistente, sulla scorta dell’esperienza tentata proprio da Sinopsis Lab nel biennio 2007 e 2008 grazie all’interessamento dell’ex Sindaco Beccari che è stato ascoltato in qualità di testimone privilegiato anche per questo approfondimento.
L’Associazione, per fare questo, dovrebbe a tal fine organizzare una struttura con due finalità ben distinte una politica e una operativa.
La prima di carattere politico, molto snella, composta da quattro sindaci (uno a testa, a turnazione, per il Casalasco, il Viadanese, la Bassa reggiana e l’Oltrepò mantovano) scelti dai rispettivi territori prevedendo meccanismi di rotazione, dai due assessori regionali, di Lombardia ed Emilia Romagna delegati alle politiche per lo sviluppo economico territoriale, o un loro delegato e un rappresentante delle consulte economiche per territorio.
Quest’organo dovrebbe dare gli input politici e strategici da perseguire operativamente, riunendosi verosimilmente non più di due volte all’anno per fissare obiettivi e approvare il bilancio dell’Associazione intercomunale così rinnovata.
La seconda di carattere tecnico, composta dai funzionari appositamente delegati dagli assessorati allo sviluppo economico delle tre province, deputati alla gestione dei fondi europei, da delegati degli IAT e auspicabilmente dei GAL presenti sul territorio, capaci di suggerire le linee di finanziamento utilizzabili per la finalità comune di promuovere il marchio ed il territorio stesso de “I Gonzaga del Po”.

Si ritiene che il coinvolgimento delle province sia necessario proprio per le deleghe che ad esse competono in fatto di gestione dei fondi, ma la peculiarità di questo ruolo non dovrà far perdere di vista che l’obiettivo dell’azione di questo organismo dovrà avere valore sovraterritoriale e non finalizzato a duplicare il lavoro che ognuno già realizza per la propria provincia di riferimento.


A questo fine si è pensato il coinvolgimento diretto di una società di ricerca e progetto presente sul territorio che possa dimostrarne la conoscenza grazie a contributi di studio e lavoro già realizzati (in questo caso Sinopsis Lab) interessata a svolgere un ruolo di regia operativa dei lavori di questo nuovi organismo e di garanzia proprio finalizzata a mirare gli sforzi verso l’obiettivo sovra territoriale di valorizzazione del territorio de “I Gonzga del Po”, attraverso il perseguimento delle opportunità che l’organo tecnico sarà in grado di segnalare ed individuare.
Su specifici progetti sarà poi auspicabile il coinvolgimento di aziende e privati in genere interessati e disposti ad investire, così che ci possa essere nel tempo una rete di soggetti diversi che con spirito cooperativo, basate su specifiche convenienze, si adoperino per integrare funzioni e risorse attorno a specifici obiettivi, nel rispetto di interessi diversi.
L’aspetto più innovativo starebbe proprio nella partecipazione diretta anche del soggetto privato, cosa che nemmeno nella Comunità del Garda è così esplicita.
Riprendendo i due progetti pilota descritti nel paragrafo precedente, si può esemplificare il funzionamento dell’Associazione: la struttura politica pone come obiettivo la necessità di promuovere il territorio in maniera integrata, la struttura tecnica indica le linee di finanziamento da poter utilizzare, la società di ricerca privata confezionerà concretamente il progetto e metterà in comunicazione tutti i soggetti coinvolgibili al fine di ottenere i finanziamenti per la realizzazione dei singoli progetti.

“I Gonzaga del Po” potrebbero così diventare un modello di governance consolidata e radicata sul territorio, motore di un processo di nuovo sviluppo nel cuore della Val Padana.



3.3 SCENARI FUTURI E CONCLUSIONI
Quale potrebbe essere il futuro di tale progetto? Di certo non sarà facile vederne l’attuazione, ma sarebbe già interessante e auspicabile riuscire ad aprire un dibattito e un confronto tra i soggetti interessati sui temi della governance intercomunale e sulla necessità di superamento degli attuali confini.

Quello che forse più manca è proprio un’azione volta a creare nell’opinione comune la necessità dell’andare insieme, con cui recuperare anche quel sentimento di appartenere ad un’unica realtà territoriale, diversa da quelle delle province attuali.

Sarebbe di certo un esperimento affascinante scardinare gli assetti attuali, proponendo un modello di sviluppo aderente a un territorio reale e caratterizzato, non calato su una realtà decisa “a tavolino”.

Di certo, oggi non si può immaginare che la rinforzata Associazione Intercomunale possa diventare una sorta di Communautès d’agglomèration6 sulla scorta del modello francese, capace di integrare e mettere in comune tutte le politiche di pianificazione del territorio e di gestione dei servizi.

Questo però dovrebbe essere l’obiettivo implicito di lungo periodo.

Riuscire ad avere, quindi, una forma di governance del territorio che si occupi di tutta la pianificazione e lo sviluppo dell’area, con un proprio piano strategico e che inizi ad integrare sempre più opportunità, risorse, servizi ecc.

La grande difficoltà sta nel riuscire a superare soprattutto il confine regionale, proprio per le differenti impostazioni nelle politiche di Lombardia ed Emilia Romagna, paradigmi di due modi di governare spesso contrapposti, com’è stato possibile verificare dall’approfondimento qui realizzato.

Per questo sarebbe auspicabile col tempo arrivare a costituire, a partire dall’Associazione, un Ente territoriale Interregionale sull’esempio della Comunità del Garda, capace di riunire in sé deleghe su competenze attualmente degli altri enti pubblici.

Una struttura di tal tipo potrebbe diventare voce sempre più autorevole, espressione di una realtà compatta e coesa, capace di diventare unico riferimento nei processi e nei progetti di natura sovra regionale in cui il territorio potrà essere coinvolto.

“I Gonzaga del Po”potrebbe così diventare esempio virtuoso per altre realtà simili, divise da confini amministrativi sempre meno corrispondenti al dato territoriale.

Si pensa, per esempio, alla zona delle Ceramiche tra Scandiano, Sassuolo e Maranello, divisa dal Secchia e dalle provincie di Reggio Emilia e Modena, o alle Terre Verdiane tra Parma e Piacenza, territori che tra l’altro non hanno nemmeno la difficoltà di trovarsi divisi tra Regioni diverse.

Un processo, quindi, che s’inserisce e insiste su territori di confine fortemente caratterizzati, per motivi storici o per sistema economico, capaci di rappresentare una valida alternativa all’attuale configurazione amministrativa.

Tutto il dibattito, anche recente, sull’abolizione delle province è troppo spesso retorico e incapace di produrre alternative credibili su come superarle.

Questo è quindi un tentativo per pensare in modo nuovo il territorio, cercando immaginare una nuova governance che tenga conto della realtà produttiva, sociale, storica e culturale aspetti che spesso non sono oggi tenuti nella giusta considerazione.

Una citazione di Pietro Nenni pare particolarmente adeguata7: “Due operai stanno ammucchiando mattoni lungo una strada. Passa un viandante che s'informa sulla natura del loro lavoro. Uno modestamente risponde: "Sto ammucchiando mattoni". L'altro esclama: "Innalzo una cattedrale!".

Il progetto de “I Gonzaga del Po” potrebbe diventare la cattedrale di questo territorio, al quale potrebbero concorrere tanti attori e personalità diverse, unite però dall’idea di costruire qualcosa di importante.


NOTE RELATIVE AL CAPITOLO 3



1 Questa parte è ispirata e deriva in gran parte dal Rapporto di Sinopsis Lab Mantova Innovazione 2009, Parma, Edicta edizioni, 2009, realizzato per conto della Camera di Commercio di Mantova.

2 Altre informazioni sono prese dall’Università di Ferrara, Percorso di Inserimento Lavorativo (PIL) Rapporto Finale, 15/9/2008.

3 Si rinvia al lavoro dello Studio SinopsisLab I Gonzaga del Po – Un territorio interprovinciale caratterizzato Mantova, Cremona, Reggio Emilia, Parma, Edicta edizioni, 2008, riferendosi soprattutto alle pagine 59, 60, 61, dove si descrivono le linee per obiettivi strumentali del progetto.

4 Per un quadro più completo del sistema turistico “Terre di Siena” si rinvia al sito internet ufficiale www.terredisiena.it, in cui è possibile vedere nel dettaglio tutta l’offerta, e alla pagina www.turismosostenibile.terresiena.it, dove si trovano nello specifico tutti i criteri prestazionali richiesti alle imprese e alle attività che vogliono entrare nella rete e le condizioni legate alla card “Ospiti di valore”.

5 Per informazioni sulla Comunità del Garda si rinvia alla lettura del Documento politico programmatico del 7 febbraio 2006 e allo Statuto dell’Ente territoriale interregionale approvato il 22 ottobre 2008, riportato in allegato da pag.93.

6 Per un approfondimento sulle Communautès d’agglomèration e su tutto il sistema di pianificazione intercomunale francese si rinvia all’appendice a pag.89.

7 La frase di Pietro Nenni, tratta da un discorso al Parlamento nel 1959, è riportata da Enrico Letta Costruire una cattedrale. Perché l’Italia deve tornare a pensare in grande, Milano, Mondadori, 2009.

ALLEGATI

1. COSA APPRENDERE DA ALTRI CONTESTI
Come già s’è intuito nello svolgimento del lavoro, ci si è avvalsi di molti riferimenti per cercare termini di paragone e confronto nel contesto italiano e straniero.

È opportuno citare e mettere come allegato i due paradigmi di governance a cui ci si s’è ispirati maggiormente al momento dell’ideazione del progetto, ritenendole modelli a cui guardare maggiormente.




    1. Un caso europeo: le communautès d’agglomèration francesi1

La Francia da più di un secolo dispone misure volte alla cooperazione volontaria tra comuni, al fine di limitare e ridurre quella polverizzazione prodotta ai tempi della Rivoluzione.

Se in età napoleonica si tentò la strada della fusione dei comuni, già nel 1884 si emanò la prima legge in senso cooperativo, seguita poi da molte altre, tra cui quella del 1966 che istituisce le Communautès urbaines per i centri più importanti (inizialmente Lille, Lione, Strasburgo e Bordeaux).

Nel solco di questa tradizione si inserisce l’ultima grande riforma del 1999, la famosa Loi Simplification et renforcement de la coopèration intercomunale, approvata dal governo socialista Jospin e mai intaccata nella sostanza dagli esecutivi successivi.

Una legge molto ambiziosa che rimanda ai valori della coesione e della solidarietà, che vuole andare oltre all’obiettivo minimo di ridurre la frammentazione amministrativa.

Non solo si attribuiscono poteri e competenze alle associazioni, ma, rimandando al concetto di coesione, si vuole intervenir in ambiti in cui problemi e sfide sono aderenti al contesto reale, rilanciando la dimensione territoriale e non permettendo più l’esistenza di enclaves privilegiate.

Semplificando molto il quadro delle possibili forme di associazionismo, si sono istituite tre tipologie di Communautès, rimarcando con questo termine l’importanza attribuita all’identità locale e al senso di solidarietà tra una comunità.

Abbiamo quindi:

- le Communautè de communes (CC), associazioni di piccoli comuni contigui, senza enclaves e senza limiti di soglia demografica;

- le Communautè d’agglomèration (CA), ovvero associazioni ci comuni contigui e senza enclaves con almeno 50.000 abitanti, facenti perno attorno a uno o più comuni di almeno 15.000 abitanti;

- le Communautè urbaine (CU), associazioni tra comuni contigui, senza enclaves con almeno 500.000 abitanti.

Per le CU e le CA si prevedono blocchi di competenze e funzioni opzionali e obbligatori, in relazione al peso demografico, sui temi dello sviluppo economico, per attrarre attività e sostenere quelle esistenti, e della pianificazione spaziale, dovendo elaborare il piano d’inquadramento di area vasta, lo SCOT, la pianificazione di settore, le politiche della casa e l’elaborazione dei grandi progetti in deroga, le ZAC.

In tal modo le CU e le CA diventano attori strategici di primo piano, in quanto chiamati a dare coerenza spaziale e assicurare tutela ambientale, equità sociale ed efficienza economica.

L’intento di scoraggiar la concorrenza tra comuni e un localismo che, di fatto, pone un freno importante alla cooperazione è rafforzato anche dalla politica fiscale pensata per le associazioni.

Vengono rilanciate, infatti, le Communautès à fiscalità propre, attraverso messa in comune della TPU, la taxe professionnelle, ovvero la tassa che sulle attività economiche extraagricole ad aliquota ammortizzata che costituisce un’importantissima fonte d’entrata per le municipalità.

L’aspetto economico è fondamentale: si possono attribuire grandi compiti e funzioni alle associazioni, ma se queste non dispongono delle risorse appropriate diventano uno strumento molto sterile e poco incisivo.

Già nel 1992 si provò a fare ciò, ma la mancanza di incentivi e di compensazioni per passare a questo regime scoraggiava i comuni a muoversi in questo senso, preferendo mantenere i propri privilegi.

S’è istituito quindi un fondo di compensazione da parte dello Stato, il DGF (Donation Globale de Fonctionnement), proporzionale all’intensità della cooperazione e alla popolazione residente.

Agendo in tal modo s’è davvero scoraggiata la competizione tra i comuni, dando un ulteriore impulso alla coerenza localizzativa e alla battaglia contro la dispersione urbana; i numeri danno ragione a questa riforma, in quanto all’1 gennaio 2006 sono 1161 le associazioni intercomunali con TPU, per un equivalente di 15.130 comuni e quasi 41 milioni di abitanti.

Un altro aspetto fondamentale è costituito dalla partecipazione attiva della società civile attraverso i Conseils de Dèveloppement, organi consultivi formati da rappresentanti del settore economico, sociale, culturale e associativo.

Questi partecipano a tutte le fasi del progetto d’agglomerazione, sottolineando il carattere integrato e l’importanza di un coinvolgimento sempre più esteso delle varie parti sociali per una pianificazione più vicina alle istanze del territorio.
È importante gettare un’occhiata anche a un’altra importante legge, promulgata l’anno successivo, denominata Loi Solidaritè et Renouvellement Urbains, che, pur non parlando direttamente di area vasta ha importanti ripercussioni sulle associazioni di comuni.

Nata con l’obiettivo di combattere gli effetti della dispersione insediativa e di tutelare gli interessi generali, dispone importanti elementi prescrittivi.

Il primo elemento riguarda gli SCOT. In mancanza di questo strumento i comuni a non più di 15 km dalla periferia di un’agglomerazione di almeno 50000 abitanti non potranno urbanizzare nuovi territori né realizzare superfici commerciali. Inoltre, gli SCOT possono subordinare le nuove urbanizzazioni al livello di dotazione di trasporti pubblici e allo sfruttamento di quei suoli disponibili in aree già urbanizzate.

Il secondo elemento, invece, riguarda l’edilizia sociale, prescrivendo che nei PLU, i piani urbanistici locali, dei comuni di almeno 3500 abitanti inseriti in un’agglomerazione che ne abbia almeno 50000 vi sia un’offerta di edilizia sociale pari al 20% di tutta l’offerta abitativa complessiva.

La pena è il prelievo di una quota annuale per ogni alloggio mancante da versare alle associazioni intercomunali.

È evidente, quindi, come da un lato si voglia rafforzare la coerenza fisico ambientale del territorio e un mix sociale, andando in difesa di funzioni e gruppi sociali più deboli.


Permangono, però, alcune contraddizioni e alcuni limiti nella bontà generale dell’impianto.

In primis s’assiste a un aumento vertiginoso della spesa pubblica dovuta alle compensazione per il TPU.

Se da un lato ciò ha permesso ai comuni di avere più risorse da spendere in servizi di qualità, dall’altro ha fatto aumentare la spesa per il personale amministrativo delle nuove associazioni.

Un altro problema è la sovrabbondanza di livelli istituzionali in Francia, provocando confusione e sovrapposizioni inevitabili.

Per questo motivo non s’è riusciti a procedere con forza verso l’elezione diretta degli amministratori delle associazioni, non risolvendo un grave deficit di democrazia.

Altro problema è quello dell’opportunismo dei confini: diversi comuni per non perdere i loro privilegi economici si sono consociati in forme di intercomunalità omogenee, snaturando la finalità di coesione e solidarietà territoriale della legge.

Ciò ha prodotto associazioni minime, attratte solamente dal DGF, provocando una moltiplicazione di SCOT che per forza di cose non sono alla scala pertinente, facendo diventare difficile l’obiettivo di dare coerenza territoriale.

Succede così che nelle corone dei grandi centri si associno comuni che congelano ogni opportunità di nuove urbanizzazioni per difendere la loro situazione pregiata, riversando su tutta la città centrale tutta la domanda.

Queste perversioni sono da combattere fortemente, cercando di dare maggior attinenza ed effettiva conformità ai perimetri, per avere una reale scala vasta aderente a territori pertinenti.

Nonostante ciò si può vedere come in Francia ci sia un percorso costante verso l’affinamento e il miglioramento dell’intercomunalità, la cui importanza è sempre meno messa in discussione.


NOTA:

1 Per elaborare questo allegato ci si è avvalsi di tre testi di Maria Cristina Gibelli:

- “Politiche per il governo della dispersione insediativa nei Paesi avanzati” in Camagni R., Gibelli M.C., Rigamonti P., I costi collettivi della città dispersa, Firenze , Alinea, 2002

- “La dispersione urbana costi collettivi e risposte normative” in Salzano E. (a cura di) No Spawl, Firenze, Alinea, 2007;

- “Riflessioni sull’intercomunalità” in Baioni M. (a cura di), La costruzione della città pubblica, Firenze, Alinea, 2008.



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