Niccolo Ammaniti Che la festa cominci



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Niccolò Ammaniti - Che la festa cominci1

 
 
5. 
Lo faceva disperare che la Durlindana pagata trecentocinquanta euro sarebbe finita sul 
caminetto del suocero. Saverio Moneta aveva comprato quello spadone pensando di 
trucidarci il custode del cimitero di Oriolo o comunque di usarlo come arma sacrificale 
per i riti di sangue della setta. 
Le macchine avanzavano a passo d’uomo. Una fila di palme, bruciate dall’inverno, 
erano ricoperte di luminarie colorate che brillavano sui cofani delle Mercedes e Jaguar 
ferme nei parcheggi delle concessionarie. 
Ci deve essere stato davvero un incidente. 
Saverio accese la radio e cominciò a cercare il canale del traffico. Una parte del cervello 
lavorava incessantemente alla ricerca di un’altra azione da proporre a Murder e agli altri.
E se ad esempio ammazzassimo padre Tonino, il prete di Capranica? 
Il cellulare ricominciò a suonare. Ti prego… Serena… Ancora? Ma sul display 
dell’apparecchio appariva: NUMERO
SCONOSCIUTO. Doveva essere il vecchio 
bastardo che si nascondeva per cercare di fotterlo. 
Egisto Mastrodomenico, il padre di Serena, aveva settantasette anni eppure 
smanettava con i telefonini e i computer come un ragazzetto di sedici. Nel suo ufficio 
all’ultimo piano del Mobilificio dei Mastri d’Ascia Tirolesi aveva una batteria di 
computer collegati a telecamere da fare invidia a un casinò di Las Vegas. Il rendimento 
dei quindici venditori era monitorato tutto il giorno, neanche fossero dentro un reality. E 
Saverio, che era a capo del reparto Mobili Tirolesi, aveva quattro obbiettivi puntati su di 
lui. 
No, stasera non ce la faccio a sentirlo. Alzò il volume dell’autoradio cercando di 
ammutolire il telefono. 
Mantos odiava il suocero con tale intensità che gli era venuta la colite spastica. Il 
vecchio Mastrodomenico trovava ogni occasione per umiliarlo, per farlo sentire un 
povero inetto, uno scroccone che continuava a lavorare nel mobilificio soltanto perché 
era sposato con sua figlia. Lo offendeva non solo davanti ai colleghi, ma anche con i 
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clienti. Una volta, durante le offerte di primavera, gli aveva dato del cretino urlandolo 
nel microfono acceso. L’unica consolazione era sapere che prima o poi il bastardo 
schiattava. Allora tutto sarebbe cambiato. Serena era figlia unica e lui sarebbe diventato 
il direttore del mobilificio. Anche se da un po’ gli era venuto il dubbio che il vecchio 
non potesse morire. Gli era successo di tutto. Gli avevano tolto la milza. Gli avevano 
asportato una cisti sebacea da un orecchio e per poco non era rimasto sordo. Aveva un 
occhio devastato dalla cataratta. All’età di settantaquattro anni si era schiantato con la 
sua Mercedes a duecento all’ora contro un Tir fermo a una pompa dell’Agip. Era stato in 
coma tre settimane e si era risvegliato più incazzato di prima. Poi gli avevano 
diagnosticato un cancro all’intestino, ma siccome era anziano il tumore non riusciva a 
espandersi. E come se non bastasse durante il battesimo dei gemelli era cascato dalle 
scale della chiesa e si era rotto il bacino. Ora viveva su una sedia a rotelle e toccava a 
Saverio portarlo al lavoro la mattina e riportarlo a casa la sera. 
Il telefonino continuava a suonare e a pulsare nella vaschetta accanto al cambio. 
– Fottiti! – gli ringhiò, ma il maledetto senso di colpa inscritto nei cromosomi gli 
impose di rispondere. – Papà? 
– Mantos. 
Non era la voce del vecchio. E non poteva conoscere la sua identità satanica. 
– Chi è? 
– Kurtz Minetti. 
Al nome del sommo sacerdote dei Figli dell’Apocalisse Saverio Moneta chiuse gli occhi 
e li riapri, con la mano sinistra strinse il volante e con la destra il telefonino, ma 
l’apparecchio gli sgusciò come una saponetta bagnata finendogli tra le gambe. Per 
riprenderlo tolse il piede dalla frizione e il motore cominciò a singhiozzare e si spense. 
Dietro, i clacson suonavano e Saverio urlava a Kurtz: – Un momento… Sto al volante. 
Un momento che accosto. 
Un motociclista su uno scooterone a tre ruote gli bussò sul finestrino. – Ma lo sai che 
sei una testa di cazzo? 
Finalmente Saverio raccolse il cellulare, fece ripartire la macchina e riuscì ad 
accostare. 
Che voleva da lui Kurtz Minetti?

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