Niccolo Ammaniti Che la festa cominci



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Niccolò Ammaniti - Che la festa cominci1

 
 
11. 
Era evidente che Satana aveva usato Gerry Scotti per comunicare con lui. Com’era 
possibile che tra tutte le infinite domande che esistono nell’universo gli autori del 
programma avessero scelto proprio una su Abaddon? Era un segno. Di cosa, Saverio non 
aveva la più pallida idea. Ma era senza dubbio un segno del Male. 
Il tipo di Sabaudia aveva toppato. Aveva risposto che Abaddon era un pastore 
anglicano del diciottesimo secolo e se ne era tornato a casa a pagarsi il mutuo. 
Ben ti sta. Così impari a non sapere chi è Abaddon, il distruttore. 
Saverio prese da un cassetto una confezione di Alka-Seltzer, sciolse una compressa in un 
bicchiere e ripensò alla giornata trascorsa. Le ultime dodici ore avevano qualcosa di 
prodigioso. Tutto era cominciato con la sua decisione improvvisa di fare il grande salto 
con le Belve. Poi il rifiuto a Kurtz Minetti. Ora pure il domandone. Doveva cercare altri 
segni della presenza del Maligno nella sua vita. 
Che giorno era? Il 28 aprile. A cosa corrispondeva il 28 aprile nel calendario 
satanico? 
Andò in soggiorno a prendere la borsa del portatile. La camera era arredata con la 
collezione etnica Zanzibar. Mobili squadrati fatti di un legno nero e oleoso intarsiato con 
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losanghe di pelle di zebra. Emanavano un curioso odore speziato che alla lunga faceva 
venire mal di testa. Lo schermo al plasma Pioneer era disposto sotto un enorme mosaico 
che Serena aveva composto con gusci di vongole, cozze e pietre colorate raccolte 
all’Argentario. Avrebbe dovuto raffigurare una sirena seduta su uno scoglio che suonava 
i lunghi capelli come fossero corde di un’arpa. 
Saverio si collegò a internet e cercò su Google: calendario satanista. Scopri che il 28 
aprile non corrispondeva a nulla. Però il 30 aprile era la Notte di Valpurga. Quando c’è 
il grande raduno delle streghe in cima al monte Brocken. 
Si alzò perplesso. Per come erano andate le cose era sicuro che il 28 aprile era un 
giorno satanico. 
Anche se in verità il 28 non è lontano dal 30, la Notte di Valpurga.  
Si avvicinò allo scatolone accanto alla porta d’ingresso. Tagliò il nastro adesivo e lo 
scoperchiò. Poi come un antico paladino si inginocchiò sul tesoro, infilò le mani tra i 
trucioli di polistirolo ed estrasse la Durlindana. La sollevò tenendola con entrambe la 
mani. La lama in acciaio temperato, l’elsa in ferro forgiato e l’impugnatura ricoperta di 
pelle. Era stato a lungo indeciso se comprare una katana giapponese, ma aveva fatto 
bene a scegliere un’arma che apparteneva alla nostra tradizione culturale. Era bella da 
togliere il fiato. 
Uscì sul terrazzino, la mise davanti al disco della luna e come Orlando a Roncisvalle 
cominciò a rotearla. Avrebbe volentieri sfidato Kurtz Minetti in duello. Nella sua sede di 
Pavia. 
Io con la Durlindana e lui con l’ascia bipenne. 
S’immaginò di schivare un colpo e di girarsi e con un fendente preciso decapitare il 
sommo sacerdote. Poi avrebbe solo detto: «Venite a me! Sarete Belve». E tutti i Figli 
dell’Apocalisse si sarebbero inchinati al suo cospetto. Quella si sarebbe stata una bella 
azione. Solo che Kurtz Minetti, nonostante fosse alto un cazzo e un barattolo, era un 
discepolo di Sante Lucci, un maestro shaolin triestino. 
Saverio con una piroetta distrusse lo stendino per i panni. Il pensiero che quel gioiello 
sarebbe finito sul caminetto del suocero a Roccaraso lo faceva stare male. 
Il telefono cominciò a suonare. Lo squillo si azzittì. Serena aveva risposto. Poco dopo 
la sentì urlare: 
– Saverio è per te. Tuo cugino. Digli che la prossima volta che chiama a quest’ora gli 
faccio ingoiare i denti. 
Il leader delle Belve tornò in soggiorno e rimise la spada nella scatola, prese il 
cordless e rispose sbrigativo: – Antonio? Dimmi. 
– Ahò, cugino. Come stai? 
– Non c’è male. È successo qualcosa? 
– No, niente. Anzi si. Ho bisogno del tuo aiuto. 
Ci si metteva pure questo. Ma a nessuno sfiorava l’idea che anche Saverio Moneta aveva 
un po’ di cavoli suoi da risolvere? – No guarda… Sono incasinatissimo… Mi dispiace. 
– Aspetta. Tu non devi fare niente. Lo so che sei impegnato. Però ogni tanto ti ho 
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visto bazzicare dei ragazzetti…

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