Niccolo Ammaniti Che la festa cominci



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Niccolò Ammaniti - Che la festa cominci1

 
 
15. 
Anche Fabrizio Ciba si stava scolando un doppio scotch, seduto a un tavolino 
appartato. Non ci poteva pensare che c’era il rischio che il filmino porno girasse su 
internet. 
– Frate’! – Paolo Bocchi avanzava verso il tavolino con un altro Mojito in mano. Da 
come barcollava doveva essere già ubriaco. Gli occhi iniettati di sangue, sudato come se 
avesse appena finito una partita di basket. Sotto le maniche della giacca si erano formati 
due aloni scuri. Si era slacciato la cravatta e sbottonato la camicia, si intravedeva il 
bordo della canottiera di lana. La patta dei pantaloni era aperta. 
Il chirurgo acchiappò il collo a Fabrizio. – Che stai a fa’ solo soletto? 
Lo scrittore non ebbe nemmeno la forza di reagire. – Niente. 
– Mi hanno detto che hai letto una poesia grandiosa. Peccato, ero al cesso, me la sono 
persa. 
Ciba si accasciò sul tavolo. 
– Ti vedo abbattuto. Che è successo? 
– Rischio di fare una figura di merda planetaria. 
Bocchi si sedette sulla sedia accanto alla sua e si accese una sigaretta, prendendo 
grandi boccate. 
I due rimasero in silenzio per un po’. Poi il chirurgo sollevò la testa verso il cielo e 
cacciò fuori una nuvola di fumo. – Che palle, Fabrizio. Ancora con ’sta storia? 
– Quale storia? 
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– Quella delle figure di merda. Da quanto ci conosciamo? 
– Da troppo tempo. 
Bocchi non si offese. – Dal liceo non sei cambiato di una virgola. Sempre 
ossessionato da ’ste figure di merda. Come se ci fosse qualcuno che sta sempre a 
giudicarti. Te lo devo spiegare io? Tu fai lo scrittore e a certe cose dovresti arrivarci da 
solo. 
Fabrizio si girò spazientito verso il suo compagno di scuola. – Cosa? Di che parli? 
Bocchi sbadigliò. Poi gli prese la mano. – Allora non hai capito. Il tempo delle figure 
di merda è finito, morto, sepolto. Se n’è andato per sempre con il vecchio millennio. Le 
figure di merda non esistono più, si sono estinte come le lucciole. Nessuno le fa più, 
tranne te, nella tua testa. Ma non li vedi a questi? – Indicò la massa che applaudiva 
Chiatti. – Ci ricopriamo di letame felici come maiali in un porcile. Guarda me, per 
esempio – . Si alzò in piedi barcollando. Allargò le braccia come a mostrarsi a tutti, ma 
gli girò la testa e si dovette sedere di nuovo. – Io mi sono specializzato a Lione con il 
professor Roland Château–Beaubois, ho la cattedra a Urbino, sono un primario. Guarda 
come sto ridotto. Secondo i vecchi parametri sarei una figura di merda ambulante, un 
essere infrequentabile, un cafone impaccato di soldi, un tossico, un personaggio 
spregevole che si fa ricco sulle debolezze di quattro carampane, eppure non è così. Sono 
amato e rispettato. Vengo invitato pure alla festa della Repubblica al Quirinale e in ogni 
cazzo di trasmissione medica. Scusa, ma andando sul personale… Quel programma che 
hai fatto in televisione non era una grezza? 
Ciba provò a difendersi. – Veramente… 
– Lascia perdere, era una grezza. 
Fabrizio fece un cenno d’assenso. 
E quella storia con quella, la figlia… Non mi ricordo, vabbe’ era una figura di 
merda. 
Ciba fece una smorfia di dolore. – Vabbe’ adesso basta. 
– E che ti è successo? Nulla di nulla. Quante copie in più hai venduto con tutte queste 
teoriche figure di merda? Una cifra. E tutti dicono che sei un genio. Quindi, lo vedi che 
vieni a me? Quelle che tu chiami figure di merda sono sprazzi di splendore mediatico 
che danno lustro al personaggio e che ti rendono più umano e simpatico. Se non esistono 
più regole etiche ed estetiche le figure di merda decadono di conseguenza – . Bocchi si 
allungò verso Ciba e lo abbracciò affettuosamente. – E poi lo sai chi è l’unico che non 
ha mai fatto figure di merda in vita sua? Nemmeno una? 
Lo scrittore fece no con la testa. 
– Gesù Cristo. In trentatre anni non ne ha fatta nemmeno una. E con questo ho detto 
tutto. Adesso, però, tu mi fai un piacere. Ti prendi questa caramellina – . Bocchi tirò 
fuori dalla tasca della giacca una pillola ovale viola. 
Fabrizio la osservò sospettoso. – Cos’è? 
Bocchi sgranò gli occhi, i globi oculari gli sporgevano dalle orbite come quelli di un 
rospo delle canne, e con il tono di un vecchio mercante di spezie rare spiegò: – 
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Fenoloidrocloruro Benjorex. Questo non è un allucinogeno qualsiasi, non si trova in giro 
– . Si diede una pacca sul petto. – È speciale. Solo zio ce l’ha ’sta mercanzia. Hai 
presente i funghi magici, peyote, ecstasy, MDMA? Sono, più o meno, l’equivalente 
della Dolce Euchessina, a confronto con questa pillolina. È un farmaco schedato 
dall’associazione Human Rights Watch come arma chimica. È stato usato da 
neuropsichiatri sperimentali nelle carceri russe per far regredire all’infanzia i terroristi 
ceceni, e dall’ente della ricerca spaziale russa nelle ricerche sugli effetti psicotropi in 
assenza di gravità. Adesso ce ne facciamo una per uno e vedrai che ’sto baraccone 
improvvisamente diventerà il mondo di Oz e io e te ci divertiremo alla grande – . Cacciò 
la pillola nel taschino della giacca di Ciba, che si alzò di scatto, inorridito, e fece tre 
passi indietro. – Bocchi, tu stai veramente male. Tu, oltre che un tossico, sei anche uno 
psicopatico. Tu mi vuoi fare morire, di’ la verità. Tu mi odi. I ceceni… l’assenza di 
gravità… La fine delle figure di merda… Ti chiedo un favore. Ti imploro. Lasciami 
stare. Io e te non abbiamo avuto mai nulla in comune. Nemmeno al liceo. Non siamo 
mai stati amici, fratelli, un cazzo di nulla. Non abbiamo niente a che spartire, quindi, ti 
chiedo la cortesia, lasciami in pace e se mi incontri cambia strada. 
Bocchi gli sorrise. – Occhei – . Tirò fuori un’altra pillola, se la cacciò in bocca e si 
finì il Mojito.
16. 
Sasà Chiatti era passato a spiegare la caccia alla tigre. – Come ci insegna la tradizione 
vittoriana, la caccia alla tigre si fa con gli elefanti. Ho trovato quattro magnifici 
esemplari provenienti da un circo di Cracovia e vi ho fatto montare sopra delle ceste di 
vimini fatte a mano a Torre Annunziata, che possono contenere fino a quattro cacciatori. 
Ogni bestia è condotta da un mahut indiano, che conosce il suo animale come se stesso. 
La tigre si chiama Kira, ha cinque anni. L’ho comprata dopo lunghe trattative dallo zoo 
di Bratislava. È una splendida femmina albina, come la mia dolce metà, che ci sono 
volute anche più trattative per convincerla a stare con me. Questa caccia durerà circa tre 
ore e alla fine ci sarà una cena sulle case galleggianti. Li è stato allestito un self–service 
con piatti della cucina indiana. 
A poche decine di metri, dietro le baracche delle cucine, le Belve di Abaddon si erano 
riunite per una riunione straordinaria. – Siamo nella merda! – esordì Mantos.
Murder, con la bocca piena di bruschetta allo storione, bofonchiò: – Che succede? 
– Larita non partecipa alla caccia. 
– Ve l’avevo detto io! Quella è un’animalista, – fece Silvietta tutta contenta. 
A Mantos iniziavano a girare le palle, ma cercò di mantenere la calma. – Brava! Lo 
sapevi! E ora? E ora mi tocca mettere in atto il piano B. 
Zombie, che se ne stava da una parte immusonito, scattò in piedi. Aveva gli occhi 
gonfi e quasi tremava. – Ora basta! Non ne posso più, – sbottò. – Adesso te ne esci pure 
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con un piano B? Come se esistesse un piano A? Questa, caro Mantos, è la dimostrazione 
palese che tu non sarai mai un Kurtz Minetti o un Charles Manson. Tu… tu improvvisi. 
Questa non è una setta satanica, questa è una setta di poveracci. ’Sti due che… – indicò 
Murder e Silvietta. – Lasciamo perdere che è meglio. La verità è che non siete dei 
professionisti. Doveva finire in pizzeria ’sta storia di merda. Che errore mettermi con 
voi. Pure tu Mantos mi hai deluso. Sei arrivato qua e ci hai fatto vedere Villa Ada sulla 
piantina del Tutto Città. Ma ti rendi conto? La Durlindana… La rapiamo nei boschi… Ci 
suicidiamo… Diventiamo la setta satanica numero uno d’Italia. Ma sparate con la 
cerbottana! Sai che vi dico? Andate a fare in culo tutti quanti! – E si avviò verso la 
strada. 
Saverio guardò stravolto i due adepti: – È impazzito? Che gli è successo? 
– Lo so io che ha, – fece Silvietta, e corse dietro a Zombie. 
Murder, con la bruschetta in mano, guardò il suo leader. – Ma che sta succedendo? 
– E che ne so? È la tua fidanzata. Muoviti. 
Murder sbuffò e si allontanò di corsa, seguendola. 
Il leader delle Belve si accasciò sulla sedia coprendosi il volto con le mani. 
Come dargli torto? Non esisteva nessun piano B. E anche il piano A faceva acqua da 
tutte le parti. 

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