Niccolo Ammaniti Che la festa cominci



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Niccolò Ammaniti - Che la festa cominci1

Forse hanno ragione, mi potrei fidanzare con Simona. 
In effetti aveva parecchie frecce al suo arco l’attrice di Subiaco. Intanto era totalmente 
idiota e Fabrizio adorava le donne idiote, si abbeveravano alla sua personalità come 
frisone a un fontanile. Il segreto era non ascoltarle quando attaccavano a parlare dei 
massimi sistemi. Uno dei difetti principali delle donne idiote è una innata tendenza 
all’astrazione, a discutere di sentimenti, carattere, senso della vita, oroscopo. E 
generalmente sono del tutto prive di senso pratico e ironia. Quindi non stanno li a 
criticare ogni stronzata che fai. Nella vita di tutti i giorni sono gestibili. E poi Mariano 
Santilli, un produttore cinematografico che era stato con la Somaini per un anno, gli 
aveva raccontato che nell’ambiente domestico Simona si integrava perfettamente con 
l’arredamento. Non dava alcun fastidio. Entrava in stand–by appena varcata la soglia di 
casa. Bastava fornirle un telecomando e un tapis roulant e lei correva per ore. Non 
mangiava, lavorava come una bestia e quando non lavorava era in palestra. E, non 
ultimo, era la donna più sexy d’Italia. Il suo calendario era appeso dovunque. Milioni di 
uomini ci si massacravano di seghe e avrebbero rosicato come iene a sapere che lui era il 
fortunato che se la scopava. 
E questo è bello. 
In fondo anche Arthur Miller si era fidanzato con Marilyn Monroe. 
– Senti, Simona. Ma se ci fidanzassimo? Secondo me saremmo LA
COPPIA 
– Dici? – L’attrice sembrava lusingata e nello stesso tempo disorientata. – Ma, 
veramente? Sei troppo carino. Però non so se andremmo d’accordo… Siamo di segni 
opposti… E poi tu sei un genio, scrivi libri, e io sono una tipa alla buona, non ho niente 
da dire. Che ci fai con una come me? 
– Ti rivelo un segreto, Simona. Anche gli scrittori che sembrano così distanti in fondo 
non sono altro che la versione moderna dei cantastorie. Gente che racconta favole per 
non lavorare – . Fabrizio la strinse a sé. – Tu conosci Maiorca? – Poi con la coda 
dell’occhio vide Matteo Saporelli fare il suo ingresso nel piazzale. 
– Sono…
Le altre parole della Somaini si persero, come se una turbina gli soffiasse aria nelle 
orecchie. Si tirò indietro e si toccò la fronte. – Credo di avere la febbre, – balbettò 
preoccupato a Simona. – Scusa… Scusa un attimo – . Fabrizio barcollò verso il carretto 
dei drink. 
Che cazzata che ho fatto a venire a ’sta festa di merda. Per comprendere la reazione 
di Ciba è necessario sapere chi era e soprattutto quanti anni aveva Matteo Saporelli. Mat, 
come veniva chiamato dagli amici, aveva ventidue anni. La metà di Fabrizio. Era lui il 
vero giovane talento della letteratura italiana. Era uscito dal nulla con il suo romanzo Le 
miserie di un uomo di gusto, la storia di un cuoco che un bel giorno si sveglia e scopre di 
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aver perso il gusto, ma continua a cucinare ingannando tutti. Il libro era salito in vetta 
alle classifiche con la stessa violenza con cui lo Space Shuttle entra nella ionosfera, e li 
era rimasto. In un solo anno il giovane era riuscito a fare il grande slam: Strega, 
Campiello e Viareggio. 
Fabrizio non poteva aprire un giornale, cambiare un canale, che gli si parava davanti 
l’odiosa faccia da sbarbatello di Saporelli. Dovunque ci fosse da rispondere a domande, 
dare un’opinione, lui c’era. Il problema della castrazione dei gatti di Trastevere? La 
terza corsia sulla Salerno – Reggio Calabria? L’uso dei cortisonici nella cura delle 
ragadi anali? Lui aveva la risposta pronta. Ma quello che faceva veramente stare male 
Ciba era che le donne gli sbavavano dietro, dicevano che somigliasse a Rupert Everett 
da giovane. Per finire Saporelli era pubblicato dalla sua stessa casa editrice, la 
Martinelli. E negli ultimi anni gli aveva rotto il culo quanto a vendite. 
Gli avevano raccontato che la sua redattrice (tra l’altro era anche la redattrice di 
Fabrizio) per festeggiare la vittoria dello Strega gli avesse fatto un pompino nei bagni 
del ninfeo di Villa Giulia. 
Che troia. A me non me l’ha mai fatto. Anche quando ho vinto il Médicis in Francia. 
Che vale mille volte di più. 
Lo squadrò. Con i jeans stirati, i mocassini, la camicia bianca, un golf legato sulle 
spalle e le mani in tasca voleva passare per il bravo ragazzo, modesto e senza pretese. 
Uno che non si era montato la testa. 
Che ipocrisia! Quell’essere subdolo gli dava il voltastomaco. 
Ma a me non mi freghi. Ti aspetto al prossimo romanzo. 
Fabrizio era così concentrato a schifarlo che ci mise un po’ a rendersi conto che 
Saporelli stava parlando con Federico Gianni. L’amministratore delegato della 
Martinelli diede una pacca sulla spalla al giovane scrittore e cominciarono a sganasciarsi 
dalle risate. 
Sono pappa e ciccia. 
Gli tornarono alla mente le parole che aveva detto quel falsone di Gianni alla 
presentazione dell’indiano. Vide che ai due si era aggiunto quel vecchio trombone di 
Tremagli con la moglie, un troll con le tette. Chiaramente il critico si era sperticato in 
elogi parlando del romanzo di Saporelli. «La letteratura italiana riprende il volo sulle ali 
di Saporelli», aveva avuto il coraggio di scrivere. 
Fabrizio si fece fuori un altro scotch. 
Era arrivato il momento di affrontare Gianni. Cominciò a scaldarsi pensando al 
grande Muhammad Ali. Fece due passi ma si fermò di colpo. Che diavolo stava 
facendo? 
Regola numero uno: Mai mostrare che rosichi. 
Molto meglio levare le tende portandosi dietro la più figa della festa. Si avvicinò a 
Simona Somaini, che era al centro di un capannello di attori della serie Delitti in 
carrozza. 
– Scusatemi. Ve la porto via un attimo, – fece agli altri sorridendo a denti stretti, poi 
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prese l’attrice per un polso e, paonazzo in volto, le disse sottovoce: – Ti devo parlare. È 
importante. 
Lei sembrò un po’ scocciata. – Che succede, Fabrizio? 
– Ascoltami. Andiamocene. Tra poco c’è un aereo che parte per le Baleari… 
– Le Baleari? 
– Ah, giusto. Allora… Sono delle isole spagnole nel mare. A Maiorca, una delle isole 
Baleari appunto, ho una casa nascosta sulle montagne. Un nido d’amore. Partiamo 
subito. Se facciamo presto riusciamo a prendere ancora un aereo. 
L’attrice lo guardava perplessa. – Ma ora stiamo alla festa. Perché dobbiamo 
andarcene? È bellissimo. Ci stanno tutti. 
Lui le prese il braccio e si abbassò come se dovesse rivelarle un segreto. – Per questo, 
Simona! Noi non dobbiamo stare dove stanno tutti. Noi due siamo speciali. Siamo LA 
COPPIA. Non ci dobbiamo confondere con gli altri. Ci facciamo notare mille volte di 
più se ce ne andiamo. 
Simona non era tanto convinta. – Dici? 
– Ascoltami. Non è difficile da cap… – Ma le parole gli morirono sulla lingua. 
Simona Somaini stava subendo una trasformazione somatica. I capelli le si stavano 
gonfiando e diventavano più lucidi e vaporosi, come nella pubblicità di un balsamo. Le 
tette le si arrampicavano sul torace quasi infastidite dall’inutile vestito che le velava. 
Guardava fissa davanti a sé come se ci fosse stato il Messia che camminava sulle acque 
della fontana. Poi posò di nuovo lo sguardo su Fabrizio e tirò su con il naso. Era 
commossa. – Non ci credo! Quello è… Quello è Matteo Saporelli… Oddio… Dimmi 
che lo conosci, ti prego. Certo che lo conosci, siete scrittori tutti e due. Io lo stimo e ci 
devo andare a parlare ora, subito. Morin sta facendo un film dal suo romanzo. 
Fabrizio fece due passi indietro inorridito, come se si trovasse davanti 
un’indemoniata. Se avesse avuto a portata di mano dell’acqua santa gliel’avrebbe gettata 
addosso. – Tu sei un mostro! Non ti voglio vedere mai più – . A grandi falcate attraversò 
il piazzale e il giardino all’italiana e arrivò praticamente correndo alla stazione. 
Il treno non c’era. 
Si avvicinò a una hostess. – Dov’è? Tra quanto arriva? 
La hostess guardò l’orologio al polso. – Tra un quarto d’ora circa. 
– Tra così tanto? Non c’è un altro modo per andarsene? 
– A piedi. Ma non glielo consiglio, è pieno di animali selvatici. 
Un cameriere lo raggiunse di corsa. Prima di parlare riprese fiato. – Signor Ciba! 
Signor Ciba! Mi scusi, il dottor Chiatti le vorrebbe parlare. Potrebbe seguirmi?

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