I persecutori non tedeschi nell'Europa centrale e orientale



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Anche l'amministrazione autonoma lettone e la polizia ausiliaria locale erano parimenti coinvolte nella persecuzione e nello sterminio degli ebrei. Esse avevano tra l'altro il compito di attuare localmente i provvedimenti antiebraici tedeschi, tra i quali la ghettizzazione, il lavoro coatto e le espropriazioni. Dei poliziotti lettoni di Riga, circa 500 furono impiegati nei due grandi massacri di Rumbula, il 30 novembre e l'8 dicembre 1941. Essi isolarono la via che collegava il ghetto con il luogo dell'esecuzione e sorvegliarono le vittime durante il trasferimento. Anche in altre città e nelle campagne i poliziotti ausiliari parteciparono ad azioni analoghe. Gli uomini della polizia ausiliaria locale contribuirono con un importante lavoro preparatorio alle fucilazioni di massa del 1941 nelle campagne. Essi radunavano le vittime ebree, le sorvegliavano e le conducevano nel luogo stabilito per la fucilazione. Le esecuzioni stesse venivano eseguite da unità di sterminio ora tedesche, ora lettoni, ora miste34.

Estonia | Le proporzioni della partecipazione estone all'Olocausto furono relativamente ridotte in confronto agli altri stati baltici: infatti all'inizio della campagna militare nazista in Europa orientale, in Estonia vivevano appena 4500 ebrei circa. La maggior parte di essi riuscì a sfuggire alle truppe tedesche, dal momento che l'Estonia fu occupata soltanto nell'agosto 1941. A cadere in mano ai tedeschi furono “soltanto” circa 1000 ebrei estoni. Non vi fu qui alcun pogrom antiebraico. Gli occupanti tedeschi imposero però, subito dopo l'invasione, i regolamenti e divieti antiebraici dal loro punto di vista “usuali”, quali l'obbligo di riconoscimento tramite contrassegno e la confisca dell'intero patrimonio ebraico. L'amministrazione e la polizia estoni istituite dagli occupanti diedero attuazione a queste disposizioni. Successivamente il corpo di “autodifesa” [Selbstschutz ] estone iniziò, certamente su disposizione tedesca, ad arrestare ogni ebreo maschio sopra i sedici anni e ogni ebrea atta al lavoro di età compresa tra i sedici e i sessant'anni. Le donne ebree arrestate furono condotte ai lavori forzati, mentre gli uomini, a eccezione dei medici e dei capi anziani ebrei [Judenältesten ], furono fucilati dalle squadre dell'“autodifesa” estone sotto la sorveglianza dell'Einsatzkommando 1a. Nel corso dell'inverno 1941-42 furono eliminati i rimanenti ebrei, compresi donne e bambini. Il 31 gennaio 1942 l'Einsatzgruppe A annunciava: “Oggi, in Estonia, non ci sono più ebrei”35.

0002000070 ‣ Ucraina . Le truppe tedesche occuparono la Repubblica Sovietica di Ucraina nell'estate del 1941 in modo relativamente lento rispetto agli altri territori occupati. Il 29 giugno 1941 esse invasero Leopoli, per arrivare a Kiev soltanto il 19 settembre e occupare l'intera Ucraina nel mese di ottobre. Dei circa 41 milioni di abitanti, circa 32 milioni restarono in Ucraina fino all'arrivo dei tedeschi. Dei rimanenti, alcuni furono evacuati, altri arruolati nell'Armata Rossa, altri ancora fuggirono all'estero. Tra i profughi gli ebrei costituivano un gruppo abbastanza cospicuo; soprattutto nei distretti più orientali più della metà di essi riuscì a fuggire36. Per gli invasori tedeschi era da escludere la concessione di un'autonomia politica all'Ucraina, tanto più la sua indipendenza. Essi architettarono piani a medio e lungo termine volti a germanizzare l'Ucraina, mentre a breve termine mirarono a sfruttare spietatamente le risorse dell'ex regione sovietica a favore dell'economia di guerra nazista37. Tali circostanze esclusero la possibilità di qualsiasi forma di collaborazione politica in Ucraina. Ciononostante migliaia di ucraini erano al servizio degli invasori tedeschi, sia come poliziotti ausiliari, sia nell'“amministrazione autonoma”, nel settore economico, sia in unità militari costituite a partire dal 1943. E i tedeschi impiegarono queste forze anche nella persecuzione e nello sterminio degli ebrei. Del milione e mezzo di ebrei che, in territorio ucraino, finirono in mano a tedeschi e rumeni (circa 150.000 in Transnistria), ne sopravvisse soltanto un numero esiguo38. Già dopo il ritiro delle truppe sovietiche nel giugno-luglio del 1941, in molte città e in molte località dell'odierna Ucraina occidentale si ebbero sanguinosi pogrom e massacri: in essi persero la vita migliaia di ebrei, ma anche un numero non indifferente di non ebrei. A scatenare i pogrom fu spesso la scoperta di crimini sovietici. Tra le persecuzioni più sanguinose vi furono quelle di Leopoli, Zloczew, Borislav e Tarnopol. Il numero delle vittime dei singoli pogrom oscillava tra alcune decine e le migliaia, come nei casi di Leopoli e Tarnopol39. Dopo qualche giorno i pogrom cessarono e i tedeschi diedero avvio a un'opera sistematica di persecuzione e di sterminio degli ebrei ucraini, nella quale si avvalsero del supporto della polizia ausiliaria e dell'amministrazione autonoma ucraine da loro istituite.

La prima tappa verso l'annientamento totale degli ebrei di Ucraina è costituito dall'eccidio di massa di 23.600 ebrei a Kamenec-Podolski tra il 26 e il 28 agosto 1941, compiuto dalle forze di sicurezza e di polizia tedesche. L'intera comunità fu cancellata nell'arco di tre giorni. Fino ad allora gli Einsatzkommandos tedeschi in Ucraina avevano eliminato soprattutto ebrei maschi, in primo luogo rappresentanti dell'“intellighenzia” ebraica, accusati spesso di attività filo-sovietiche o “soltanto” di simpatie. A partire dalla fine di luglio i commando cominciarono a uccidere anche donne e bambini ebrei, e l'eccidio di massa di Kamenec-Podolski rappresentò il momentaneo culmine di quest'ondata di violenza, cui presto seguirono i massacri di Berdiccev e Zhytomyr, il 15 e il 19 settembre. L'apice successivo fu l'eccidio, il 29-30 settembre a Babi-Yar, di oltre 33.000 ebrei di Kiev (uomini, donne e bambini). In numerose città dell'Ucraina orientale ebbero luogo “azioni su larga scala” dello stesso genere. Ma anche gli ebrei dell'Ucraina occidentale non furono risparmiati; circa 30.000 di essi furono fucilati tra il settembre e il novembre 194140. A partire dal settembre 1941, le autorità tedesche cominciarono a istituire ghetti riservati agli ebrei. Dopo l'estate del 1941 sorsero anche numerosi campi di lavoro: in essi i detenuti ebrei, ma anche i prigionieri di guerra sovietici, dovevano eseguire lavori forzati, principalmente per la costruzione di strade. A partire dalla primavera del 1942 i tedeschi passarono allo “sgombero” sistematico dei ghetti, cioè ad uccidere in massa tutti gli ebrei in essi rinchiusi. Nell'Ucraina orientale ciò fu attuato localmente da plotoni di esecuzione tedeschi; quanto alle regioni occidentali, a partire dal marzo 1942, i nazisti deportarono migliaia di ebrei nel campo di sterminio di Bełżec, il resto delle vittime fu massacrato sul posto. All'inizio del 1943, in territorio ucraino, del milione e mezzo di ebrei finito dopo il 22 giugno 1941 in mano tedesca e anche rumena ne restavano appena 200.000. Entro l'estate 1943 anche questi furono eliminati, a eccezione di pochi superstiti41.

In tutte le fasi dello sterminio degli ebrei ucraini gli autori tedeschi degli eccidi si avvalsero della collaborazione ucraina, una collaborazione in parte ottenuta con gli ordini, in parte imposta con la forza, in parte volontaria. In primo luogo si trattava della polizia ausiliaria ucraina, istituita immediatamente dopo l'invasione tedesca. I suoi membri avevano il compito di pattugliare [Einzeldienst ] le campagne e le città, sotto il controllo dei tedeschi. In occasione degli eccidi di massa del 1941 i compiti della polizia locale consistevano nel rastrellare le vittime, sorvegliarle e condurle al luogo stabilito per la fucilazione. I plotoni di esecuzione erano composti, il più delle volte, da tedeschi. In questo modo i poliziotti ausiliari ucraini parteciparono a tutte le fucilazioni di massa del 1941, come quelle di Kamenec-Podolski, Babi-Yar, Sokal, Zhytomyr, Rovno, Krivoj Rog e di Dnepropetrovsk. I poliziotti ausiliari partecipavano di tanto in tanto anche come tiratori nelle fucilazioni degli ebrei presso le fosse. Il 6 settembre 1941, a Radomyscl, il Sonderkommando 4a dell'Einsatzgruppe C fucilò 1107 ebrei adulti, i poliziotti ausiliari ucraini uccisero 561 bambini ebrei; la polizia ausiliaria collaborò probabilmente a sparare anche a Mariupol e a Bulin, nei pressi di Zhytomyr, nel settembre 1941. Occasionalmente la polizia ausiliaria ucraina eseguì autonomamente azioni di fucilazione, naturalmente sempre su ordine tedesco, come ad esempio nel distretto di Ccernihov. In quell'area poliziotti ausiliari, il 22 ottobre 1941, fucilarono ebrei a Kozelec, a novembre a Radul e Sosnica e il 9 febbraio 1942 a Korop42.

Nella seconda fase dello sterminio degli ebrei, nell'ambito delle operazioni di “sgombero dei ghetti”, nel 1942 e anche nel 1943, i poliziotti locali dovettero nuovamente prestare un'importante opera di supporto. Le unità tedesche e la polizia ausiliaria locale sbarrarono innanzi tutto i ghetti. Piccoli gruppi, composti da poliziotti tedeschi e ucraini, perquisivano sistematicamente le case, portando fuori dalle loro abitazioni le vittime e facendole confluire in un luogo di raccolta. Coloro che non erano in grado di correre (malati, o spesso bambini molto piccoli) o che tentavano la fuga, venivano uccisi sul posto. Dal luogo di raccolta i poliziotti ausiliari conducevano le vittime al luogo di esecuzione, isolavano la zona e sorvegliavano gli ebrei fino al momento della loro fucilazione. Autori di tali fucilazioni erano i tedeschi; non di rado, tuttavia, anche i poliziotti ausiliari ucraini collaboravano a sparare. Alcune azioni furono da essi eseguite anche senza la partecipazione diretta dei tedeschi43.

Le deportazioni nel campo di sterminio di Bełżec, seguivano uno schema analogo, tranne che per le fucilazioni. Gli autori tedeschi e ucraini di tali deportazioni, infatti, non conducevano le vittime dal luogo di raccolta al luogo di fucilazione, ma alla stazione ferroviaria più vicina; là le caricavano in vagoni bestiame e sorvegliavano il treno fino al suo ingresso nel campo di sterminio, dove le vittime venivano eliminate nelle camere a gas44. Le operazioni di “sgombero dei ghetti” degeneravano sempre in sanguinose carneficine, nelle quali venivano compiuti omicidi, saccheggi e non di rado stupri. I pochi ebrei sopravvissuti raccontano che sarebbero stati proprio i poliziotti ucraini a dimostrare particolare crudeltà. Dopo aver liquidato i ghetti, le autorità tedesche ordinavano la caccia agli ebrei fuggitivi e nascosti. Anche in questo caso i poliziotti ausiliari locali svolsero un ruolo importante. Essi riuscivano a scovare gli ebrei nascosti uccidendoli quindi sul posto oppure consegnandoli alla polizia tedesca per la fucilazione. Di grande importanza erano le informazioni ricevute dalla popolazione, che rivelava i nascondigli delle vittime45. Poco studiata è invece la partecipazione allo sterminio ebraico dei battaglioni di polizia ucraina costituiti a partire dal 1942. Si può tuttavia presumere che gli organi di occupazione tedeschi si servissero di tali corpi nelle azioni omicide, soprattutto in Volinia-Podolia. I battaglioni di polizia ucraini erano comunque dislocati prevalentemente in Bielorussia, dove erano impegnati nella lotta contro i partigiani sovietici. In quella regione essi erano impiegati abbastanza spesso dalle forze di sicurezza tedesche, anche nello sgombero dei ghetti e nelle fucilazioni di ebrei46. I membri delle amministrazioni comunali ucraine ebbero un ruolo altrettanto importante nella persecuzione contro gli ebrei, pur partecipando alla loro eliminazione “solo” indirettamente. Essi, infatti, dovevano tra l'altro provvedere a che gli “usuali” regolamenti e provvedimenti antiebraici imposti dagli occupanti tedeschi, quali le ghettizzazioni e le espropriazioni, venissero eseguiti a livello locale. È difficile valutare quanti ucraini furono coinvolti direttamente nello sterminio tedesco degli ebrei; di sicuro bisogna presumere parecchie decine di migliaia: tra le 30 e le 40mila persone47.

I cosiddetti uomini di Trawniki [Trawniki-Männer ] rappresentano un caso a sé. Si tratta di un'unità che Odilo Globocnik, capo della polizia e delle SS nel distretto di Lublino, provvide a istituire nel 1941, scegliendo proprio la città di Trawniki, presso Lublino, come centro di addestramento. La stragrande maggioranza dei suoi componenti veniva reclutata tra le file dei prigionieri di guerra sovietici, e successivamente anche tra la popolazione civile, di diversa origine etnica. Tra gli uomini di Trawniki vi erano persone di etnia tedesca, baltici, russi e ucraini, sebbene questi ultimi costituissero il gruppo più numeroso. Il numero degli uomini di Trawniki ammontava nel 1943 a circa 4000 unità. I loro superiori tedeschi ne fecero corpi di guardia per i campi di sterminio di Bełżec, Sobibór e Treblinka. Gli uomini di Trawniki furono impiegati regolarmente anche negli “sgomberi dei ghetti” nella Polonia centrale, il cosiddetto Governatorato generale. Nel 1943 essi presero parte anche alla repressione della rivolta scoppiata nel ghetto di Varsavia. Non senza motivo, essi vengono definiti come la “fanteria” della “Soluzione finale” nel Governatorato generale48.

0002000070 ‣ Bielorussia . Entro gli odierni confini della Bielorussia vivevano, nel giugno 1941, dai 650.000 ai 680.000 ebrei circa, il 6,5% della popolazione complessiva. Si può stimare che dai 150.000 ai 180.000 di essi dopo il 22 giugno 1941 furono evacuati o fuggirono a est per sfuggire alle truppe tedesche. Gli ebrei rimanenti, circa mezzo milione, furono sterminati durante l'occupazione tedesca49. L'eliminazione degli ebrei bielorussi iniziò subito con l'invasione delle truppe tedesche che occuparono la Bielorussia in modo relativamente rapido. Nelle prime settimane di guerra i commando di sterminio tedeschi dell'Einsatzgruppe B, i battaglioni di polizia e la cavalleria delle SS uccisero prevalentemente ebrei maschi, rappresentanti della cosiddetta “intellighenzia ebraica”. Ad agosto e settembre lo sterminio incluse anche le donne e i bambini ebrei, e furono eliminate le prime comunità ebraiche più piccole, per un totale di 1000 vittime. All'inizio di ottobre del 1941 ebbe inizio lo sterminio totale degli ebrei nei territori orientali della Bielorussia. Neanche le regioni occidentali furono risparmiate: gli Einsatzkommandos decimarono qui comunità ebraiche, senza tuttavia annientarle del tutto. La pianura bielorussa (la maggioranza degli ebrei viveva nelle città) fu resa “libera da ebrei” [judenfrei ] entro la fine del 1941. Le vittime vennero in parte uccise, in parte trasferite nei ghetti ricavati all'interno delle città. Nelle regioni orientali della Bielorussia, che si trovavano sotto amministrazione militare, rimasero in vita fino all'inizio del 1942 ancora circa 30.000 ebrei50.

A partire dall'estate 1941 gli ebrei ancora in vita furono privati dei loro diritti, espropriati, concentrati nei ghetti e condotti ai lavori forzati. Ma anche il loro destino era segnato. Prima dell'estate del 1942 gli squadroni di sterminio uccisero la maggior parte degli ebrei sopravvissuti provenienti dai territori della Bielorussia orientale, posta sotto l'amministrazione militare tedesca. Nella parte occidentale, sotto amministrazione civile, a partire dall'inizio del 1942, si ebbero stragi analoghe. La grande ondata dello sterminio iniziò qui però “solo” nel maggio 1942. All'inizio del 1943 vivevano in Bielorussia ancora 30.000 ebrei ammassati in ghetti nelle città più grandi quali, ad esempio, Minsk, Lida o Novogrodek. Entro la fine del 1943 anche questi ghetti vennero “sgomberati”, cioè i loro occupanti furono uccisi direttamente sul posto nelle fosse di fucilazione oppure deportati e uccisi nei campi di sterminio (principalmente a Treblinka, ma anche ad Auschwitz). Si calcola che gli ebrei bielorussi caduti vittime dell'Olocausto siano stati almeno 500.000. A sopravvivere furono coloro che scapparono prima dell'invasione tedesca e le poche migliaia di ebrei che riuscirono a nascondersi, più che altro nei boschi, come partigiani o presso reparti di partigiani51. Gli artefici di questo sterminio furono gli invasori tedeschi che presero la decisione del massacro, lo organizzarono e lo portarono a compimento. Ma anche in Bielorussia vi furono migliaia di complici autoctoni che diedero il loro appoggio agli occupanti tedeschi nella persecuzione e nello sterminio degli ebrei. A differenza di altre regioni dell'Est europeo, in Bielorussia, subito dopo l'invasione tedesca, non vi furono quasi pogrom con la partecipazione della popolazione locale. Un'eccezione rappresentò la regione polacca a ovest di Bialystok, che dal 1939 al 1941 aveva fatto parte della Repubblica Sovietica di Bielorussia (si veda oltre).

Anche gli eccidi avvenuti nei primi mesi dell'occupazione tedesca e rivolti contro la cosiddetta “intellighenzia ebraica”, contro funzionari sovietici e membri del partito e altri “elementi filo-sovietici”, vennero commessi in larga parte autonomamente da tedeschi. In primo luogo da membri dell'Einsatzgruppe B, battaglioni di polizia e anche da soldati della Wehrmacht. In queste azioni si distinsero particolarmente i reggimenti di cavalleria delle SS che, nell'agosto 1941, in Polesia, sterminarono intere comunità di ebrei. Nel contesto di tali azioni, gli abitanti locali (bielorussi, polacchi e ucraini) svolsero un ruolo subordinato, ma non secondario. Essi aiutarono gli autori tedeschi degli eccidi a individuare le vittime e persino a scavare le fosse. Tuttavia compirono ciò, di regola, dietro espresso ordine dei tedeschi. Abbiamo anche notizia di casi di partecipazione diretta al rastrellamento delle vittime ebree52. Ad esempio componenti del primo reggimento di cavalleria delle SS che condussero l'operazione di sterminio nella cittadina di Motol, circa 200 km a sud-est di Minsk, promisero dolciumi a bambini non ebrei a patto che questi denunciassero gli ebrei nascosti. Alla caccia agli ebrei presero parte anche gli adulti53. A partire dal settembre 1941 gli occupanti tedeschi passarono ad eliminare sistematicamente, in tutto il paese, comunità ebraiche e a concentrare nei ghetti gli abitanti ebrei superstiti. Nel far questo si affidarono in misura molto maggiore alla collaborazione delle forze locali. In questo caso si trattava in primo luogo di una complicità istituzionalizzata e disposta su ordine degli uffici tedeschi che riguardava le amministrazioni comunali e la polizia ausiliaria, istituite dagli occupanti tedeschi. Le amministrazioni comunali locali avevano il compito di registrare gli ebrei che vivevano nei loro comprensori e le proprietà di questi, di provvedere alla ghettizzazione e di amministrare le proprietà sottratte agli ebrei. A tali operazioni dovevano collaborare però anche i Consigli ebraici [Judenräte ], istituiti dai tedeschi54.

Esemplare per la collaborazione delle forze locali all'Olocausto in Bielorussia è il massacro, del 9 novembre 1941, di circa 1500 abitanti ebrei di Mir, una cittadina 100 km a ovest di Minsk con una popolazione compresa tra i cinque e i seimila abitanti. Nelle prime ore del mattino del 9 novembre, poliziotti ausiliari bielorussi e soldati tedeschi cominciarono a prelevare dalle loro abitazioni i cittadini ebrei, conducendoli sulla piazza del mercato. Si sparava su chi tentava di fuggire. All'ospedale tre poliziotti ausiliari e due tedeschi uccisero più di 15 pazienti ebrei. Gli autori dell'eccidio spararono ugualmente agli ebrei rastrellati nella piazza. Le strade e il mercato erano disseminati di cadaveri. Alcuni cittadini non ebrei parteciparono alla caccia all'uomo; si misero sulle tracce degli ebrei nascosti, denunciandoli ai poliziotti o ai soldati e gendarmi tedeschi55. Dopo aver selezionato i lavoratori qualificati, che vennero in un primo momento risparmiati, i tedeschi e i poliziotti ausiliari condussero le vittime nel luogo di esecuzione, esterno alla cittadina. Giunti nel luogo prestabilito, i tedeschi insieme ai poliziotti ausiliari bielorussi fucilarono uomini, donne e bambini ebrei nelle fosse precedentemente scavate. Più tardi la popolazione non ebrea dovette rimuovere i cadaveri dalle strade. Al massacro parteciparono tutti i poliziotti ausiliari di Mir e di almeno due altre località vicine, oltre ai soldati e gendarmi tedeschi. Gli autori bielorussi dell'eccidio erano più numerosi dei tedeschi, che però detennero il comando per tutta la durata dell'operazione56.

Già cinque giorni prima del massacro di Mir, il 4 novembre, in due piccoli centri limitrofi, Turets e Yeremicci, ebbero luogo fucilazioni degli ebrei locali. Poliziotti ausiliari bielorussi, sotto la supervisione tedesca, li rastrellarono e li fucilarono in fosse scavate in precedenza. Le vittime furono 100 a Yeremicci e circa 500 a Turets57. Allo sterminio di Mir, il 9 novembre, sopravvissero circa 800 ebrei, per i quali fu istituito un ghetto sorvegliato dalla polizia ausiliaria locale. Gli altri ebrei, sparsi per le campagne, furono eliminati nell'inverno 1941-42 nel corso di singole azioni omicide. Queste azioni furono eseguite da gendarmi tedeschi assistiti da poliziotti ausiliari locali. Comunque anche il destino degli ebrei rimasti a Mir era segnato. La gendarmeria tedesca fissò l'operazione di sterminio finale per il 13 agosto. In precedenza il capo bielorusso della polizia ausiliaria aveva fatto scavare una fossa comune nel bosco vicino. Il giorno precedente l'azione, la sorveglianza del ghetto fu intensificata e il 13 agosto, alle prime luci del giorno, a Mir giunse a rinforzo un gruppo di poliziotti ausiliari di Baranaviccy. Essendo stati avvisati dell'imminente azione, circa 250 ebrei del ghetto riuscirono a scappare. Gli altri, circa 560 persone, prevalentemente anziani, donne e bambini, furono caricati su furgoni, trasportati al luogo di esecuzione e uccisi. L'intera azione si svolse sotto sorveglianza e direzione di gendarmi tedeschi. I poliziotti ausiliari parteciparono sia al rastrellamento sia all'isolamento del luogo di esecuzione, come pure alla fucilazione58. Analogamente a quanto avvenne a Mir e dintorni, dall'autunno 1941 alla fine del 1942 si svolsero azioni di sterminio di ebrei in centinaia di altre città e località della Bielorussia. Tutte queste operazioni furono organizzate, dirette ed eseguite da forze tedesche: la gendarmeria, la polizia di pubblica sicurezza [Sicherheitspolizei ], l'amministrazione civile tedesca (nelle regioni occidentali) e l'amministrazione militare (nella Bielorussia orientale). Nella maggior parte delle azioni, tuttavia, prevalsero numericamente i poliziotti ausiliari locali, che comunque vi parteciparono dietro ordine impartito dai superiori tedeschi.

La polizia ausiliaria di Mir, nel periodo compreso tra l'estate del 1941, quando essa venne istituita dalle forze di occupazione tedesche, fino al settembre 1942, era costituita da circa 30 fino a 40 uomini, tutti tra i 25 e i 35 anni di età. Essi erano prevalentemente bielorussi, ma alcuni erano anche di origine polacca o tartara. Provenivano dalla zona di Mir e si erano arruolati volontariamente. Soltanto a partire dall'estate 1942, quando il pericolo partigiano si fece sempre più acuto, gli occupanti tedeschi cominciarono a imporre il reclutamento obbligatorio della polizia ausiliaria. Nell'autunno 1942, nella polizia ausiliaria di Mir furono così reclutati più di 150 bielorussi, con l'ordine di combattere i partigiani sovietici sotto la supervisione dei tedeschi. In tale ambito i gendarmi tedeschi e i poliziotti ausiliari bielorussi commisero molti crimini contro la popolazione civile bielorussa e polacca59. In tutto il Commissariato generale della Russia Bianca (che oggi corrisponde alla Bielorussia occidentale), alla fine del 1941, nella polizia ausiliaria prestavano servizio complessivamente 3680 bielorussi, nell'estate del 1942 essi erano circa 4500, per superare, un anno dopo, quota 13.000. Nel complesso si calcola che, nel 1943, nell'intero territorio bielorusso vi fossero approssimativamente 50.000 poliziotti ausiliari locali (suddivisi tra servizio d'ordine [Ordnungsdienst ] e squadre di difesa [Schutzmannschaften ]). Tra le nazionalità prevalevano i bielorussi, ma nelle regioni orientali prestavano servizio anche non pochi russi e in quelle occidentali poliziotti ausiliari ucraini e polacchi; questi ultimi, però, furono a poco a poco dimessi60.


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