I persecutori non tedeschi nell'Europa centrale e orientale



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Riguardo alla questione ebraica, gli organi tedeschi in Ungheria e il nuovo governo ungherese si accordarono piuttosto rapidamente: essa, alla fine, sarebbe dovuta essere “risolta” in senso tedesco, cioè con la deportazione nei campi di sterminio della Polonia occupata. L'iniziativa in tal senso sarebbe partita da parte ungherese. Adolf Eichmann ricevette da Heinrich Himmler l'incarico di organizzare e coordinare lo sterminio. Eichmann portò con sé in Ungheria un commando formato da 60-80 “esperti di Olocausto” tedeschi90. Il lavoro logistico sul luogo (il concentramento e l'allestimento dei convogli con le vittime) sarebbe stato compito delle autorità e delle forze di polizia ungheresi. Per prima cosa il nuovo governo emanò una serie di leggi antiebraiche, introducendo tra l'altro per tutti gli ebrei l'obbligo di portare un contrassegno (a partire dal 5 aprile) e ordinandone il concentramento. Il territorio fu diviso in sei zone, nelle quali gli ebrei furono concentrati in ghetti appositamente predisposti, per poi essere deportati su vagoni ferroviari ad Auschwitz91. Il 16 aprile 1944 le autorità ungheresi iniziarono con il concentramento degli ebrei nella prima zona (l'Ucraina subcarpatica e quattro distretti limitrofi), le successive zone seguirono via via. Il concentramento avveniva in questo modo: dapprima gli ebrei venivano condotti dai villaggi nella prossima città più grande e trasferiti qui negli appositi campi di concentramento. La gendarmeria ungherese aveva l'ordine di sequestrare tutte le proprietà degli ebrei a eccezione dei bagagli a mano. Dai campi di concentramento la polizia ungherese conduceva le vittime nelle stazioni e le caricava in vagoni predisposti da ferrovieri ungheresi. Attraverso la Slovacchia i treni raggiungevano Auschwitz. L'intera operazione era condotta da forze di polizia locali, normalmente da uomini dalla gendarmeria reale ungherese. I primi convogli partirono il 14 maggio 1944, sempre dalla prima zona. Il 6 luglio 1944, tuttavia, il governo ungherese bloccò le deportazioni, impedendo che tutti gli ebrei ungheresi fossero inviati ad Auschwitz; il 9 luglio l'ultimo treno di deportati raggiunse Auschwitz. Il motivo del blocco era l'enorme pressione a livello di politica estera sul governo ungherese, una pressione alla quale quest'ultimo difficilmente riuscì a opporsi, delineandosi sempre più chiaramente la sconfitta della Germania92.

Dal 14 maggio al 9 luglio 1944, secondo i dati forniti dai tedeschi, furono deportati 437.402 ebrei, mentre fonti ungheresi parlano di 434.351 ebrei deportati dall'Ungheria in 147 treni. Nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, dal 16 maggio all'11 luglio 1941, arrivarono 141 treni con ebrei ungheresi. Quattro treni raggiunsero Straßhof, nei pressi di Vienna, in cui gli ebrei classificati abili al lavoro furono impiegati nei lavori forzati. Ad Auschwitz, fino all'11 luglio, furono deportati circa 425.000 ebrei ungheresi, ai quali si aggiunsero ancora 5000 persone provenienti da campi di internamento e da prigioni93. Dopo l'arrivo a Birkenau aveva luogo la selezione: il personale tedesco e prigionieri incaricati [Funktionshäftlinge ] selezionavano per i lavori forzati ebrei giudicati abili al lavoro: in tutto questi furono circa 110.000. Gli altri deportati (tutti i bambini e gli anziani, così come le donne e gli uomini classificati inabili al lavoro), in totale 320.000 persone, furono sterminati in camere a gas subito dopo la selezione94. Inoltre, nel 1944, le autorità ungheresi consegnarono ancora ai tedeschi oltre 90.000 ebrei magiari, che furono impiegati nei lavori forzati nel territorio del Reich. Dei circa 200.000 ebrei ungheresi complessivi deportati per i lavori forzati (110.000 furono selezionati ad Auschwitz per le camere a gas), circa 74.000 sopravvissero alla guerra, gli altri (circa 126.000) furono sterminati o morirono in seguito alle disumane condizioni di vita e di lavoro95. Un ruolo decisivo nel concentramento e nella deportazione fu svolto dai gendarmi ungheresi, sotto la guida del tenente colonnello Ferenczy. Essi adottavano procedure estremamente brutali. Inoltre gendarmi facevano parte delle squadre che accompagnavano i convogli di deportati fino al confine slovacco. Alla frontiera, la polizia di pubblica sicurezza [Ordnungspolizei ] tedesca assumeva il controllo dei treni e li scortava fino ad Auschwitz. Nelle deportazioni furono impiegati complessivamente circa 20.000 gendarmi, e tutti dimostrarono uno zelo notevole96. Eichmann, dopo la guerra, dichiarò ripetutamente: “Il ritmo [della gendarmeria ungherese] era talmente elevato che Auschwitz faceva una gran fatica [...] a far fronte a tutti quei convogli”97.

La fine della deportazione non rappresentò assolutamente la fine dello sterminio degli ebrei in Ungheria. Il 16 ottobre 1944, su pressione dei tedeschi, il reggente [Reichsverweser ] Miklós Horthy rassegnò le sue dimissioni e il capo del movimento fascista delle Croci Frecciate, Szalasi, riunì in un'unica persona le cariche di reggente e capo del Governo. Con l'ascesa al potere delle Croci Frecciate si scatenò un'ondata di violenze antisemite, che prese di mira soprattutto i circa 120.000 ebrei di Budapest, risparmiati dalle deportazioni. Circa 4000 Croci Frecciate di Budapest costituirono delle squadre di sterminio [Killerkommandos ] che irruppero nelle abitazioni e nelle case degli ebrei e saccheggiarono gli occupanti, percuotendoli e uccidendoli. Gli autori delle violenze si abbandonarono completamente al delirio omicida. La polizia ungherese, la gendarmeria e l'esercito non intervennero e lasciarono agire gli assassini. Questa ondata di violenza estremamente brutale, che fece fino a 20.000 vittime (giuridicamente ne sono accertate 6200), si protrasse fino alla presa di Budapest da parte delle truppe sovietiche, alla fine di gennaio del 194598. Le vittime dell'Olocausto, in Ungheria, furono circa 550.000 ebrei ungheresi, e i sopravvissuti 293.00099. La maggior parte delle vittime non morì in territorio ungherese: lo stato e le autorità magiare tuttavia consegnarono tali vittime volontariamente ai tedeschi, e furono questi a compiere lo sterminio. Il blocco delle deportazioni nel luglio 1944 dimostra che il governo ungherese disponeva di una libertà d'azione abbastanza ampia da potersi opporre allo sterminio degli ebrei magiari o, al contrario, da parteciparvi volontariamente.

0002000070 ‣ Slovacchia . Le vicende nella Slovacchia assomigliano, per molti versi, a quelle ungheresi, anche se lo stato slovacco godeva di un'indipendenza dai tedeschi molto maggiore di quella dell'Ungheria. Il 14 marzo 1939 la Slovacchia, dopo la dissoluzione della Cecoslovacchia, fu proclamata Repubblica Slovacca. Il nuovo stato dipendeva dalla Germania quanto a politica estera, ma fino all'estate 1944 godette di ampia autonomia nella gestione della politica interna, nella misura in cui corrispondeva alle aspettative tedesche. Fu così che, ancor prima della proclamazione della nuova repubblica, il futuro ministro degli Esteri assicurò ai tedeschi che in Slovacchia la questione ebraica sarebbe stata affrontata in modo simile alla Germania100. Il numero degli ebrei in Slovacchia ammontava, nel 1940, a quasi 90.000 persone. Come promesso, il nuovo stato slovacco impostò sin dall'inizio una politica antiebraica. Essa si svolse secondo il modello tedesco e raggiunse il suo culmine nelle deportazioni verso i campi di sterminio tedeschi. All'inizio del 1942 slovacchi e tedeschi si accordarono per deportare gli ebrei di Slovacchia nella Polonia tedesca. Il primo convoglio giunse il 26 marzo 1942 nel distretto di Lublino, seguito da altri. Le deportazioni del 1942 ebbero luogo nel periodo tra marzo e luglio, nel mese di settembre e il 20 ottobre. La pressione a livello di politica estera e di politica interna indusse tuttavia il governo slovacco a bloccare le deportazioni di massa101.

Complessivamente, nel 1942, le autorità slovacche predisposero 57 convogli con 57.000 ebrei slovacchi. Di questi convogli, 19 raggiunsero Auschwitz e 38 il distretto di Lublino. Quasi tutti i deportati morirono, o nelle camere a gas (la stragrande maggioranza) o per le condizioni di vita disumane. Dopo la guerra si dichiararono superstiti appena 300 persone. Nell'estate 1944, quando le truppe tedesche avevano invaso la Slovacchia, le forze di sicurezza tedesche cominciarono a deportare nei campi di concentramento gli ebrei slovacchi sopravvissuti. Dal settembre 1944 al marzo 1945 essi deportarono dalla Slovacchia altri 12.300 ebrei, la maggior parte dei quali tuttavia sopravvisse alla guerra. In totale, in Slovacchia, le vittime documentate dell'Olocausto furono circa 60.000 ebrei slovacchi. A questi si aggiunge un numero cospicuo di ebrei, fino a 10.000, che perse la vita nelle esecuzioni e durante l'insurrezione slovacca. Gli ebrei di Slovacchia scampati all'Olocausto furono 20.000102. La maggioranza degli ebrei slovacchi morì nei campi di sterminio nazisti della Polonia occupata dai tedeschi. Il governo slovacco non solo li consegnò volontariamente, ma pagò ai tedeschi 450 Reichsmark per ogni deportato. Inoltre le autorità slovacche avevano il compito di arrestare le vittime, di preparare i vagoni per il trasporto, di organizzare i convogli e di curare i preparativi per la deportazione. Questo lavoro fu portato a termine in modo molto coscienzioso. Le razzie venivano compiute per lo più dagli uomini della truppa Hlinka (milizia fedele al regime), dai gendarmi slovacchi e da volontari tedeschi. Gli eccessi erano frequenti, soprattutto a opera degli uomini della truppa Hlinka103. Comunque, a quanto risulta, non si giunse ad eccessi come quelli che si verificarono in Romania o in Ungheria.

0002000070 ‣ Jugoslavia e Croazia . Risulta che nella primavera del 1941 in Jugoslavia vivessero 82.242 ebrei: alla fine della guerra, l'81,7% di essi (oltre 67.000) era stato eliminato. La maggioranza perse la vita per mano degli occupanti tedeschi, ma anche di quelli ungheresi e bulgari: essi furono o fucilati dalla Wehrmacht (in Serbia) oppure deportati ed eliminati nei campi di sterminio tedeschi (nelle regioni jugoslave occupate da ungheresi e bulgari). Un'eccezione fu costituita dallo stato croato degli Ustascia, in cui gli autori croati delle violenze giocarono un ruolo fondamentale nello sterminio degli ebrei104.

Sulle rovine dello stato jugoslavo, distrutto dalla Wehrmacht, Hitler fece nascere, il 16 aprile 1941, lo “Stato Indipendente di Croazia” comprendente all'incirca le odierne regioni della Croazia e della Bosnia-Erzegovina. I conquistatori tedeschi consegnarono il potere al movimento Ustascia e al suo capo Ante PavelÕc. PavelÕc aveva fondato il movimento Ustascia nel 1930: esso era un'organizzazione ultranazionalista croata, di ispirazione fascista e terrorista, che era stata bandita dalla Jugoslavia indipendente. Lo Stato Indipendente di Croazia, in realtà, era uno stato-marionetta del Reich tedesco, e il suo intero territorio era occupato dai tedeschi e in parte dalle truppe italiane (nelle regioni meridionali). L'obbiettivo principale del regime Ustascia era la creazione di uno stato croato totalitario ed etnicamente omogeneo105. Nel territorio dello stato Ustascia vivevano circa 39.000 ebrei. Il regime, su consiglio degli organi tedeschi, procedette subito contro gli ebrei adottando misure draconiane. Esso emanò molto rapidamente una radicale legislazione antiebraica, basata sul modello tedesco, dandole immediata applicazione. Nel giro di pochi mesi, a partire dal maggio 1941, le autorità croate internarono gli ebrei in ghetti e campi di concentramento allestiti e attivati in territorio croato. Il rastrellamento e la sorveglianza erano compito delle milizie Ustascia, il braccio armato del movimento Ustascia. Con razzie e rapimenti esse uccisero migliaia di ebrei. La maggioranza delle vittime, tuttavia, perì nei campi di concentramento e nei ghetti, per il tifo e la fame, oppure fucilata, torturata, affogata, accoltellata o con il cranio sfondato a martellate. Dopo la guerra si calcolò che nei campi di concentramento croati, durante il conflitto, avessero trovato la morte tra i 25.000 e i 26.000 ebrei. Questa stima è tuttavia considerata eccessiva. È comunque certo che gli Ustascia croati abbiano eliminato o “sfiancato a morte” la maggior parte dei circa 30.000 ebrei croati e bosniaci vittime dell'Olocausto106.

Per l'eliminazione degli ebrei gli Ustascia si avvalsero non solo di propri commando di sterminio, ma ricorsero anche all'“aiuto” tedesco. Nell'ottobre 1941 il governo croato chiese alle autorità tedesche se non fosse possibile deportare in Europa orientale gli ebrei croati ancora in vita. In un primo momento i tedeschi risposero negativamente. Nel maggio 1942 gli Ustascia riproposero la richiesta, e stavolta i tedeschi acconsentirono. Così, nell'agosto 1942, più di 5000 ebrei croati furono deportati ad Auschwitz, dove vennero sterminati. Ad aprile e maggio del 1943 altri 2000 ebrei croati furono deportati nei campi di sterminio della Polonia occupata, stavolta su pressione dei tedeschi. Il governo Ustascia si impegnò, da parte sua, a pagare, per ogni ebreo deportato, 30 Reichsmark107. L'impeto maggiore della follia omicida degli Ustascia, tuttavia, non si scagliò contro gli ebrei croati e bosniaci, ma prese di mira soprattutto la popolazione serba che viveva nel territorio del nuovo stato. L'obiettivo era quello di rendere il nuovo stato non solo “libero da ebrei” [judenfrei ] ma anche “libero da serbi” [serbenfrei ]. I metodi con cui gli Ustascia tentarono di perseguire tali obiettivi furono le espulsioni e le stragi, che ebbero inizio subito dopo l'ascesa al potere del movimento. Nel luglio 1942, secondo dati tedeschi, in territorio serbo, nel quale i nazisti avevano creato un altro stato-marionetta, vi erano 420.000 tra profughi ed espulsi serbi. Si calcola che in territorio croato persero la vita 300.000 serbi. La maggior parte di essi morì nei campi di concentramento croati o nei massacri condotti di norma dalle milizie Ustascia. Il tutto avvenne sotto gli occhi e con il beneplacito degli occupanti tedeschi108. In Jugoslavia, durante la guerra, le vittime furono complessivamente poco più di 1.000.000. Parte di esse fu uccisa dagli occupanti tedeschi, ma anche da quelli ungheresi, bulgari e italiani. La maggior parte delle vittime, tuttavia, si deve agli stessi autori locali delle violenze, in primo luogo agli Ustascia croati, in seguito ai Cetnici (partigiani nazionalisti serbi) che combatterono contro i croati, oltre che ai musulmani bosniaci e ai partigiani comunisti capeggiati da Tito109.

0002000070 ‣ Francia . Dopo la capitolazione, il 22 giugno 1940, Hitler divise la Francia in due zone, una occupata, l'altra libera. La zona sotto occupazione si estendeva a nord della Loira e lungo la costa atlantica. La zona non occupata comprendeva la Francia meridionale, amministrata dal governo collaborazionista del maresciallo Henri Philippe Pétain, con sede a Vichy. L'Alsazia-Lorena fu annessa al Reich tedesco. Nel 1940 vivevano in territorio francese circa 330.000 ebrei, di cui dai 190.000 ai 200.000 di nazionalità francese e dai 130.000 ai 140.000 stranieri. Circa 80.000 di essi caddero vittime dell'Olocausto, eliminati principalmente nei campi di sterminio tedeschi110. Le autorità francesi collaborarono attivamente allo sterminio di questi ebrei, occupandosi di quasi tutte le operazioni preparatorie. Il governo di Vichy avviò la sua politica antiebraica subito dopo essersi insediato, nell'estate del 1940. Ciò avvenne addirittura prima che tale politica venisse introdotta dalle autorità tedesche di occupazione nella Francia occupata. Oltre alle normali limitazioni imposte alla totalità degli ebrei, una parte degli ebrei stranieri venne internata in campi. Il peggio, però, doveva ancora arrivare. Il 4 luglio 1942 il regime di Vichy, su pressione tedesca, si dichiarò disposto a consegnare agli invasori, e quindi a deportare nei campi di sterminio nazisti, tutti gli ebrei stranieri; nel contempo esso assicurava la collaborazione della polizia e delle autorità francesi. Il primo convoglio partì il 17 luglio dal campo di Pithiviers, carico di 928 persone e diretto ad Auschwitz111. Lo seguirono altri convogli. Peraltro non furono consegnati soltanto ebrei stranieri, ma anche francesi; gli stranieri erano comunque in maggioranza. Alla fine del 1942, dalla Francia, erano stati deportati complessivamente 42.500 ebrei. Le deportazioni continuarono fino all'estate del 1944: l'ultimo convoglio partì il 15 agosto 1944112.

Il numero totale degli ebrei deportati dal territorio francese ammonta a poco meno di 76.000 unità. Gli ebrei morti durante la deportazione nei campi di concentramento in Francia (soprattutto in quelli della zona non occupata) furono circa 3000. Gli ebrei giustiziati sommariamente o assassinati per il solo fatto di essere tali furono circa 1000. Il numero complessivo delle vittime della ``Soluzione finale'' in Francia ammonta quindi a 80.000: si può dunque affermare che, in pratica, il 25% degli ebrei di Francia perse la vita nell'ambito della “Soluzione finale”. Delle 80.000 vittime, 24.500 furono ebrei francesi e 56.500 stranieri113. Nelle deportazioni le autorità e le forze di polizia in loco svolsero il ruolo decisivo. Le autorità francesi registravano le vittime destinate alla deportazione, la polizia e la gendarmeria le arrestavano e le conducevano nei campi. A numerose razzie parteciparono non solo le forze di polizia, ma anche soldati, vigili del fuoco e volontari francesi. Nella zona occupata, talvolta, vi partecipò anche la polizia militare [Feldgendarmerie ] tedesca. I campi erano sorvegliati da gendarmi francesi e amministrati, fino all'estate 1943, dalle autorità di polizia francesi. I convogli di deportati venivano allestiti e preparati per la partenza all'interno dei campi; la maggior parte di essi partì dal campo di Dancy. La polizia francese accompagnava i convogli fino al confine con la Germania, per poi consegnarli ai colleghi tedeschi, che li scortavano fino ad Auschwitz. Senza la collaborazione attiva delle autorità e delle forze di polizia francesi, le deportazioni su così larga scala non sarebbero state possibili114.

0002000070 ‣ Gli altri paesi . Anche da altri paesi europei posti sotto la sfera di potere del Reich tedesco furono consegnati ebrei ai tedeschi. Le sole eccezioni sono rappresentate da Danimarca e Finlandia115. Il governo bulgaro si oppose alla deportazione di circa 50.000 ebrei bulgari, tuttavia consegnò ai tedeschi tutti gli ebrei delle regioni che la Bulgaria aveva occupato durante la guerra grazie all'aiuto tedesco. Complessivamente, le autorità e le forze di polizia bulgare deportarono più di 11.000 ebrei dalla Macedonia (precedentemente jugoslava) e dalla Tracia (Grecia) nei campi di sterminio tedeschi116.

Negli altri paesi la follia annientatrice nei confronti degli ebrei da parte degli autori tedeschi dell'Olocausto ebbe “maggiore successo”. Dall'Olanda occupata, i tedeschi deportarono nei campi di sterminio, dal luglio 1942 all'agosto 1944, circa 107.000 dei complessivi 140.245 ebrei olandesi. Di questi deportati i sopravvissuti furono soltanto 5200 circa. Nelle razzie e nelle operazioni di allestimento dei convogli di deportati, i tedeschi utilizzarono sia la propria polizia di pubblica sicurezza sia forze di polizia olandesi117. Dei circa 52.000 ebrei che vivevano in Belgio alla fine del 1940, gli occupanti tedeschi ne deportarono nei campi di sterminio circa 25.000; la polizia e le autorità belghe svolsero in questo frangente un ruolo subordinato118. Il regime Quisling, insediato da Hitler in Norvegia, consegnò ai tedeschi 759 dei circa 1800 ebrei norvegesi. Solo 25 di questi 759 deportati sopravvissero alla guerra. Gli altri ebrei si salvarono, quasi tutti scappando in Svezia119. In Albania alcune centinaia di ebrei albanesi caddero vittima dell'Olocausto, eliminati dagli occupanti tedeschi120.

Dopo l'invasione dell'Italia, nell'estate 1943, gli occupanti tedeschi deportarono ad Auschwitz “soltanto” 6416 ebrei italiani e stranieri (circa il 19% di tutti gli ebrei presenti in Italia). Autorità e forze di polizia italiane non ebbero quasi mai alcun ruolo in questa azione121. In Boemia e in Moravia, le regioni della Cecoslovacchia occupate dai tedeschi, di quasi 120.000 ebrei sopravvissero alla guerra circa 40.000. Gli altri morirono nel ghetto di Tereźin (Theresienstadt), o nei campi di sterminio e di concentramento tedeschi. La polizia e le autorità ceche svolsero in questo ambito un ruolo subordinato: dovettero collaborare su ordine dei tedeschi al rastrellamento e al concentramento delle vittime122. Gli invasori tedeschi si occuparono in larga parte autonomamente anche dell'eliminazione degli ebrei greci, mentre nelle regioni greche occupate dai bulgari collaborarono efficacemente, come già accennato, le autorità e le forze di polizia bulgare. Dei circa 71.000 ebrei greci sopravvissero all'Olocausto soltanto 12.000123.

0002000070 ‣ Considerazioni finali . Dopo aver preso il potere nel 1933, i nazisti tedeschi innalzarono l'antisemitismo razzista ed eliminazionista124 a principio guida della politica statale in Germania e a dottrina di stato. Nell'arco di pochi anni, a partire dal 1938, la Germania nazionalsocialista riuscì a sottomettere quasi tutta l'Europa. Fu così che la grande maggioranza degli ebrei europei si ritrovò nell'ambito di potere di uno stato che includeva tra i suoi obiettivi la loro eliminazione. Nel 1941 i vertici di governo tedeschi decisero di uccidere tutti gli ebrei nel frattempo caduti o suscettibili di cadere sotto il potere dalla Germania; tale proposito venne messo in pratica in maniera conseguente. I responsabili tedeschi delle decisioni ricorsero, a questo scopo, principalmente a personale e a istituzioni tedesche, che organizzarono e attuarono lo sterminio. Fuori dai confini tedeschi essi dipesero però, di norma, dall'aiuto e dalla collaborazione di forze, istituzioni e addirittura di governi locali.

Gli organi tedeschi addetti alla realizzazione dell'Olocausto si assicurarono i complici in questo crimine in modi diversi: talvolta con la forza, talvolta impartendo ordini, ma molto spesso si affidarono invece alla libera volontà dei complici, a trattative, come anche a pressioni diplomatiche e militari. In questo ambito sono riscontrabili differenze: la più importante riguardò i paesi dell'Europa centrorientale e quelli dell'Europa meridionale. La maggior parte delle vittime dell'Olocausto perse la vita in Europa centrorientale. In quelle regioni i tedeschi instaurarono un regime di terrore incomparabilmente più brutale di quello imposto a Occidente. A ciò si aggiunge il terrore sovietico, un'esperienza assente nelle altre regioni europee. Ciò significa che questo terrore ebbe un effetto più profondo sulle società dell'Europa centro-orientale che non, ad esempio, in Francia, in Olanda o magari in Danimarca, dove i tedeschi condussero una politica di occupazione molto meno brutale125. E queste differenze si evidenziano anche nel corso della persecuzione e dello sterminio degli ebrei. Nell'Europa centrale e orientale gli occupanti tedeschi definirono e guidarono dall'inizio alla fine lo svolgimento della persecuzione e dello sterminio degli ebrei sin nei minimi dettagli: essi vararono legislazioni antiebraiche e le fecero applicare. Istituirono una polizia ausiliaria composta da agenti locali e costituirono un'amministrazione autonoma locale, reclutando personalmente e in base ai propri criteri, successivamente anche attraverso un obbligo coatto, i componenti di queste istituzioni. Gli occupanti tedeschi avevano il controllo e il comando di tali organismi e di queste forze, che impiegarono per perseguire scopi e obiettivi propri, uno tra tutti lo sterminio degli ebrei. Si giunse al punto che gli autori tedeschi dell'Olocausto obbligarono i Consigli ebraici [Judenräte ] e la polizia ebraica operante nei ghetti a collaborare alle persecuzioni contro gli ebrei. Per questi paesi, perciò, non è possibile parlare di una politica di persecuzione e di sterminio autonoma nei confronti degli ebrei.


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