Storia del Cristianesimo



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L'investitura (v. 19)

Il linguaggio biblico della consegna delle chiavi indica la trasmissione del potere, dell'autorità e della responsabilità, per il servizio del popolo di Dio (cfr. Is 22,22). In Ap 3,7 si dice che Cristo è "il Santo, il Verace, colui che ha la chiave di Davide".

Cristo, che ha il "potere sopra la morte e sopra gli inferi" (Ap 1,18), conferisce il medesimo potere a Pietro. Questi riceve un compito in relazione all'entrare nel regno.

L'espressione "legare e sciogliere" era corrente nel linguaggio giuridico giudaico, e significava il potere di "proibire e permettere", o di "condannare e assolvere". È discusso l'ambito di tale autorità.

L'evangelista Matteo riporta la critica di Gesù nei confronti dei responsabili giudei, scribi e farisei: essi, che hanno il compito di interpretare autorevolmente la legge di Mosè, sono incoerenti, perché "legano pesanti fardelli [..] ma loro non vogliono muoverli neanche con un dito" (23,2); tale passo è simile a 23,13), dove gli scribi e farisei chiudono il regno e non permettono agli altri di entrarvi, e un insegnamento simile si ritrova anche in Lc 11,52. Il confronto del nostro brano con questi altri fa intuire quello che dovrebbe essere il compito di chi tiene le chiavi, ovvero di chi ha il potere di "legare e sciogliere": dare un'interpretazione autorevole della volontà di Dio per poter entrare nel Regno dei Cieli; questo è ciò che Gesù ha fatto, portando a compimento la Legge e i Profeti. Il compito dei discepoli è quindi quello di attuare e insegnare questa rivelazione della volontà di Dio, nella quale consiste la "superiore giustizia" che consente l'ingresso nel Regno (Mt 5,19-20; cfr. 7,21). Del resto, Cristo risorto, costituito nella pienezza dei suoi poteri, affida ai discepoli il compito di insegnare ad osservare tutto quello che egli ha comandato (Mt 28,20. Abbiamo quindi una connotazione magisteriale del potere delle chiavi, in linea con il significato del legare-sciogliere.

L'espressione si riferisce senz'altro anche all'autorità disciplinare, con la possibilità di "escludere o di accogliere" nella comunità messianica.

Pietro è quindi il responsabile ultimo dell'evangelizzazione di tutte le nazioni, e anche della vita comunitaria della Chiesa. Ciò che egli "proibisce e permette" è ratificato in cielo da Dio stesso: la ragione di ciò sta nel fatto che Pietro insegna la volontà di Dio, rivelata dall'inviato definitivo, Gesù..

La tradizione della Chiesa del I secolo è unanime nel testimoniare questa funzione essenziale dell'apostolo Pietro nella comunità; essa è attestata nelle varie tradizioni neotestamentarie (cfr. Lc 22,31-32; At 1,15-26; 2,14.41; Gv 1,42; 21,15-17; 1Cor 1,12; Gal 1,18; 2,1-14; 1Pt 1,1; 5,1-4).

Nella storia della Chiesa

I Padri della Chiesa e i teologi del Medio Evo hanno dato poca importanza a tale testo, e ciò nonostante il loro impegno per stabilire l'autorità della Chiesa di Roma.

Il brano in oggetto è divenuto una zona calda del dibattito e della ricerca esegetica nell'epoca moderna, a causa della controversia sul ruolo e sull'autorità del papa, messi in discussione dai riformatori.




Luca 22

Nell'Ultima Cena, Gesù annuncia la prova con cui satana passerà al vaglio gli apostoli. Però è per il solo Pietro che Cristo prega in modo particolare, perché non vacilli e possa così confermare nella fede i suoi fratelli (Lc 22,30-31).

In queste parole viene vista un'allusione al significato del nuovo nome di Pietro.

Giovanni 21

In forma solenne, e forse giuridica, Cristo risorto affida per tre volte a Pietro la cura di tutto il gregge, agnelli e pecore (Gv 21,15-19).

Questa missione deve essere intesa alla luce della parabola del buon pastore (Gv 10,1-28): il Buon Pastore salva le sue pecore, raccolte in un solo gregge (Gv 10,16; 11,52), e queste hanno vita in abbondanza; egli dà anche la propria vita per le sue pecore (Gv 10,11).

Quindi Cristo, annunziando a Pietro il suo futuro martirio, aggiunge: "Seguimi": Pietro deve camminare sulle orme del suo maestro, non soltanto dando la vita, ma comunicando la vita eterna alle sue pecore, affinché non periscano mai (Gv 10,28).



Nella comunità post-pasquale

In accordo con Lc 22,30-31, l'evangelista Luca mostra negli Atti degli Apostoli la realizzazione pratica della missione di Pietro:



  • egli sta alla testa del gruppo riunito nel cenacolo (At 1,13);



  • presiede all'elezione di Mattia (At 1,15);



  • giudica Anania e Safira (At 5,1-11);



  • in nome degli altri apostoli, che sono con lui, proclama alle folle la glorificazione messianica di Cristo risorto ed annunzia il dono dello Spirito Santo (At 2,14-36);



  • invita al Battesimo tutti gli uomini (At 2,37-41);



  • ispeziona tutte le Chiese (At 9,32);



  • come segni del suo potere sulla vita, in nome di Gesù Pietro guarisce gli ammalati (At 3,1-10) e risuscita un morto (At 9,36-42);



  • è sempre Pietro che, arrestato e condotto davanti al Sinedrio, parla coraggiosamente per due volte a nome degli altri e a loro difesa (At 4,8-12; 5,29-32);



  • è ancora Pietro che, illuminato dall'alto, apre per primo la porta della Chiesa ai pagani nella persona del centurione Cornelio (At 10,1-48).



  • è infine Pietro il vero autore della decisione del concilio di Gerusalemme (anno 50) di non vincolare i gentili all'osservanza di certe leggi rituali per i giudei (At 15,7-11).

Il Primato di Pietro nella collegialità della Chiesa

Il fatto che Pietro sia tenuto a giustificare la sua condotta in occasione del Battesimo di Cornelio (At 11,1-18), lo svolgimento del Concilio di Gerusalemme (At 15,1-35), nonché le allusioni di Paolo nella lettera ai Galati (1,28-2,14), rivelano che nella direzione della Chiesa di Gerusalemme, in gran parte collegiale, Giacomo aveva una posizione importante, ed il suo accordo era fondamentale.

Ma questi fatti e la loro relazione non smentiscono la realtà del primato di Pietro: piuttosto, ne illuminano il senso profondo. L'autorità di Giacomo non ha le stesse radici, né la stessa espressione di quella di Pietro: questi ha ricevuto a titolo particolare la missione di trasmettere una regola di fede integra (cfr. Gal 1,18), ed è il depositario delle promesse di vita (Mt 16,18-19).

La preminenza di Pietro non esclude quindi né la ricerca laboriosa del disegno di Dio né la responsabilità collegiale degli apostoli, né le iniziative di Paolo.

Lo stesso Paolo, dopo la sua conversione, pur avendo coscienza della propria particolare vocazione (Gal 1,15-16), si reca a Gerusalemme per prendere contatto con Pietro (Gal 1,18); pur ricordando l'incidente di Antiochia (Gal 2,11-14) e l'esitazione di Pietro sulla condotta da tenere nei confronti della comunanza di mensa con i pagani, si rivolge tuttavia a Pietro come a colui la cui autorità trascina con sé tutta la Chiesa.

Il carattere unico dei Dodici

Nelle intenzioni di Gesù i Dodici devono essere i testimoni di lui risorto, cioè attestare che egli risorto è quel medesimo Gesù con il quale sono vissuti (At 1,8.21).

Tale testimonianza conferisce al loro apostolato (inteso qui nel senso più stretto del termine) un carattere unico: i Dodici sono per sempre il fondamento della Chiesa:



« Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello. »

(Ap 21,14)

Le liste dei Dodici

L'elenco dei dodici apostoli è riportato sinotticamente quattro volte nel Nuovo Testamento: nei tre vangeli sinottici verso l'inizio del ministero pubblico di Gesù (Mt 10,2-4; Mc 3,16-19; Lc 6,13-16, e negli Atti degli Apostoli dopo la menzione della sua morte e risurrezione (At 1,13). In Giovanni l'elenco è assente.

Si notano alcune differenze sia nell'ordine sia nei nomi degli apostoli.

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La successione ai Dodici

Come Gesù ha voluto istituire un collegio privilegiato che moltiplichi la sua presenza e la sua Parola, così i Dodici comunicano ad altri l'esercizio della loro missione apostolica.

Già nell'Antico Testamento Mosè aveva trasmesso a Giosuè la pienezza dei suoi poteri (Nm 27,18); alla stessa maniera anche Gesù ha voluto che l'ufficio pastorale affidato ai Dodici continui attraverso i secoli; pur conservando un legame speciale con essi, la sua presenza di risorto trascenderà infinitamente la loro cerchia ristretta.

Del resto, già nella sua vita pubblica, Gesù stesso ha aperto la via a questa estensione della missione apostolica: accanto alla tradizione prevalente che racconta la sola missione dei Dodici, Luca conserva un'altra tradizione secondo la quale Gesù "designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi" (Lc 10,1); l'oggetto della missione è lo stesso che per i Dodici, e così il carattere ufficiale (Lc 10,16; cfr. Mt 10,40). Nel pensiero di Gesù la missione apostolica non è limitata a quella dei Dodici.

I Dodici stessi agiscono in questo spirito. Al momento della scelta di Mattia essi sanno che un buon numero di discepoli possono soddisfare alle condizioni necessarie (At 1,21-23): Dio non designa propriamente un apostolo, ma un dodicesimo testimone. Si veda poi la figura di Barnaba, un apostolo della stessa fama di Paolo (At 14,4.14); e se i Sette non sono chiamati apostoli (At 6,1-6), possono tuttavia fondare una nuova Chiesa: così Filippo in Samaria, quantunque i suoi poteri siano limitati da quelli dei Dodici (At 8,14-25).

L'apostolato, rappresentazione ufficiale del risorto nella Chiesa, rimane per sempre fondato sul collegio apostolico dei Dodici, ma viene esercitato da tutti gli uomini ai quali questi conferiscono autorità. In tale linea, quindi, la Chiesa cattolica insegna la necessità della successione apostolica nel tempo: gli apostoli dovettero avere dei successori, il ministero dei quali continua in quello degli attuali Vescovi, in primis il Papa, successore di Pietro.

Venti secoli di storia

La grande crescita

Nei primi quattro secoli della nuova era il messaggio cristiano si diffonde in tutti i territori dell'Impero Romano adiacenti al bacino del Mediterraneo, ed anche, oltre essi, in Africa, nella Mesopotamia, nella Persia.

A contatto con l'assolutismo religioso dell'Impero, l'adorazione dell'unico Dio e del Signore Gesù Cristo provoca la persecuzione, fino al conseguimento della libertà religiosa nel IV secolo sotto Costantino (Editto di Milano, 313).

Nel V secolo, quando ormai l'Impero Romano incomincia a dissolversi, la Chiesa è ormai estesa in tre grandi aree culturali:



  • quella occidentale latina, sotto l'influsso di Roma, i cui Vescovi "presiedono a tutta la famiglia cristiana";



  • quella orientale greca, sotto l'influsso di Bisanzio;



  • quella siriaca, sotto l'influenza di Antiochia ed Edessa.

In ciascuna di queste tre aree il cristianesimo si sviluppa accogliendo e integrando il genio delle rispettive nazioni, rispettivamente:

  • la tradizione prammatistica dei Romani;



  • il genio speculativo dei Greci;



  • l'ascetismo religioso dei Siri.

Da ognuna di esse, poi, la fede cristiana si irradia, rispettivamente:

  • verso i Franchi, gli Irlandesi, gli Angli, i Germani, gli Slavi, gli Ungari e gli Scandinavi;



  • verso le popolazioni dell'Europa Orientale;



  • verso la Mesopotamia e la Persia, per giungere assai presto all'India, alla Cina e alle sponde del Pacifico.

Nel frattempo, da Alessandria d'Egitto il cristianesimo si diffuse nelle zone settentrionali dell'Africa e nell'Etiopia.

La notevole vitalità della Chiesa del tempo è testimoniata da figure come il Vescovo africano Agostino († 430), teologo geniale, l'asiatico Giovanni Crisostomo († 407), asceta e oratore, il romano Benedetto († 547), uomo di preghiera e di azione, padre del monachesimo occidentale.

Tra il IV e il V secolo la Chiesa precisò nei grandi Concili Ecumenici (Nicea, 325, Costantinopoli, 381, Efeso, 431) la sua fede riguardo alla divinità di Cristo e dello Spirito Santo, chiarendo la sua dottrina contro le eresie dell'epoca.




La separazione tra Occidente e Oriente

Tra il V e il X secolo fu maturando la separazione tra le Chiese Orientali e la Chiesa di Roma, a causa soprattutto di rivalità umane, di nazionalismi e di incomprensioni, non senza colpa da entrambe le parti. La separazione si consumò nello Scisma d'Oriente del 1054.

Nei medesimi secoli la società cristiana venne a trovarsi di fronte all'espansione vittoriosa dell'Islam nell'Asia, nell'Africa e nell'Europa. La necessità in cui si trovarono i cristiani, in Oriente e in Occidente, di difendere la propria indipendenza, e l'identificazione pratica tra l'ordine della fede e quello politico-statale, sostituirono al dialogo e al confronto pacifico lo scontro tra gli eserciti e la polemica ideologica.

Il mondo cristiano fu messo nuovamente alle difensiva dalle invasioni dei Mongoli che, nel XIII secolo, si spinsero fin nel cuore dell'Europa, e dissiparono la presenza cristiana in Asia. Nei primi secoli del II millennio, tuttavia, la Chiesa occidentale poteva dedicarsi alla trasformazione della società contemporanea, e la fede conobbe grandi sviluppi sociali e mistici, suscitando movimenti e opere d'arte. Tra le figure più significative si ricordano San Francesco d'Assisi († 1226), fondatore del francescanesimo, e San Domenico di Guzmán († 1221), che iniziò l'Ordine dei Predicatori, e grandi teologi come Sant'Anselmo d'Aosta († 1109) e San Tommaso d'Aquino († 1274).



Lo scisma d'Occidente

Nel trapasso dal Medioevo all'Età Moderna si fece sentire universalmente in Europa la necessità di un rinnovamento "che fosse a un tempo purificazione di costume, rinascita spirituale e adeguamento alle esigenze di un umanesimo consapevole". Un movimento di riforma, capeggiato da Lutero e favorito dai principi germanici, sfociò in una protesta che provocò il distacco dalla Chiesa Cattolica di quasi tutte le regioni cristiane del Nord Europa nel XVI secolo.

Nel frattempo in seno alla Chiesa era maturato un vasto e sincero movimento di rinnovamento, promosso dai papi e dai Vescovi, e che si fece concreto nei dettami del Concilio di Trento (1545-63): in esso vennero chiariti e definiti vari punti essenziali della dottrina cristiana, riguardo all'uomo, alla realtà interiore della salvezza, nonché gli aspetti gerarchici della Chiesa negati dal protestantesimo.

Contemporaneamente la Chiesa conobbe una fioritura di santi e mistici quali Sant'Ignazio di Loyola († 1556), San Carlo Borromeo († 1584), San Francesco di Sales († 1622), e numerosi iniziatori di movimenti spirituali e caritativi e sociali, mentre si risvegliava lo zelo per la diffusione del messaggio del Vangelo nelle regioni dell'Asia, dell'Africa e dell'America venute allora a conoscenza degli europei.



L'età contemporanea

I secoli seguenti pongo la Chiesa di fronte a un'umanità assetata di libertà e di umanesimo, ma interiormente lacerata e inquieta[16]; in questo clima la Chiesa Cattolica si sforza di presentare il messaggio evangelico in tutta la sua pienezza e nella sua potenza liberatrice, unificatrice, elevatrice.

La Breccia di Porta Pia (1870) costringe la Chiesa a interrompere il Concilio Vaticano I, ma ne inizia un cammino di purificazione evangelica e di libertà dai condizionamenti temporali. Essa, sotto la guida dei papi, matura una rivisitazione delle sue fonti e il desiderio dell'unità, e nel Concilio Vaticano II (1962-65) riformula in termini moderni la sua identità e missione.

La dottrina

La dottrina cristiana è sintetizzata nel Simbolo Apostolico e nel più tardo (V secolo) Simbolo Niceno-Costantinopolitano.

Un unico Dio in tre persone

Il cristianesimo crede in un solo Dio, vivo e vero, onnipotente, eterno, misericordioso, perfettissimo. Egli è diverso e distinto dal mondo, che egli stesso ha creato, ed è quindi invisibile e superiore ad ogni immaginazione e idea che l'uomo se ne possa fare: è trascendente.

Dio è, nel mistero del suo essere, tre persone uguali nella potenza divina ma distinte nella loro relazione personale: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo; la tradizione cristiana ha forgiato già dai tempi di Tertulliano († 220) il termine Trinità per indicare questa realtà.

Un Dio vicino all'uomo: l'incarnazione del Figlio e il dono dello Spirito

Dio è conoscibile da parte degli uomini (cfr. Rm 1,18-25), e nel suo amore si è fatto vicino all'umanità, prima manifestando il suo amore e rivelandosi al popolo ebraico, e poi inviando ad esso e a tutta l'umanità il suo Figlio. Egli ha rivelato il Padre, e offerto la sua vita per la remissione dei peccati degli uomini: ciò egli ha realizzato morendo sulla croce e risuscitando dai morti.

Il Padre e il Figlio hanno poi inviato lo Spirito Santo, comunicato ai credenti anzitutto nel Battesimo.

La Chiesa

Coloro che credono in Cristo e accettano il Battesimo entrano a far parte della comunità della Chiesa. Essa è articolata secondo una gerarchia di ministeri, che nel cattolicesimo hanno una valenza anche giuridica e sacramentale, mentre altre confessioni cristiane ne hanno concezioni più funzionali.

Tutti i membri della Chiesa sono chiamati alla santità, e a realizzarla concretamente secondo il loro stati di vita.

La morale

Il cristianesimo professa una dottrina morale, che ha la sua base nel decalogo, e che è stata perfezionata da Cristo con i suoi insegnamenti, soprattutto con le beatitudini e con la proposta del duplice Comandamento dell'amore.



La preghiera e il culto

Il cristiano vive un'intensa vita di preghiera, scandita dalla "formula" che Gesù stesso ha insegnato, il Padre Nostro, e dal ritmo del culto domenicale, con la celebrazione dell'Eucaristia nel giorno della risurrezione di Gesù. Il cattolicesimo e l'Ortodossia conoscono sette Sacramenti:



  • Battesimo

  • Cresima

  • Eucaristia

  • Penitenza

  • Unzione dei Malati

  • Ordine Sacro

  • Matrimonio

Le altre confessioni cristiane riconoscono per lo meno il Battesimo, e molte di esse celebrano la Santa Cena.

La vita eterna

I cristiani professano la speranza della vita eterna, nella quale ognuno riceverà la retribuzione di quanto fatto, nel bene e nel male; gli stati di vita beata e dannata sono detti Paradiso e Inferno; il cattolicesimo conosce anche lo stato non permanente del Purgatorio. Tutti i cristiani attendono infine la risurrezione dei morti, che avverrà alla fine dei tempi, quando Cristo ritornerà nella sua gloria.

Comprensione di sé

Il cristianesimo ha la consapevolezza di avere un carattere universale e definitivo[17]: è cosciente di essere "l'autorivelazione di Dio definitiva, essenzialmente insuperabile, esigente validità esclusiva e universale per tutti gli uomini di tutti i tempi"[18]. Tale carattere di assolutezza gli deriva dall'unicità della figura di Cristo, che, essendo il Figlio di Dio incarnato, porta la rivelazione piena e definitiva di chi è Dio e di chi è l'uomo.



Il dibattito sull'essenza del Cristianesimo

Nel 1841 Ludwig Feuerbach pubblicò un libro dal titolo L'essenza del cristianesimo, con la proposta di una visione umanistica della religione cristiana.

Seguì nel 1907 quello di Adolf von Harnack con lo stesso titolo, di orientamento liberale, con la limitazione drastica del kérygma evangelico alla sola proclamazione del Regno di Dio.

I due scritti suscitarono una forte discussione nel mondo cristiano e fuori di esso. In ambito cattolico la risposta giunse nel 1949 da parte di Romano Guardini, con la sua opera che ancora porta lo stesso titolo. Per Guardini il messaggio della vita divina, l'annuncio della salvezza, la rivelazione della verità trascendente nel Cristo, tutto questo non è un discorso di consolazione, non è un metodo etico, non è un'elaborazione teoretica dell'esistenza umana e del mondo: è una Persona che si propone alla persona come Via, Verità e Vita, come il supremo Mediatore, che, con la sua umanità unita alla divinità, nella potenza dello Spirito Santo riconduce l'uomo e il cosmo, superata la distanza prodotta dal peccato, al Padre creatore.

Un ulteriore contributo al dibattito è stato offerto da Bruno Forte nel 1989, riprendendo una volta in più lo stesso titolo.

Il cristianesimo è una religione?

La teologia si pone il problema se il cristianesimo possa essere definito una religione.

Il protestante Karl Barth († 1968) fu il primo a dichiarare il cristianesimo 'non religione', per il fatto che, mentre le religioni si fondano sul presupposto di poter offrire agli uomini una via di salvezza, il cristianesimo dichiara invece che la salvezza è dono esclusivo di Dio in Cristo.

Anche in ambito cattolico c'è chi sostiene che fare del cristianesimo una religione equivale a irrigidirlo in una serie di credenze, atteggiamenti e pratiche rituali, a tutto danno della purezza della fede; altri instaurano, a partire dalla novità assoluta dell'evento cristiano, una netta contrapposizione tra l'"avvenimento Cristo" e ogni concretizzazione storica del rapporto con lui.

Una soluzione al problema va ricercata alla luce del fatto che il cuore dell'avvenimento cristiano, cioè l'incarnazione, la vita, passione, morte e risurrezione di Cristo, è effettivamente un avvenimento assolutamente gratuito; di fronte alla dimensione naturale del senso religioso e della sua espressione nella religione sta l'unicità dell'evento di Cristo, che non può essere compreso nelle categorie delle espressioni umane.

Nel vivo però di questa rottura si rivela il compimento miracoloso della natura, all'interno del dialogo tra la dimensione religiosa dell'uomo e la novità che scaturisce dall'avvenimento Cristo: la realtà della natura umana trova nella grazia di Cristo la sua pienezza.

Alla luce di ciò il cristianesimo può essere considerato una religione, anzi, la sola vera religione.

La concezione delle altre religioni

È conseguenza di questa consapevolezza la valutazione delle altre religioni: per il cristianesimo esse "non sono l'espressione pura della verità, ma contengono forme di deficienza e degenerazione religiosa"; il cristianesimo si pone rispetto ad esse in un rapporto dialettico di continuità e di rottura, di accettazione e di superamento.

Suddivisione delle Chiese Cristiane

Chiese Occidentali

Le Chiese occidentali sono quelle derivate dalla Chiesa latina, la cui autorità si estendeva originariamente da Roma sulla parte occidentale dell'Impero Romano.

La principale è la Chiesa cattolica, fondata e istituita dallo stesso Gesù Cristo.

Da essa si sono staccate tutte le chiese protestanti, le più importanti delle quali sono quelle nate nel XVI secolo con il movimento della cosiddetta Riforma: luterani, calvinisti, anglicani ecc., ma vi sono anche gruppi che hanno origini precedenti e diverse, come ad esempio i valdesi.

Altre confessioni occidentali si dichiarano cristiane ma non sono riconosciute tali dalla Chiesa Cattolica.

Chiese Orientali

Ad Oriente abbiamo invece le Chiese Ortodosse, emanazioni delle chiese di lingua greca nate originariamente nel territorio dell'Impero Romano d'Oriente. A differenza di quanto accadde in Occidente, per quanto la chiesa greca assumesse rilevanza particolare, essa non fu mai in grado di imporre la propria supremazia sulle chiese "sorelle", che rimasero autocefale. Allo stesso modo, anche le chiese fondate da missionari ortodossi (specialmente fra le popolazioni slave) si resero rapidamente autonome dalle rispettive chiese-madri, considerandosi allo stesso loro livello. Fra queste la più importante è indubbiamente la Chiesa Ortodossa Russa.

La Chiesa Cattolica considera scismatiche, ma non eretiche, le Chiese Ortodosse, e ugualmente in senso inverso.

Fra le chiese orientali vanno annoverate le cosiddette chiese orientali antiche, derivate dalle dispute sul monofisismo e il nestorianesimo, teologicamente differenti dalle chiese ortodosse vere e proprie (entrambe nacquero durante le controversie cristologiche del V e VI secolo).

Vi sono, infine, una serie di culti cristiani ormai estinti, soprattutto legati alle numerosissime eresie che interessarono tutta la cristianità nella sua storia: fra gli altri, il cristianesimo ariano, che ebbe una grande importanza storica all'epoca delle invasioni barbariche, e l'eresia degli albigesi (o catari).

Statistiche

Il cristianesimo è la religione più diffusa al mondo, con circa 2,1 miliardi di fedeli, corrispondente al 33% degli abitanti del pianeta[22] e sono così divisi:



  • cattolici, circa 1 miliardo, 17,5%

  • protestanti, circa 400 milioni, 5,6%

  • ortodossi delle varie chiese (Russa, Greca, Armena), circa 240 milioni, 3,6%

  • anglicani, circa 70 milioni, 1,3%

  • altri, circa 400 milioni, 5,0%

Le due più grandi religioni seguenti sono l'Islamismo, che ha tra i 900 milioni e 1,4 miliardi di aderenti, e l'Induismo, tra 850 milioni e un miliardo di fedeli.




DOGMATIC CONSTITUTION ON THE CHURCH

LUMEN GENTIUM

SOLEMNLY PROMULGATED BY HIS HOLINESS

POPE PAUL VI

ON NOVEMBER 21, 1964


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