Cazzo… Cazzo… Cazzo… Era l’unica parola che il suo cervello riusciva a concepire
mentre vedeva che dal buco, lentamente, ma senza troppi sforzi, uscivano due braccia
grosse come prosciutti, seguite da una testa piccola e calva incassata tra due scapole
spioventi e poi dal resto di un essere enorme avvolto da copertoni di ciccia. Sembrava
indossasse una tuta da ginnastica verde di Sergio Tacchini.
Peserà almeno duecento chili.
Saverio aveva letto diversi trattati sull’uso delle armi bianche nel Giappone feudale e
sapeva che esisteva un mitico colpo mortale che il maestro del sedicesimo secolo
Hiroyuki Utatane aveva chiamato Il Vento tra i Loti. Richiedeva molto equilibrio, ma se
ben effettuato era capace di staccare di netto la testa all’avversario.
Cacciò un urlo, sollevò un piede, saltò in aria e nello stesso tempo compi una piroetta
di centottanta gradi tenendo la Durlindana dritta davanti a sé.
La spada tagliò l’aria mentre l’essere, con la rapidità e la grazia di una ballerina
obesa, fece un passo indietro, allungò una mano e afferrò la lama.
Saverio, per il contraccolpo, volò indietro e finì contro il muro della casetta. Aveva
ancora il manico tra le mani. Ma il resto della spada era stretta nel pugno dell’essere, che
la gettò a terra come spazzatura.
La solita monnezza di eBay… Saverio buttò via ciò che restava della sua spada
sacrificale. Non credo che potrò dare un feedback negativo a quei bastardi di The Art of
War di Caserta.
Il bestione gli si avvicinò a meno di un metro. Gli incombeva addosso con tutta la sua
stazza.
Il leader delle Belve di Abaddon alzò la testa per guardarlo. Uno smunto raggio di
luna brillava negli occhietti rossi e inespressivi del mostro, che scosse la testa e sorrise
mostrando una sfilza di denti storti e cariati. Saverio si sentì afferrare per le braccia e
sollevare in alto. Chiuse gli occhi cercando di risucchiare nei polmoni tutto il dolore.
Sentiva il respiro putrido del mostro. Avrebbe voluto sputargli in faccia, ma in bocca
non aveva più saliva.
Non importa. Era pronto a morire. Non avrebbe pregato, non avrebbe implorato.
Sarebbe morto come Mantos, il dio etrusco della Morte.
Il mostro lo lanciò contro un albero e l’ultima cosa che Saverio vide prima di
schiantarsi contro il tronco fu la luna, tonda e immensa, che era riuscita a trovare un
varco tra i veli lattiginosi delle nuvole. Era così vicina.
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