La misura dell’economia sommersa in Italia attraverso una reinterpretazione del metodo di stima della domanda circolante
La realistica ipotesi che le transazioni irregolari siano per lo più oggetto di trasferimento di contanti, il mezzo più sicuro per evitarne la tracciabilità, è il fondamento di un metodo di stima dell’economia sommersa ampiamente presente e discusso in letteratura. Si tratta nello specifico del Currency Demand Approach (CDA) una tecnica basata sulla stima econometrica della domanda di contanti, individuata in eccesso rispetto alla preferenza standard per la liquidità, e correlabile alla scelta di effettuare transazioni irregolari al fine di evitare adempimenti fiscali e contributivi.
L’intensità dell’economia sommersa viene quindi stimata applicando la velocità di circolazione della moneta registrata nell’economia ufficiale, alla domanda di contanti per transazioni irregolari così ottenuta5.
La metodologia, la cui trattazione esaustiva dovrebbe ricorrere alla descrizione completa del modello così come presentato nella letteratura ufficiale, perviene alla stima del peso del sommerso fondamentalmente in due stadi successivi:
1) stima econometrica della componente di domanda aggregata di moneta dedicata a transazioni nel settore sommerso;
2) calcolo del valore delle transazioni imputabili al sommerso via “teoria quantitativa della moneta”.
Si tratta quindi di un sistema di stima dell’economia sommerso definibile come macroeconomico-indiretto e che usa quindi aggregati di contabilità nazionale per giungere alla misurazione della misura assoluta del sommerso di un’economia.
Tale metodo, presentato per la prima volta da Cagan (1958) è stato quindi affinato ed applicato da Tanzi (1980, 1983) ed esposto a critiche e rivisitazioni successive che hanno cercato di minimizzare le problematiche legate al modello, prime tra tutte l’instabilità e la sensibilità legata al tipo e al numero di variabili utilizzate oltre che al periodo iniziale considerato nelle simulazioni.
La maggiore affidabilità della stima, rispetto a precedenti lavori basati sul CDA, deriva in primo luogo dal fatto di aver utilizzato una misura diretta del valore delle transazioni in contanti piuttosto che ricorrere a metodi indiretti6.
Di seguito andremo a sintetizzare i risultati ottenuti in una recente ricerca presentata nell’aprile 2012 da Guerino Ardizzi, Carmelo Petraglia, Massimiliano Piacenza and Gilberto Turati pubblicata nella collana “tema di discussione” della Banca d’Italia7. Lo studio, che nasce come evoluzione del modello CDA, è stato realizzato costruendo una base dati relativa e 91 province italiane (quelle per le quali erano a disposizione dati completi) osservate dal 2005 al 2008. Di seguito si riportano nel dettaglio le variabili utilizzate e la fonte delle informazioni.
Descrizione delle variabili utilizzate nella stima delle equazioni
Fonte: Ardizzi, Petraglia, Piacenza, Turati - Measuring the underground economy with the currency demand approach: a reinterpretation of the methodology, with an application to Italy. Aprile 2012.
I risultati ottenuti dal gruppo di lavoro individuano in Italia, nel periodo 2005-2008, un valore medio del sommerso fiscale pari al 16,5% del Pil, un risultato in linea con le altre stime disponibili e che quantificano la componente di sommerso fiscale (sia tributario che contributivo), nello stesso periodo, tra il 16,3% e il 17,5% del PIL (stime ufficiali dell’Istat, 2010).
A questo si deve però aggiungere il sommerso di attività di scambio rientranti nell’economia criminale (quali traffico di stupefacenti, prostituzione) e stimato nell’elaborato pari al 10,9% del PIL. Il modello infatti, per come è stato costruito, prende in considerazione in maniera separata il sommerso totale, nelle sue due componenti, fiscale e criminale.
La dinamica temporale dei risultati forniti dallo studio mostra un trend in crescita nel quadriennio per entrambe le componenti: +4% per il sommerso fiscale e +2,4% per quello derivante da attività illecite.
Il sommerso totale infatti, nel 2008, raggiungerebbe il 31,2% del Pil, contro il 24,6% calcolato per il 2005.
La prima fase della crisi economica dell’area euro e le conseguenti negative aspettative degli operatori potrebbero infatti aver indotto, secondo lo studio di Ardizzi, Petraglia, Piacenza, Turati, ad una maggiore sottrazione di reddito imponibile al Fisco, oppure a rivolgersi ai settori dell’economia illegale.
L’introduzione, a partire dal 2007, di nuove stringenti norme sulla tracciabilità delle transazioni bancarie potrebbero aver favorito il ricorso al contante e aver di fatto emergere una parte del sommerso non misurabile attraverso il modello CDA perché non legato in precedenza a transazioni in contanti.
Valori medi dell’economia sommersa in rapporto al PIL per anno e area geografica
Fonte: Ardizzi, Petraglia, Piacenza, Turati - Measuring the underground economy with the currency demand approach: a reinterpretation of the methodology, with an application to Italy. Aprile 2012.
L’analisi delle percentuali riportate in tabella evidenzia inoltre un significativo divario tra aree geografiche sia per quel che concerne il sommerso fiscale, pari al 18,5% nel centro-nord e al 12,0% al sud, sia quello legato alla criminalità e stimato al 12,5% al centro-nord contro il 7,3% del sud Italia.
Tale risultato merita sicuramente approfondimenti, che di fatto sfuggono in parte anche agli autori della ricerca, rispetto a quali possano essere le reali motivazioni del risultato ottenuto rispetto alla maggior propensione all’evasione fiscale nel centro-nord Italia piuttosto che al sud.
Più semplice e concreta sembra invece la spiegazione relativamente al sommerso criminale, legato di fatto alla crescente capacità delle organizzazioni illecite di spostare le proprie attività, in primis droga e prostituzione, in aree del paese dove sussiste maggiore benessere e di conseguenza maggior domanda potenziale e pagante.
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