Ebraismo
L'Ebraismo non riconosce Gesù come il Messia atteso, né tantomeno gli attribuisce natura divina, caratteristiche non sono state considerate estranee alla tradizione ed alla religione monoteistica ebraica. Mosè Maimonide, rabbino del XII secolo e fondamentale teologo ebraico, lo chiama «Gesù il Nazareno», e lo considera alla stregua di un rabbì itinerante – al quale la successiva tradizione cristiana, mentendo, ha attribuito miracoli, e del quale ha falsamente proclamato la resurrezione.
Circa il processo di Gesù che ne decretò la morte, secondo la Jewish Encyclopedia (1901-1906) la responsabilità fu della "arrogante" gerarchia sadducea. Questa ne decretò la morte consegnandolo a Pilato, ma non istituì un vero e proprio processo sinedrita (che avrebbe coinvolto anche l'ebraismo farisaico, sul quale si basa l'ebraismo contemporaneo). Il principale motivo della condanna non derivò da questioni teologiche relative alla divinità o messianicità di Gesù ma dalla reazione all'episodio della cosiddetta Purificazione del Tempio da lui compiuto.
Gli aderenti all'Ebraismo messianico, una corrente minoritaria particolarmente diffusa negli Stati Uniti e considerata eterodossa dal resto dell'Ebraismo, riconoscono la natura messianica di Gesù, i suoi miracoli e la sua risurrezione, pur non attribuendogli natura divina.
Religioni classiche
La figura di Gesù e il suo insegnamento vengono investigati dai teologi e filosofi del paganesimo solo a partire dal III secolo. Al riguardo, tuttavia, disponiamo di poche fonti, per lo più mediate dalle opere dei Padri della Chiesa del IV secolo.
Il principale testo di riferimento è certamente la Filosofia desunta dagli oracoli, opera perduta del filosofo ‹pagano› Porfirio (203-305). In quest'opera, Porfirio, come riporta Sant'Agostino, afferma:
« Certamente al di là di ogni aspettativa può sembrare quel che sto per dire. Gli dèi hanno considerato il Cristo molto devoto e hanno ricordato che è stato reso immortale anche per la sua predicazione. Gli dèi dicono che i cristiani al contrario sono corrotti, depravati, avviluppati nell’errore e proferiscono molti oltraggi contro di loro. »
(Agostino, De Civitate Dei, XIX, 23)
Aggiunge poi altri brani come responsi degli dèi che oltraggiano i cristiani; quindi afferma:
« A coloro che chiedevano se Cristo è Dio, Ecate rispose: "Tu sai come l’anima umana dopo il corpo si perfeziona, ma separata dalla sapienza è sempre in errore. Quell’anima è di un uomo insigne; essi lo adorano perché la verità non è in loro". »
(Agostino, Op. cit.)
Dunque Ecate ha detto che era un uomo molto devoto e che la sua anima, come quella degli altri uomini devoti dopo la morte, fu stimata degna dell’immortalità e perciò i cristiani, che sono insipienti, lo adorano. E aggiunge:
« A coloro che interrogavano: "Ma perché dunque è stato condannato?", la Dea diede questo responso: "Il corpo è sempre soggetto a tormenti che lo spossano; invece l’anima degli uomini devoti ha la propria dimora nella casa del cielo. Però quell’anima diede per fatalità ad altre anime d’impigliarsi nell’errore e ad esse il destino non concesse di ottenere i doni degli dèi né di avere il riconoscimento di Giove l’immortale. Sono perciò detestati dagli dèi perché, sebbene ad essi per destino non fu dato di conoscere il Dio né di ricevere doni dagli dèi, Cristo è stato l'occasione fatale di d’impigliarsi nell’errore. Egli, essendo devoto, come tutti i devoti, ebbe dimora in cielo. Quindi non lo oltraggerai ma avrai pietà della pazzia degli uomini, per i quali egli è facilmente un pericolo estremo". »
(Agostino, Op. cit.)
Quindi, secondo questa testimonianza ‹pagana›, Gesù era un uomo saggio e pio, degno dell'immortalità insieme a Pitagora ed Eracle, ma i suoi seguaci, i cristiani, ebbero il grave torto di trasformarlo in un dio e quindi di adorarlo, rinnegando, così, l'essenza di Dio. I cristiani dovrebbero dunque limitarsi ad adorare Dio senza credere in Gesù come Dio.
La posizione di queste opere ‹pagane› – il rifiuto di Cristo come Dio ma il rispetto di Cristo come maestro e santo — verrà poi ripresa da alcune correnti cristiane del IV secolo dette «adozioniste», giudicate eretiche dalle Chiese cristiane conciliari.
Islam
Sulla base del Corano, i seguaci dell'Islam onorano la figura di Gesù (عيسى, ʿĪsā in arabo). L'Islam crede nel suo concepimento virginale da Maria – definita appunto al-Batūl, "la Vergine" (3,47; 19,20; 21,91; 66,12). Gesù è un grande profeta di Dio (ﺭﺴﻮﻝ الله , rasūl Allāh, 4,157; 61,6; 6,85), ma di natura umana, e non divina (4,171; 5,75).
Ha compiuto miracoli "col permesso di Allah"[70]: cosa che non fu concessa neanche a Maometto, se si eccettua la sua perfetta fedeltà alla lettera del Messaggio divino, nel momento in cui egli lo riproponeva agli uomini. Non fu Gesù a essere crocifisso e morire in croce («qualcuno fu reso ai loro occhi simile a Lui», 4,157). Ascese al Cielo (3,55), senza dunque risorgere («Iddio lo innalzò a Sé», 4,158). In base al versetto «Egli non è che un Presagio per l'Ora» (43,61), Gesù sarebbe destinato a tornare nel mondo, come Mahdi, prima del giorno del Giudizio, apparendo all'altezza del minareto cosiddetto "di ʿĪsā" nella Moschea degli Omayyadi di Damasco. Il suo fine di combattere e sconfiggere il Dajjal sarà coronato da successo ed egli potrà avviare quindi un quarantennio di perfetta vita islamica sulla Terra, prima di morire, infine, di morte naturale ed essere sepolto a Medina, risorgendo subito dopo, nell'apocalittico Yawm al-dīn per il definitivo giudizio divino.[71] La necessità della sua morte sembra d'altronde coerente con l'assioma per cui a nessun uomo è concessa l'immortalità, tanto anche Maometto dovette morire nel 632.
Alcuni commentatori del Corano (tra cui Zamakhsharî e Baydâwî) sostengono che uno degli apostoli (magari Pietro) si sia offerto come "sostituto" per il maestro, nella speranza di ottenere il paradiso come ricompensa. Tra le altre ipotesi avanzate circa l'identità del sostituto: Simone di Cirene, Giuda Iscariota, Satana, un soldato romano di nome Titanus, o un altro sconosciuto.
Il movimento della Ahmadiyya di Qādyān e di Lahore, in India – di origine islamica, ma considerato dai sunniti e dagli sciiti come eretico – afferma che Gesù non sarebbe morto in croce: a loro detta, dalla Palestina fuggì in India, dove visse ancora per molti anni, fino a morire di vecchiaia a Srinagar, nel Kashmir: qui, in effetti, si trova un monumento tradizionalmente indicato come «la tomba di ‘Īsā».
Gesù nell'arte
La persona di Gesù e gli eventi a lui relativi narrati nel Nuovo Testamento hanno ispirato innumerevoli opere artistiche e culturali nei successivi due millenni. Si tratta soprattutto di pitture, mosaici, statue, melodie e canti ad uso della devozione cristiana; in epoca contemporanea, si sono aggiunti anche romanzi, film, opere teatrali.
Le raffigurazioni pittoriche di Gesù e dei santi, attestate sin dai primi secoli dell'era cristiana, marcano un deciso distacco dalla religiosità ebraica, che avversava profondamente qualunque riproduzione di esseri viventi, e vietava categoricamente la raffigurazione di Dio.
I vangeli non forniscono una descrizione fisica di Gesù. Nei primi secoli del Cristianesimo non si hanno sue rappresentazioni dirette, ma piuttosto simboli o immagini allegoriche – come il pesce, il Buon Pastore, il Crismon-Labarum, il Sator. Non sono attestate rappresentazioni antiche della crocifissione – che per la cultura greco-romana rappresentava la pena più ignominiosa (fa eccezione il cosiddetto Graffito di Alessameno, probabile "vignetta" anticristiana).
Nel periodo tardo antico, con la secolarizzazione del culto cristiano e il distacco definitivo dalla tradizione ebraica, si diffondono rappresentazioni dirette di Gesù. Il suo volto viene inizialmente raffigurato come quello di un giovane imberbe e con i capelli corti – tale modello rimarrà in uso fino al VI secolo, con una successiva ripresa in età carolingia. Dal IV secolo appare il Gesù barbuto, con i capelli lunghi, che è diventato la raffigurazione tradizionale del Cristo. Il cambiamento fu probabilmente influenzato in Oriente dal Mandylion e in Occidente, successivamente, dalla Sindone – che peraltro i sindonologi ipotizzano coincidente con lo stesso Mandylion.
Per secoli l'iconografia ha privilegiato l'aspetto maestoso e glorioso di Gesù risorto, rappresentato dal modello del Pantocratore (= "onnipotente"). A partire dal Medioevo, in concomitanza con la predicazione di Francesco d'Assisi, si afferma definitivamente in Occidente la raffigurazione della crocifissione, che si affianca a quella di Gesù risorto.
Nel Rinascimento la figura di Gesù si laicizza, e diventa il prototipo dell'uomo perfetto. Tale visione avrà il suo massimo esponente in Michelangelo, che nel Giudizio universale recupera l'immagine paleocristiana del Cristo imberbe.
Chiesa
Il termine Chiesa deriva dal greco ἐκκλησία, ekklesía che vuol dire "comunità" oppure "convocazione". Nell'Antico Testamento, infatti, per Chiesa si indicava l'assemblea del popolo di Dio riunita per il culto e nel Nuovo Testamento l'assemblea dei credenti riunita in Cristo per mezzo del Battesimo e della comune fede in Dio secondo il messaggio di Gesù Cristo predicato dagli Apostoli.
Essa quindi, in definitiva, è la comunione dei battezzati, che fanno unico Corpo con il loro Signore e fra di loro.
San Paolo, nei suoi vari scritti, paragona la realtà della Chiesa a quella dell'organismo vivente, nel quale ogni membro svolge una specifica funzione per l'intero beneficio di sé stesso e dell'intero corpo (Prima Lettera ai Corinzi) delineando, all'interno di una sola comunità, una molteplicità di doni e di carismi operati dallo Spirito Santo per la vita dei singoli e della comunità ecclesiale stessa.
Nelle varie citazioni del Nuovo Testamento, la Chiesa assume varie altre denominazioni quali Popolo di Dio, Corpo di Cristo, Sposa di Cristo, Edificio di Dio.
Teologia
La Chiesa cattolica si intende come Corpo Mistico di Cristo di cui lo stesso Gesù è il capo spirituale. Secondo la definizione del Catechismo Tridentino, "essa è divisa in due parti: la chiesa trionfante, cioè coloro che godono la beatitudine eterna, e la chiesa militante, cioè l'insieme di tutti i fedeli che ancora vivono sulla terra... Nella Chiesa militante vi sono due specie di uomini: i buoni e i cattivi. I cattivi partecipano dei medesimi sacramenti e professano la stessa fede dei buoni, ma ne differiscono per la vita e i costumi. Buoni sono quelli i quali sono congiunti e stretti tra loro non solo dalla professione della fede e dalla comunione dei sacramenti, ma anche dal soffio della grazia e dal vincolo della carità".
Nell'ecclesiologia del Concilio Vaticano II, riprendendo delle definizioni più antiche, si afferma che ciascun cristiano col battesimo partecipa con Cristo alla sua missione sacerdotale (consacrazione), profetica (annuncio della parola) e regale (servizio al fratello). A ciò va aggiunto il cosiddetto "sacerdozio ministeriale", cioè l'ordine sacro, in particolare quello dei vescovi, chiamati vicari di Cristo, in quanto governano la Chiesa in suo nome. In particolare il vescovo di Roma, cioè il Papa, svolge uno speciale "primato".
Nel corso dei secoli, in seguito a diverse interpretazioni teologiche ed anche a problematiche storiche, si sono ramificate numerose comunità ecclesiali con diverse teologie. La branca della teologia che studia la natura delle "chiese" viene detta "ecclesiologia".
Attualmente la Chiesa cattolica riconosce come Chiese quelle che possono contare sulla successione apostolica (termine coniato da Sant'Ireneo di Lione). In questa categoria, oltre alla Chiesa cattolica, rientrano anche le Chiese ortodosse, mentre le "chiese" della riforma sono generalmente chiamate comunità ecclesiali.
Nel primo millennio infatti la Chiesa cristiana era composta dai Patriarcati di Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, inizialmente tutti su un piano di parità. Successivamente, in virtù di differenziazioni storiche, politiche e culturali tra il Papa (vescovo di Roma cui l'Oriente attribuiva un primato d'onore ma l'Occidente già riconosceva un primato più effettivo, anche giurisdizionale) e il Patriarca di Costantinopoli (primus inter pares della Chiesa orientale) cominciarono una serie di incomprensioni e scontri, sia per motivi di supremazia che per ragioni teologiche e liturgiche. Si giunse così, decretato da scomuniche reciproche nel 1054, allo scisma tra la Chiesa cattolica e la Chiesa Ortodossa. Gli ortodossi non riconoscono il primato del Papa, né le innovazioni che a mano a mano nei secoli vennero introdotte dalla cristianità d'Occidente.
I protestanti, nel tentativo di "riformare" la Chiesa, e cioè di riportarla alla forma che aveva alla sua origine, si rifanno al concetto di Chiesa espresso nel Nuovo Testamento di "comunità dei credenti".
Quasi tutte le confessioni cristiane comunque, al di là delle divisioni, nel Simbolo niceno-costantinopolitano definiscono la chiesa una (oltre a santa, cattolica ed apostolica), in quanto uno è il capo pur nella diversità delle membra: Cristo. Tale concetto di unità viene interpretato in maniera diversa nelle varie comunità cristiane, ma comune è lo sforzo nella ricerca del ritorno ad una piena unità della chiesa: tale movimento si chiama ecumenismo.
Storia
La Chiesa ha origine nel I secolo, inizialmente costituendosi all'interno della religione ebraica (di cui era considerata una setta). Con la predicazione di Paolo di Tarso si formano anche comunità di "gentili", cioè di persone di origine non ebraica, prevalentemente di cultura ellenistica. Nel II secolo le Chiese giudeo-cristiane (quelle vicine all'ebraismo) vengono progressivamente estromesse dall'ebraismo che sta riorganizzando le proprie strutture e basi religiose dopo la crisi della distruzione del Tempio del 70, mentre le Chiese dei gentili continuano ad espandersi. Gli storici indicano col termine "Grande Chiesa" l'insieme delle comunità derivate dai vari apostoli (sia quelli di Gerusalemme che quelli legati a Paolo di Tarso) che più avanti confluiranno nella Grande Chiesa unita (cattolica e ortodossa) del primo millennio, per distinguerle dai gruppi marginali di ispirazione cristiana che elaborano particolari dottrine che non saranno accettate dalla maggioranza, come gli ebioniti e gli gnostici.
Una seconda fase della Chiesa è quella della patristica, cioè la formazione di un corpus di commenti alle Scritture, dispute con gli eretici e apologie nei confronti del "paganesimo" e del Giudaismo, dovuto a scrittori, spesso ecclesiastici, continuamente spronati a ripensare le dottrine del cristianesimo nell'ambito della cultura dell'epoca. In quest'epoca comincia a sentirsi l'esigenza di un canone di scritture specifico cristiano da accostare a quello ebraico, che fino ad allora era stato considerato l'unico necessario, nella forma precedente alla distruzione del Tempio.
A partire dal IV secolo si pone anche il problema del rapporto con lo Stato, in particolare l'Impero Romano, dopo che il cristianesimo cambia lo status giuridico, da religione prima illecita (fino a Costantino I), a religione tollerata ad, infine, religione di Stato, con Teodosio I. Comincia progressivamente a differenziarsi anche la mentalità delle Chiese latine rispetto a quelle greche, e con i Concili ecumenici si assiste ad una definizione rigorosa dell'ortodossia e alla formazione di un linguaggio teologico specifico cristiano, mutuato dalla filosofia greca. Ciò comporta anche il distacco di alcune chiese "etniche" dall'alveo della Grande Chiesa (vedi Chiese orientali antiche), che ormai viene comunemente indicata come Chiesa cattolica e ortodossa.
La storia del cristianesimo tratta della storia della religione cristiana e delle sue istituzioni in tutto il periodo che va dalle origini del cristianesimo nel I secolo fino ad oggi.
La periodizzazione
Si è soliti distinguere 4 fasi della storia del cristianesimo, corrispondenti a quelle della civiltà occidentale (pur tenendo conto dei limiti di tale periodizzazione: per esempio, le Chiese dell'Europa Orientale non hanno conosciuto quel fenomeno che in Occidente passa sotto il nome di Medioevo):
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epoca antica (I-VIII secolo): dalla nascita, con Gesù, fino al sorgere del Sacro Romano Impero con Carlo Magno
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epoca medievale (VIII-XIV secolo): da Carlo Magno fino alla nascita degli Stati nazionali assolutistici nel Trecento (soprattutto Francia e Spagna); inizio di rottura col Medioevo è la lotta tra papa Bonifacio VIII e il re di Francia Filippo il Bello
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epoca moderna: è l'epoca della nascita degli Stati nazionali, dei grandi Concili del XV e XVI secolo, della rottura dell'unità religiosa dell'Europa Occidentale, con la nascita del movimento luterano; il periodo termina con la rivoluzione francese (XIV-XVIII secolo);
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epoca contemporanea (XIX-XXI secolo): dalla Rivoluzione Francese ai nostri giorni.
La storia del cristianesimo viene perciò suddivisa in quattro grandi epoche:
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Storia del Cristianesimo, I-VIII secolo – L'epoca antica
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Storia del Cristianesimo, VIII-XIV secolo – L'epoca medioevale
2.Storia del Cristianesimo, VIII-XIV secolo
La storia del cristianesimo nei secoli VIII-XIV tratta della storia della religione cristiana e delle sue istituzioni nell’epoca medievale, ossia da Carlo Magno fino alla nascita degli Stati nazionali assolutistici nel Trecento. Segno della di rottura col Medioevo e dell’inizio di una nuova fase della storia del cristianesimo è la lotta tra Papa Bonifacio VIII e il re di Francia Filippo il Bello
Questo periodo della storia del Cristianesimo nasce con l'affermarsi in Europa Occidentale del Sacro Romano Impero di Carlo Magno e dunque con la conseguente fine dell'influenza in Occidente di quel che rimaneva dell'Impero Romano antico; il Papa di Roma prende sempre più consapevolezza del suo ruolo all'interno della comunità medievale e di conseguenza inizia quel progressivo distacco dalla chiesa cristiana d'Oriente (denominata abitualmente ortodossa) fino alla rottura nel 1054 e alle distruzioni apportate dalle Crociate.
Inoltre, le invasioni arabe e il passaggio di una grande parte della cristianità d'Oriente sotto la dominazione musulmana (VII-VIII secolo) modificano profondamente il paesaggio del cristianesimo orientale. Infatti, nelle regioni che passano sotto il controllo musulmano (e dunque libere dal controllo bizantino) si sviluppano liberamente delle Chiese che potremmo chiamare dissidenti (per esempio la Chiesa Copta in Egitto). Accanto a queste Chiese, ne nascono, nel corso del Medioevo, altre, chiamate uniate, che, pur mantenendo il loro rito proprio, riconoscono l'autorità giurisdizionale del Vescovo di Roma, il Papa.
In Occidente, il Cristianesimo scompare nel Nordafrica, mentre in Spagna i cristiani sono ridotti ad una minoranza. Nello stesso tempo prosegue la conversione al cristianesimo delle nuove popolazioni stanziatesi nell'ex Impero Romano. In questo processo il papato avrà un ruolo decisivo.
L’Oriente cristiano
In questo contesto, consideriamo solo le Chiese ortodosse calcedonesi, ossia le Chiese orientali che riconoscono il Concilio di Calcedonia, mentre per le altre Chiese cristiane (copta, antiochena, monofisita, armena, ecc.) si devono consultare le singole voci.
Imperatori, patriarchi e monaci a Costantinopoli
I Bizantini vedevano nel loro Impero l'immagine del regno celeste e nell'Imperatore l'immagine del sovrano celeste. Egli è il "luogotenente di Dio" ed è da lui che riceve il suo potere. L'incoronazione nella Basilica di Santa Sofia a Costantinopoli ad opera del Patriarca simbolizza questa sanzione divina (anche nei casi più chiari di usurpazione, il patriarca non ha mai rifiutato di incoronare un imperatore). In virtù di questo, l'imperatore è l'unico sovrano legale della città terrestre e tutti gli altri re sono suoi subordinati. Ancora nel XIV secolo, quando ormai l'Impero bizantino volgeva al termine, l'imperatore ricordava al granduca di Mosca, che misconosceva l'autorità dell'Imperatore, che "unico è l'Imperatore universale".
La persona dell'Imperatore ha un carattere sacro: egli è uguale agli Apostoli (isapostolos). Non è prete, ma, come i preti, entra nel Santo dei Santi, dietro l'iconostasi, e comunica sotto le due specie. Spetta all'Imperatore far rispettare le leggi ecclesiastiche, che in molti casi sono ipso facto anche leggi civili. È lui che convoca i Concili ecumenici; è lui che sceglie il Patriarca, in base ad una lista che gli viene presentata (può anche scegliere un laico, come nel caso di Fozio I, che poi in pochi giorni riceve tutti gli ordini sacri). Nei primi secoli, inoltre, l'Imperatore interviene nella questione dei dogmi, interventismo che culminerà con la crisi iconoclasta.
Teoricamente, tra imperatore e patriarca dovrebbe regnare l'armonia per il bene dello Stato e della Chiesa. Ma è di fatto un fragile equilibrio. Quando, negli ultimi secoli dell'Impero, gli imperatori, per motivi strettamente politici, chiederanno l'unione con la Chiesa di Roma, si troveranno ad affrontare l'opposizione della Chiesa, in particolare dei patriarchi e dei monaci.
I veri vincitori della crisi iconoclasta sono i monaci, che formano un vero e proprio partito, che non esita a contestare l'autorità imperiale. Per il loro alto numero e la loro presenza in tutti gli abiti della popolazione, esercitano un grande influsso sul popolo e sull'opinione pubblica. Con il loro ascetismo e il rifiuto del mondo, costituiscono un ideale di vita per il popolo, che li considera i veri mediatori con Dio. Sempre più frequentemente, è tra i monaci che verranno scelti i Patriarchi di Costantinopoli.
La crisi iconoclasta
Nel corso del VII secolo si sviluppa l'iconoclastia, ossia una reazione e un rifiuto del culto delle immagini (icone in greco). È un culto che si manifesta in diversi modi: dall'accensione di una lampada alla prosternazione davanti alle immagini, fino ad arrivare a considerarle sacre in se stesse.
Le prime misure iconoclaste sono prese nel 725 dall'imperatore Leone III, quando sostituisce il patriarca di Costantinopoli Germano con Anastasio, fedele all'iconoclastia. Ma con il nuovo Imperatore, Costantino V, la dottrina iconoclasta diventa dottrina ufficiale dell'impero, ed inizia la persecuzione. I maggiori oppositori (gli iconoduli, favorevoli al culto delle immagini) sono i monaci, che a Costantinopoli sollevano il popolo. Con l'imperatrice Irene si ha una reazione opposta: essa convoca un concilio che, nel 786-787, ristabilisce il culto delle immagini. La lotta riprende nell'815 quando il nuovo Imperatore Leone V ritorna all'iconoclastia, ma deve subire una dura reazione, condotta soprattutto da Teodoro lo Studita. Solo con la morte dell'imperatore Teofilo, nell'845, viene definitivamente ristabilito il culto delle immagini.
La conversione degli Slavi
Nel corso del VI secolo la penisola balcanica è invasa da tribù slave pagane. La conversione al cristianesimo di queste tribù si compie in diverse tappe ed è accompagnata da frizioni con la Chiesa occidentale.
Nell'862 Rotislav, principe della Grande Moravia, chiede ai Bizantini di inviargli alcuni preti per formare una chiesa locale. Il patriarca Fozio gli invia due fratelli, Cirillo e Metodio, originari di Tessalonica, che conoscevano il mondo slavo perché di ascendenza slava per via di madre. Cirillo mette a punto il primo alfabeto slavo, il glagolitico. La loro missione è un successo. Agli inizi essa è sostenuta dal papa di Roma; ma ben presto si inimicano i partigiani dell'uso delle tre lingue (che ammettevano solo l'uso del greco, del latino e dell'ebraico come lingue liturgiche), e soprattutto alcuni vescovi franchi, che temevano che la regione passasse dall'influenza politica germanica a quella bizantina. Dopo la morte dei due fratelli, i loro successori furono cacciati dalla Grande Moravia.
I Bulgari, la cui élite era di origine turca dall'Alto Volga dove esisteva una Bulgaria musulmana dal 920 d.C., nemici di lunga data dei Bizantini, si convertono al cristianesimo nello stesso periodo. Nell'866, il khan bulgaro Boris I]] (852-889) è battezzato, e con lui tutto il suo popolo. Agli inizi la Bulgaria esita tra Roma e Costantinopoli; alla fine, accetta usi, costumi e tradizioni liturgiche di Bisanzio. La stessa sorta tocca ad altre tribù slave, stanziatesi nell'attuale Serbia. Così avviene che proprio nei Balcani inizia a crearsi una nuova frontiera, che divide mondo cristiano ortodosso orientale, e mondo cristiano cattolico occidentale.
Un altro avvenimento capitale è la conversione al cristianesimo dei Russi. La principessa Olga, moglie del principe di Kiev, Igor, era già convertita intorno alla metà del X secolo, ma il suo battesimo fu confermato a Costantinopoli intorno al 945. Nel 989 suo nipote, il principe Vladimiro I di Kiev, preoccupato di rendere più solido il suo potere, negozia con i Bizantini il suo battesimo, quello dei suoi popoli e un matrimonio diplomatico con la sorella dell'Imperatore Basilio II, principessa Anna. Così da questo momento la Russia passerà sotto l'influenza bizantina fino al crollo di Bisanzio nel XV secolo e diventando sua erede con Giovanni IV detto il Terribile (Mosca Terza Roma).
Nel corso del X secolo il re di Polonia Mieszko I, quello di Ungheria Vajk, che col battesimo prende il nome di Stefano (Istvan) nel 1001 e sarà fatto santo, e Borivoj I di Boemia, sposo di [Santa Ludmila]] e nonno di San Venceslao, si convertono al cristianesimo, portando con loro nella conversione tutti i rispettivi popoli. Questi nuovi popoli oscilleranno fra l'influenza occidentale (dell'Impero Franco e del Papato di Roma) e Costantinopoli.
Così le due sfere di influenza, del Sacro Romano Impero Germanico e dell'Impero Bizantino, determinano, da nord a sud dell'Europa, una frontiera religiosa e culturale in certo qual modo ancora oggi esistente.
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