Filosofia e Rivoluzione Industriale. La rivoluzione industriale


II. 3. Lamarck e Darwin più da vicino



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II. 3. Lamarck e Darwin più da vicino


Verso la fine del XVIII, lo zoologo e naturalista francese Jean-Baptiste Lamarck coniò il termine biologia ed elaborò la teoria sull’ereditarietà dei caratteri acquisiti. Con la pubblicazione, nel 1809, dell’opera Philosophie zoologique giunse alla conclusione che gli organismi, così come si presentavano, fossero il risultato di un processo graduale di modificazione che avveniva sotto la pressione delle condizioni ambientali.

La sua è considerata la prima teoria evoluzionista e si basa su tre principi:



  1. Il principio di mutazione in grado di render conto della varietà di specie esistenti: Lamarck riteneva che poche specie fossero riuscite a mutare nel corso degli anni.

  2. L’uso e il non uso degli arti: le specie avevano, con il tempo, sviluppato gli organi del loro corpo che permettevano di sopravvivere e di adattarsi all’mbiente. Per spiegare questa idea ricorse all’sempio delle giraffe: in un primo momento, secondo Lamarck, sarebbero esistite solo giraffe con il collo corto; queste ultime, per lo sforzo fatto per arrivare ai rami più alti, sarebbero poi riuscite a sviluppare collo e zampe anteriori e quindi ad avere quindi organi adatti alle circostanze.

  3. L’ereditarietà dei caratteri acquisiti: le specie erano in grado di tramandare i caratteri acquisiti (il collo e le zampe più lunghi nel caso delle giraffe) ai discendenti.

La teoria di Lamarck consiste nell’affermazione “l’uso crea l’organo” e questo è tramandato alla discendenza.

La teoria evoluzionista successiva ha abbandonato la teoria lamarckiana, soprattutto per quanto riguarda l’reditarietà dei caratteri acquisiti. È ormai appurato che le mutazioni somatiche non si possono trasmettere ereditariamente, perché esse non intervengono sul patrimonio genetico dell’individuo che sarà poi trasmesso alla progenie. Tuttavia, gli ultimi studi sul citoplasma, sulla clonazione somatica riproduttiva nei mammiferi e sui citoplasti universali stanno dimostrando che tale teoria, contrariamente a quanto era stato ritenuto in precedenza, è integrabile, in alcune sue parti, con quella della selezione naturale del biologo inglese Charles Darwin (che era tra l’ltro un estimatore di Lamarck).

Nonostante ciò, Lamarck rimane il primo scienziato a propugnare una teoria evoluzionista che affermasse la mutazione delle specie nel corso del tempo (idea che sarà poi condivisa da Darwin). In questo modo egli portava la biologia fuori dal campo della filosofia e dal creazionismo e fondava una prospettiva dinamica della storia naturale.
Charles Robert Darwin (1809-1882)

Il suo nome è legato alla teoria dell’evoluzione delle specie (animali e vegetali) per selezione naturale e per aver teorizzato la discendenza di tutti i primati (uomo compreso) da un antenato comune. Pubblicò la sua teoria sull'evoluzione delle specie nel libro L’origine delle specie (1859), che è rimasto il suo lavoro più noto. Raccolse molti dei dati su cui basò la sua teoria durante un viaggio intorno al mondo in cui visitò le isole di Capo Verde, le Isole Falkland, la costa del Sud America, l’Australia e in particolare durante la sua sosta alle Isole Galápagos. Al suo ritorno nel 1836, Darwin analizzò campioni di specie animali e vegetali raccolti e notò somiglianze tra fossili e specie viventi della stessa area geografica. In particolare, notò che ogni isola dell’arcipelago delle Galápagos aveva proprie forme di tartarughe e specie di uccelli differenti per aspetto, dieta, eccetera, ma per altri versi simili.

Nella primavera del 1837 gli ornitologi del British Museum, a cui si era rivolto, lo informarono che le numerose e piuttosto differenti specie che egli aveva raccolto appartenevano tutte ad uno stesso gruppo (cui appartengono anche i comuni fringuelli). La lettura del saggio sui principi della popolazione di Thomas Malthus (1798) (in cui si teorizzava il concetto di disponibilità di risorse alimentari intesa come limite alla numerosità delle popolazioni animali) gli forniva l’idea per la teoria dell’evoluzione per selezione naturale e sessuale. Darwin ipotizzò che, ad esempio, le differenti tartarughe avessero avuto origine da un'unica specie e si fossero diversamente adattate nelle diverse isole.

Consapevole dell’impatto che la sua ipotesi avrebbe avuto sul mondo scientifico, Darwin si mise ad indagare attivamente alla ricerca di eventuali errori, facendo esperimenti con piante e piccioni e consultando esperti selezionatori di diverse specie animali. Nel 1842 stese un primo abbozzo della sua teoria, e nel 1844 iniziò a redigere un saggio di in cui esponeva una versione più articolata della sua idea originale sulla selezione naturale. Fino al 1858 (anno in cui Darwin si sarebbe presentato alla Linnean Society di Londra)17 non smise mai di limare e perfezionare la sua teoria.

Con la teoria evoluzionistica Darwin dimostrò che l’evoluzione è l’elemento comune, il filo conduttore della diversità della vita. Secondo una visione evolutiva della vita, i membri dello stesso gruppo si assomigliano perché si sono evoluti da un antenato comune. La teoria evoluzionistica di Darwin si basa su tre presupposti fondamentali:


  1. Riproduzione: tutti gli organismi viventi si riproducono con un ritmo tale che, in breve tempo, il numero di individui di ogni specie potrebbe non essere più in equilibrio con le risorse alimentari e l’ambiente messo loro a disposizione (teoria di Malthus).

  2. Variazioni: tra gli individui della stessa specie esiste un'ampia variabilità dei caratteri; ve ne sono di più lenti e di più veloci, di più chiari e di più scuri, e così via.

  3. Selezione: esiste una lotta continua per la sopravvivenza all’interno della stessa specie e anche all’esterno. Nella lotta sopravvivono gli individui più favoriti, quelli meglio strutturati per sfruttare le risorse naturali messe loro a disposizione, ottenendo un vantaggio riproduttivo sugli individui meno adatti.

La selezione naturale avviene quando variazioni ereditabili vengono esposte a fattori ambientali che favoriscono il processo riproduttivo di alcuni individui rispetto ad altri. Egli affermò che l’evoluzione di nuove specie deriva da un accumulo graduale di piccoli cambiamenti. Ciascuna specie presenta una propria serie di adattamenti, ossia di caratteristiche che si sono evolute mediante la selezione naturale; comprendere in che modo gli adattamenti si sono evoluti per selezione naturale è di estrema importanza nello studio della vita quindi nella biologia.

II. 4. Spencer (da non fare).

L’idea di progresso, esteso alla totalità del mondo, ed il suo valore quasi divino sono alla base del Sistema di filosofia sintetica, diffuso nell’1860 da Herbert Spencer (1820-1903). Ingegnere delle ferrovie inglesi, abbandonata la carriera si dedicò alla sua attività di scrittore e filosofo. Nel saggio Il progresso, sua legge e causa, del 1857, l’evoluzionismo è interpretato come evidente affermazione del progresso, inteso come fatto universale e cosmico.

L’evoluzione, per Spencer, è un processo durante il quale elementi disomogenei e separati entrano in reciproca dipendenza. Coerentemente con il positivismo, Spencer riscontra analogie tra l’organismo individuale e l’organismo sociale. Entrambi vedono l’aumentare della loro massa con il passare del tempo, mutare la loro struttura, che diviene più complessa, aumentare l’interdipendenza delle loro parti e sopravvivere alla morte delle loro singole componenti. Il suo pensiero è quindi basato sul connubio tra l’evoluzionismo darwiniano ed una visione sociologica organicista che prende le mosse da Comte.

Il carattere divino della realtà, disvelata dal progresso cosmico, è il punto di partenza dei Principi primi, il suo scritto filosofico fondamentale. Nella prima parte dello scritto “L’inconocibile”, viene prospettata la possibilità di una conciliazione tra religione e scienza, dato che entrambe hanno come oggetto un mistero, che da sempre esige di essere interpretato. La natura ultima della realtà, di cui la scienza studia le manifestazioni è un enigma impenetrabile e tale è destinato a rimanere. E questo perché la nostra conoscenza è chiusa entro i limiti del relativo e ad essa è precluso l’accesso alla realtà suprema, sia che la chiamiamo Assoluto o Infinito. Se la scienza è limitata al fenomeno, questo non significa che esso sia pura apparenza. I fenomeni sono per Spencer una meravigliosa manifestazione dell’Inconoscibile, “gli effetti condizionati di una causa incondizionata”, ma non per questo sono meno reali di essa. Il rapporto di reciproco rispetto tra la religione e la scienza si fonda sul fatto che la prima deve riconoscere l’Inconoscibile e la seconda agire all’interno del conoscibile. E la filosofia? Ad essa spetta la conoscenza al suo più alto grado di generalità. La filosofia è la rappresentante stessa della teoria evolutiva, poiché è il prodotto finale di quel processo che comincia con la raccolta di osservazioni isolate e termina con le proposizioni universali. Essa deve assumere come suo proprio materiale e punto di partenza i principi più vasti e generali ai quali la scienza è giunta. “Unificare i risultati delle varie scienze in una generalizzazione superiore”, per questo Spencer definisce il suo pensiero come sistema di filosofia sintetica. I risultati generali raggiunti dalle varie discipline scientifiche sono riassumibili in tre principi:




  • L’indistruttibilità della materia,

  • La continuità del movimento,

  • La persistenza della forza.

Tali principi generali richiedono una formula sintetica che implichi una redistribuzione della materia e della forza e Spencer la identifica con legge dell’evoluzione per la quale la materia passa da uno stato di dispersione a uno di concentrazione, mentre la forza che ha operato tale concentrazione si dissipa.

I Primi Principi definiscono la natura e i caratteri generali dell’evoluzione che è un processo che si attua attraverso tre passaggi:



  1. Passaggio dall’incoerente al coerente,

  2. Passaggio dall’omogeneo all’eterogeneo,

  3. Passaggio dall’indefinito al definito.




  1. Possiamo ritrovare questa tendenza a passare da uno stato di disgregazione ad uno di coerenza e di armonia nello sviluppo del sistema solare, in un organismo animale, in una nazione.

  2. Ogni organismo, animale o vegetale, si sviluppa attraverso la differenziazione delle sue parti, che da principio sono chimicamente o biologicamente indistinte poi si differenziano fino a formare organi diversi. questo processo è proprio di ogni sviluppo in qualsiasi campo della realtà.

  3. Indefinita è per esempio la condizione di una tribù selvaggia, in cui non c’è specificazione dei compiti e delle funzioni come in una società civile.

L’evoluzione è dunque per Spencer un’integrazione di materia e una concomitante dissipazione di movimento, durante la quale la materia passa da un’omogeneità indefinita e incoerente ad una eterogeneità definita e coerente; durante la quale il movimento conservato soggiace ad una trasformazione parallela. Un processo necessario, il cui punto di partenza, l’omogeneità è uno stato instabile che deve trapassare nell’eterogeneità per raggiungere l’equilibrio. Essa deve cominciare, e una volta cominciata deve continuare, il senso di questo processo è ottimistico.

Spencer applica il principio evolutivo al campo di varie scienze, dalla biologia, alla psicologia alla sociologia e all’etica. In contrasto con la sociologia di Comte, e con l’indirizzo generale del positivismo, quella di Spencer è orientata verso la difesa di tutte le libertà individuali, in quanto il tema che la guida è il principio che lo sviluppo sociale deve essere lasciato in mano alla forza spontanea che lo presiede e che dunque l’intervento dello stato nei fatti sociali non è che un elemento di disturbo. Inoltre tale sviluppo sociale è lento, graduale e inevitabile tanto da render inutili quelle idee di riforma proclamate dal positivismo sociale. Ogni tentativo di bruciare le tappe dell’evoluzione storica, ogni sogno di visionari e utopisti, non fa che ritardare o sconvolgere il naturale processo dell’evoluzione. Questo non significa però che l’individuo debba passivamente subire il corso degli eventi, l’attuale regime industriale, come lo chiama, fondato sull’attività indipendente degli individui, libero dal regime statale, lo determina a rafforzare le sue esigenze e a rispettare quelle degli altri, rinvigorendo la coscienza dei diritti personali e motivandolo a resistere agli eccessi del controllo statale. E questo in vista di un terzo regime sociale che concili insieme egoismo e altruismo. Possibilità questa che può essere prospettata soltanto dall’etica. La tensione verso una vita più lunga ed intensa è ciò che si deve intendere per felicità e la morale di Spencer è una morale edonistica, ma non utilitaristica nel senso prospettato da Bentham o dai Mill, perché sebbene il fine ultimo e indiretto della moralità sia l’utile collettivo, il movente diretto di essa è il dovere.

Un dovere che è un a-priori per il singolo, ma non lo è per la specie. quella di Spencer è un etica evolutiva, che da conto del sorgere del sentimento morale quale frutto di esperienze ripetute e accumulate attraverso il succedersi di innumerevoli generazioni. Queste esperienze hanno prodotto la coscienza morale. Secoli di Coazioni esterne, politiche, religiose e sociali hanno prodotto un sentimento di coazione puramente interiore e autonomo.18

Col procedere del completo adattamento dell’uomo allo stato sociale, le azioni più elevate, richieste per lo svolgimento armonico della vita sociale, l’altruismo, il sacrificio, diverranno con l’evoluzione così comuni come ora lo sono quelle azioni inferiori cui ci spinge il semplice desiderio.. l’evoluzine morale, facendo coincidere la soddisfazione del singolo col benessere e la felicità altrui (concetto di simpatia) provocherà l’accordo finale dell’altruismo e dell’egoismo.

(E vissero 100 anni felici e contenti!).


III. Positivismo e Illuminismo a confronto.

Come abbiamo detto, caratteristica comune dei pensatori positivisti è la celebrazione della scienza e per questo il positivismo è stato spesso interpretato come una ripresa dell’Illuminismo: la metafisica, infatti, viene emarginata e la fiducia nelle possibilità della ragione viene limitata al solo ambito scientifico. E soprattutto il tema comune alle due correnti di pensiero è la finalità sociale del sapere: la scienza ha un senso soltanto quando serve a produrre strumenti di trasformazione della natura volti al benessere sociale. Ma le differenze tra i due movimenti sono sostanziali.




  • Il Positivismo si discosta notevolmente dalla corrente illuministica, fautrice degli ideali tradotti in atto nella Rivoluzione Francese, per una minor carica polemica, che porta i positivisti a teorizzare o appoggiare un riformismo anti-rivoluzionario; una divergenza, questa, dovuta al differente momento storico in cui si sviluppano le due correnti filosofiche. Infatti, mentre gli illuministi si fanno promotori dell’ascesa economica e politica della borghesia e si fanno sostenitori di un progresso ancora da costruire, i positivisti agiscono in una situazione intellettuale e sociale in cui dominano già una visione laica e borghese della vita.

  • Diverso è l’approccio nei confronti della scienza. Mentre gli illuministi sono spinti ad una fondazione critica della scienza in grado didissolvere le credenze a-critiche, metafisiche e religiose, i positivisti, che ripongono nel sapere scientifico e nelle sue applicazioni pratiche una fiducia spesso a-critica, tendono ad assolutizzare tale sapere, quasi con fede religiosa, così come i romantici erano ricorsi all’assolutizzazione dell’arte e del sentimento.


IV. Positivismo e Idealismo romantico a confronto.

Il dissimile retroterra culturale, il differente contesto linguistico, economico e sociale tra il l’idealismo e il positivismo, sono innegabili ed evidenti. L’uno nasce in Germania come reazione al criticismo kantiano, l’altro in Francia connesso all’eredità illuministica. L’uno parla in termini di filosofia speculativa, di Spirito e Dialettica, l’altro in termini di scienza, di umanità e di progresso. L’uno si afferma in una società, come quella tedesca, dove non vi è stata rivoluzione borghese, l’altro in una società che ha conosciuto il più grande rivolgimento politico dell’età moderna, la rivoluzione francese. L’uno è collegato al ceto medio di una società pre-industriale, l’altro esprime interessi e ideologie della borghesia capitalistica. Tutte queste differenze, però, non escludono l’esistenza di analogie tra il romanticismo e il positivismo o l’esistenza di sotterranei influssi del primo sul secondo. Colto nel suo aspetto filosofico, il positivismo potrebbe essere il romanticismo della scienza. E questo per l’enfatizzazione ed esaltazione del sapere positivo assunto come unica verità e guida della vita umana. Come i romantici e gli idealisti, presi dalla brama di infinito, tendevano a caricare la poesia o la filosofia di un valore assoluto, così i positivisti, partecipi di un’analoga “mentalità assoluta”, tendono ad attribuire alla scienza, un significato quasi religioso. Il tratto formale che accomuna i due movimenti è il riferimento ad una medesima categoria di base che è quella della totalità processuale necessaria, ossia positivisti ed idealisti romantici fanno entrambi ricorso alle nozioni di “sviluppo ineluttabile” e “divenire ascendente”, interpretando il loro oggetto di studio, sia esso la natura, oppure l’uomo o la storia, come un processo verso l’alto, nel quale ogni evento è il risultato di un progresso rispetto al passato e condizione di un miglioramento futuro. Questo schema è stato elaborato dall’Idealismo, soprattutto da Hegel (come svolgimento necessario dello Spirito), e, contemporaneamente, da Comte, come chiave di lettura della storia e dei suoi stadi in cui passa necessariamente l’Umanità nel suo sviluppo progressivo; in seguito il concetto è stato esteso alla intera realtà dall’evoluzionismo, che ne ha fatto una piattaforma valida per la formazione dei cieli come per la dinamica delle civiltà. Di là dallo specifico linguaggio tecnico, idealisti e positivisti tendono a considerare il finito, come manifestazione di una realtà infinita: l’Io di Fichte, l’Assoluto di Schelling, lo Spirito di Hegel, l’Umanità di Comte, l’Inconoscibile di Spencer, l’Indistinto di Ardigò, la Materia di Ernst Haeckel.19 Tant’è vero che anziché presentarsi come “teorico” di una proposta etico-politica, come il filosofo illuminista, il filosofo, sia idealista che positivista, si presenta quale “profeta” di una situazione futura, inscritta nelle cose stesse e garantita dal corso del mondo. Da ciò la celebrazione idealistica dell’esistente “il reale è razionale” o il culto positivista del dato “il fatto è divino”, che porta questi filosofi ad assumere un atteggiamento essenzialmente giustificazionista del reale, in campo politico e culturale; da ciò la comune polemica contro l’individualismo illuminista e la tendenza a risolvere e a integrare l’individuo in totalità statali, sociali, storiche, biologiche o cosmiche, in relazioni di fronte alle quali perdono di significato quelle situazioni esistenziali che per Kierkegaard e l’esistenzialismo novecentesco costituiscono la trama irriducibile dell’esistenza singola. Questo modo di rapportarsi alla realtà e alla storia si riassume in una mentalità ottimistica, che è l’orizzonte categoriale dell’intera cultura dell’ottocento. Pur rappresentando un momento peculiare della cultura ottocentesca, il positivismo, se da un lato risulta geneticamente connesso all’illuminismo dall’altro appare concettualmente impregnato di romanticismo.20
Definizione sintetica

Il positivismo è un movimento filosofico e culturale che nasce in Francia nella prima metà dell’800 e si diffonde nella seconda metà del secolo a livello europeo e mondiale. Ispirato ad alcune idee guida fondamentali riferite all’esaltazione del progresso e del metodo scientifico, il positivismo non si configura come un pensiero filosofico organizzato in un definito sistema, come quello che aveva caratterizzato la filosofia idealistica, ma piuttosto come un movimento per certi aspetti simile all’Illuminismo, di cui condivide la fiducia nella scienza e nel progresso, e, per altri aspetti, affine alla concezione romantica della storia.


1 Con l’esclusione soltanto di aree refrattarie come la Russia.

2 “Due corpi, rispettivamente di massa m1 e m2, si attraggono con una forza di intensità direttamente proporzionale al prodotto delle masse ed inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Tale forza ha la direzione parallela alla retta congiungente i baricentri dei corpi considerati”.

3 Caro Comte, per altri motivi e differenti scopi, questo è quello che diceva Kant.

4 È la tendenza a ricondurre la spiegazione di un dato fenomeno ad agenti quanto più elementari e meno numerosi possibile.

Questo è vero, ad esempio, nella fisica delle particelle, che si pone come obiettivo la spiegazione di fenomeni macroscopici complessi sulla base di poche strutture, relazioni e reazioni microscopiche. Lo vedremo più avanti.



5 Secondo l’aforisma di Leibniz: Il presente è gravido dell’avvenire.

6 Diplomatico, giurista e filosofo italiano, teorico del giustificazionismo, il conte Joseph de Maistre fu tra i portavoce più importanti del movimento controrivoluzionario che fece seguito alla Rivoluzione francese. Nato in Savoia, fu Ambasciatore del re Vittorio Emanuele I presso la corte dello zar Alessandro I.

7 Rudolf Clausius introdusse il concetto di “entropia”. Vedi a pag. 8.

8 La termodinamica o “dinamica del calore”. Argomento di studio principale di questa disciplina sono i gas e le loro traformazioni, in quanto queste stanno alla base delle macchine termiche, apparati costruiti per convertire il calore in movimento, l’energia in lavoro. L’elettromagnetismo è la branca della fisica che studia i fenomeni di natura elettrica e magnetica e le loro correlazioni (come ad esempio i campi magnetici prodotti dalle correnti elettriche e le correnti elettriche prodotte dai campi magnetici variabili).


9 Laplace, Teoria analitica delle probabilità, 1812.

10 E chiamato continuo un insieme (o sistema) che contiene infiniti elementi tra i quali non vi sono spazi vuoti.

11 Per il quale il calore era interpretato come un movimento di particelle. A questa teoria si opponeva quella accolta da Laplace per cui il calore originava da un fluido imponderabile, il Calorico.

12 In termodinamica, una funzione di stato è una funzione delle variabili di stato che descrivono gli stati di equilibrio di un sistema termodinamico.

13 Se non ne siete convinti andatevi a studiare le equazioni di Boltzmann.

14 Questo potevano chiederlo a me, dopo che ho appena fatto le pulizie.

15 Un esperimento condotto al Cern di Ginevra NEL 1998 ha dimostrato, per la prima volta, che la materia distingue tra passato e presente. Il risultato contrasta con la convinzione espressa da Einstein, prima di morire, che il tempo, a livello subatomico, non esiste.


16 Il termine “Agnostico” è stato creato dal naturalista Thomas Huxley che, nel 1869, giunse a considerazioni evoluzionistiche analoghe a quelle di Darwin e che di lui divenne fervido seguac. Il termine implica un riferimento all’impossibilità di trovare, nel dominio della scienza conferme o disconferme decisive delle credenze religiose tradizionali.

17 La Linnean Society of London è la maggiore associazione del mondo per lo studio e la diffusione della tassonomia e della storia naturale, fondata nel 1788, deve il nome al celebre naturalista svedese Carl von Linné.


18 Oggi potremmo dire che la morale è cultura interiorizzata.

19 Le teorie di Haekel sono frutto della fusione della “teoria delle metamorfosi” di Goethe, del trasformismo di Jean-Baptiste Lamarck e della “discendenza con modificazioni” di Charles Darwin. La sua teoria della ricapitolazione è riassunta nella frase “l’ontogenesi (= dell’individuo, l’insieme dei processi mediante i quali si compie lo sviluppo biologico del singolo essere vivente, dall’embrione allo stadio adulto) riassume la filogenesi (= della specie, il processo evolutivo degli organismi, vegetali e animali, dalla loro comparsa sulla Terra a oggi)”.

20 Nicola Abbagnano-Giovanni Fornero Filosofi e Filosofie nella Storia vol. 3. Paravia. Pag. 287.




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