parte di Santuzza e a tutti gli attori della compagnia di Cesare Rossi. Impulso
del genere fu considerato come la nascita del teatro verista ed il copione teatrale
fu pubblicato dal Treves.
32
Nello stesso anno il Verga pubblicò la raccolta
di novelle chiamata
Drammi Intimi
.
33
Nel maggio del 1885 uscì il dramma
In Portineria
, tratto dalla novella
Il canarino del n. 15,
che suscitò numerose critiche e una tiepida accoglienza
dal parte del pubblico. Nel periodo successivo il Verga passò molti mesi a Roma
e collaborò con diversi giornali proponendo al pubblico le sue novelle che
25
“
I Malavoglia
è un romanzo di quindici capitoli, deriva da un lungo lavoro di progettazione e di
stessura, iniziato col bozzetto
Padron ´Ntoni
(questo, in un primo momento, doveva essere anche
il titolo del romanzo) e che trova vari riflessi nelle novelle di
Vita dei campi
(tra esse,
Fantasticheria
si riferisce proprio ai personaggi e all´ambiente del romanzo) “ cit. Ferroni, G.,
Storia della letterattura italiana dall´Ottocento al Novecento
, Einaudi Scuola, Milano 1991, p. 423
26
“Il secondo romanzo del ciclo di
I Vinti
ebbe un´elaborazione assai lunga, di cui si trovano le
prime tracce già in alcune delle Novelle rusticane, mentre una prima fase di stesura si concluse nel
1884, e una prima redazione fu pubblicata a puntate sulla
Nuova Antologia
tra il luglio e il
dicembre 1888, mentre quella definitiva, con notevoli modifiche linguistiche e strutturali, apparve
a Milano presso l´editore Treves nel novembre 1889.”
cit. Ferroni, G.,
Storia della letteratura
Italiana dall´Ottocento al Novecento
, Einaudi Scuola, Milano 1991, p. 428.
27
Cfr. Guarracino, V.,
Guida alla lettura di Verga
, Mondadori, Milano 1986, p. 73.
28
E. Rod (1857 – 1910) fu scrittore svizzero che compì importanti traduzioni francesi di opere
italiane, tra cui
I Malavoglia
di Verga.
29
É. Zola (1840 – 1902) fu scrittore francese, da cui nacque il naturalismo francese –
Il romanzo
sperimentale
che assume tutti i tratti carrateristici del realismo francese.
30
Il romazo ripropone i temi e i personaggi caratterizzati come romantico-passionali, vuol dire che
lo scrittore ritorna al periodo già superato. Si tratta di un´inversione particolare causata dalla crisi
economica.
31
E. Duse (1858 – 1924) fu attrice di successo italiana.
32
Cfr. Ferroni, G.,
Storia della letteratura italiana dall´Ottocento al Novecento
, Einaudi Scuola,
Milano 1991, p. 416.
33
Cfr. ivi. pp 414 – 415.
9
avranno costituito la raccolta
Vagabondaggio
, pubblicata dall´editore Barbera
di Firenze nella primavera dell´87.
34
Il 17 maggio del 1890 al Teatro Costanzo di Roma, Pietro Mascagni
35
musicò la
Cavalleria Rusticana
. Nell´anno successivo uscì da Treves
I ricordi del Capitano d´Arce
36
. In ottobre il Verga si recò a Francoforte
per seguire i preparativi per la rappresentazione al Lessing Theater
di
Cavalleria Rusticana
. Nel 1896 pubblicò il Verga presso Treves i drammi;
La Lupa
,
In Portineria
e
Cavalleria Rusticana
e
riprende a lavorare
alla
Duchessa di Leyra.
37
La produzione teatrale verghiana è stata definita da Betteloni con le parole
successive: “
Giovanni Verga, che introdusse nel nostro teatro questi drammi
brutali e selvaggi, estratti grezzi dal rude suolo della sua Sicilia, ha tosto capito,
accorto e sapiente artista, che per ottenere il massimo e non urtare lo spettatore,
dovevano esere brevi, chiusi in un sol atto, e il dialogo correr via rapido,
conciso, non divagante in ciarle vane, e precipitare verso la catastrofe, senza una
parola di più e di meno dello strettissimo necessario.”
38
Nel 1897 uscì una nuova edizione di
Vita dei campi,
illustrata
dal Ferraguti,
39
notevolmente variata, sia al livello stilistico sia a livelo strutturale,
rispetto al testo del 1880. Il cambiamento coincide con la continua scontentezza
dello scrittore nei confronti dei suoi testi.
40
Visse l´inzio del nuovo secolo, deluso della propria passata attività
di scrittore. Un nuovo interesse per la sua opera si manifestò negli anni della sua
estrema vecchiaia: Luigi Russo
41
gli dedicò nel 1920 un saggio e affettuosi
34
Cfr. Guarracino, V.,
Guida alla lettura di Verga
, Mondadori, Milano 1986, p. 90.
35
P. Mascagni (1863 – 1945) fu uno dei maggiori compositori italiani. Il sucesso gli toccò appunto
con la composizione della musica per Cavalleria rusticana. Fu anche direttore d´orchesta e
compose la musica di 15 opere, di un´operetta e molti brani sia per orchestra che vocali, canzoni,
romanze e musica per solo pianoforte.
36
La voce di un capitano vi racconta le vicende sentimentali di Ginevra, moglie di un comandante
di marina.
37
Duchessa di Leyra
, che dovrebbe essere il terzo del ciclo dei cinque romanzi veristi, che,
insieme con
L'Onorevole Scipioni
e
L'uomo di lusso
, non vedrà mai la luce. De
La Duchessa di
Leyra
conosciamo solo un capitolo
.
38
Cit. Betteloni, V.,
Impressioni critiche e ricordi autobiografici
, Ricciardi, Napoli 1914, p. 197,
In. Guarracino, V.,
Guida alla lettura di Verga
, Mondadori, Milano 1986, p. 98.
39
A. Ferraguti (1862 – 1925) fu pittore, oltre illustrazioni della opera di Verga illustrava anche
alcune opere di D´Annunzio.
40
Cfr. Guarracino, V.,
Guida alla lettura di Verga
, Mondadori, Milano 1986, p. 57.
41
Luigi Russo (1892 – 1961) fu apprezzato critico letterario –
Saggio sul Verga
1920.
10
riconoscimenti gli vennero da Pirandello.
42
Nel 1914, Renato Serra scrisse
sul Verga:
“Passano gli anni e la sua fama non diminuisce: il maestro
del verismo si perde, ma lo scrittore grandeggia.
”
43
Il Tozzi
44
accennò, nell´anno
1918, con il suo articolo agli scrittori il bisogno di un “
ritorno al Verga”
45
.
Nominato senatore nell´ottobre 1920, fu per l´ultima volta a Roma
a prestare giuramento. Colpito da trombosi cerebrale, morí a Catania il 27 gennaio
1922.
Giovanni Verga fu un personaggio molto complicato, secondo Luigi Russo
fu
“uno scrittore ostinatamente antibiografico.”
46
Secondo altri fu riservato
e misterioso e Debenedetti aggiunge che fu uno
“innamorato del vero
che é la bellezza e la giustizia insieme.”
47
Dopo tutte le opinioni pronunciate “
resta l´immagine di un uomo difficile,
capace di vivere e mimetizzarsi interamente nella sua opera e a questa sola
affidare il compito di scandire le fondamentali tappe di una «facile» biografia.”
48
42
Luigi Pirandello (1867 – 1936) fu lo scrittore italiano. Nel 1934 ricevette il Premio Nobel per la
letteratura.
43
Cit. Serra, R.,
Le lettere
, a cura di M. Biondi, Longanesi, Milano 1974, p. 100. in. Guarracino,
V.,
Guida alla lettura di Verga
, Mondadori, Milano 1986, p. 27.
44
F. Tozzi (1883 – 1920) fu lo scrittore italiano.
45
Cit. Guarracino, V.,
Guida alla lettura di Verga,
Mondadori, Milano 1986, p. 27.
46
Russo, L.,
G.V.
, Laterza, Bari 1974, p 8, in.:Guarracino, V.,
Guida alla lettura di Verga
,
Mondadori, Milano 1986, p. 12.
47
Cit. Debenedetti, G.,
Verga e il naturalismo
, Garzanti, Milano 1976, p. 252 in. Guarracino, V.,
Guida alla lettura di Verga,
Oscar Mondadori, Milano 1986, p. 12.
48
Cit. Guarracino, V.,
Guida alla lettura di Verga
, Oscar Mondadori, Milano 1986, p. 12.
11
3.Dal Positivismo al Verismo
La corrente filosofica chiamata Positivismo é strettamente legata alla nascita
della corrente letteraria che in Europa viene generalmente definita come Realismo
che poi in Francia assumendo i tratti caratteristici si chiama Naturalismo francese,
dal quale prende origine il Verismo italiano.
3.1. Il Positivismo
Il positivismo è la corrente filosofica che naque come la reazione
al romanticismo e il proprio termine fu introdotto nel 1820 dal Claude-Henry de
Saint Simon
49
per portare alla luce il metodo delle scienze cosidette positive,
basate sull´osservazione dei fatti e la verifica empirica delle teorie. Insieme
a August Comte
50
che fu il suo segretario, delinearono un vero e proprio indirizzo
filosofico. August Comte pubblicò nel 1830 un
Cours de philosophie positiv
(Corso di filosofia positiva) che ebbe un grande successo e generò il punto
di partenza per lo sviluppo di un più ampio orientamento di pensiero.
Orientamento del genere domina tutta la cultura europea della seconda metà
dell’Ottocento e mette in moto dei nuovi sviluppi delle tecniche e delle scienze
naturali
51
.
Il Positivismo nacque come culto delle scienza e realizzò una visione
della vita fondata sull apprezamento dei fatti concretti e positivi, perciò fu legata
allo sviluppo industriale e technologico il quale fu giustificato dai filosofi come
esito necessario e definitivo della storia e come frutto del deffinitiva liberazione
della ragione umana da ogni sorta della superstizione e di timore. Nell´epoca
di Positivismo si determinò una vera e propria rivoluzione in ogni campo
della vita.
52
Il positivismo arrivò in Italia con venti anni di ritardo rispetto all´Europa.
La filosofia del positivismo, che crede con fiducia ottimistica nel progresso
della scienza e in un continuo sviluppo della vita sociale e civile rappresenta
per l´Italia postrisorgementale un certo tipo di refrigerio.
53
49
C.H. de Saint Simon (1760 – 1825) fu filosofo e utopista francese.
50
A. Comte (1798 – 1857) fu filosofo positivista francese e grande iniziatore della sociologia.
51
Cfr. Ferroni, G.,
Storia della letteratura italiana dall´Ottocento al Novecento
, Einaudi Scuola,
Milano 1991, p. 281.
52
Cfr. Guarracino, V.,
Guida alla lettura di Verga
, Mondadori, Milano 1986, pp. 101 – 102.
53
Cfr. Ferroni, G.,
Storia della letteratura italiana dall´Ottocento al Novecento
, Einaudi Scuola,
Milano 1991, pp. 280 – 282.
12
3.2. Il Naturalismo francese
Il Naturalismo é un movimento letterario che nacque in Francia
nella seconda metà dell´Ottocento come applicazione diretta del pensiero
positivista sopratutto nella narrativa. Il Naturalismo francese inizialmente
si manifestò nell´ambito delle arti figurative e poi in quello della letteratura.
Il maggiore rappresentante del Naturalismo francese fu Emile Zola
che nel corso degli anni Sessanta usò con intenzione il termine “Naturalismo”.
Secondo Zola il romanzo si trasforma in uno strumento di smascheramento e di
denuncia delle contradizioni e degli squilibri della società borghese.
54
Al 1880
risale il saggio di Zola
Le roman expérimental
(Il romanzo sperimentale) che
definisce il metodo narrativo naturalistico, che imita le tendenze della scienza
positivistic e si concentra allo sviluppo della narrazione per via “sperimentale.”
55
Possiamo citare le parole di Zola che caraterizzano il pensiero naturalista.:
“Noi ricerchiamo le cause del male sociale; facciamo l´anatomia delle classi
e degli individui per porne in luce i guasti prodottisi nella società e nell´uomo.
Questo ci obbliga spesso a lavorare su soggetti corrotti, a scendere in mezzo
alle miserie e alle follie umane. Noi, però, forniamo i documenti necessari perché
si possa, conoscendoli, dominare il bene e il male. Ecco ciò che abbiamo visto,
osservato e spieghato in tutta sincerità; ora spetta ai legislatori il compito di far
nascere il bene e svilupparlo, di lottare contro il male per estiparlo
distruggerlo[…].”
56
Il naturalismo francese vedeva nel progresso scientifico la possibilità
per l´umanità di liberarsi da miserie e fatiche. Il romanziere non era più
un letterato nel senso poetico, ma era un intellettuale-scienziato che cercava
di riprodurre la natura esterna in maniera precisa, quasi di fotografiare il reale
attaverso un linguaggio diretto, senza di particolari artifici stilistici, dunque cercò
di puntare l´interesse del lettore sulla materia della narrazione, più che sulle sue
forme.
57
54
Cit. Guarracino, V.,
Guida alla lettura di Verga,
Mondadori, Milano 1986, pp. 140–105.
55
Cfr. Ferroni, g.,
Storia della letterarua italiana dall´ottocneto al novecento
, Einaudi Scuola,
Milano 1991, p. 405.
56
Cfr. Zola, E.,
Le roman expérimental
, in A. Chassang et Ch. Senniger,
Les textes littéraires
,
Hachette, Paris 1958, pp. 237-238, trovato in: Guarracino, V.,
Guida alla lettura di Verga,
Mondadori, Milano 1986, p. 105.
57
Cfr. Ferroni, G.,
Storia della letteratura italiana dall´Ottocento al Novecento
, Einaudi Scuola,
Milano 1991, pp 404 – 405.
13
3.3. Il Verismo italiano
La corrente letteraria chiamata Verismo italiano cominciò a diffondersi
negli anni Sessanta, e negli anni Settanta fu asssunta come formula per definire
una nuova narrativa che guardava a Zola e al naturalismo francese, ma con una
sua autonoma specificità. Una delle specificità fu l´interesse per le singole realtà
regionali che furono strettametne legate alle dificoltà del loro inserimento nelle
posibilità di sviluppo del nuovo Stato unitario.
58
Il teoretico del Verismo italiano fu Luigi Capuana
59
che nei suoi saggi
60
accennò alla mancanza di una tradizione narrativa italiana la quale occorre
ristabilire ispirandosi al Naturalismo francese e applicarlo all´ambiente italiano.
61
Il rappresentante tipico fu Giovanni Verga che accennò la sua idea
del Verismo nella prefazione a
L´amante di Gramigna
62
che possiamo riassumere
in tre punti principali: il racconto come un documento umano, lo stile
impersonale, il linguagio vicino allo stile gergale del popolo siciliano.
63
Il Verga spiega la propria idea dell´arte verista nella prefazione
a
I Malavoglia
nella quale presenta la propria intenzione artistica.:
“
Il movente dell´attività umana che produce la fiumana del progresso è preso qui
alle sue sorgenti, nelle proporzioni più modeste e materiali. Il meccanismo delle
passioni che la determinano in quelle basse sfere e meno complicato, e potrà
quindi osservarsi con maggior precisione. Basta lasciare al quadro le sue tinte
schiette e tranquille, il suo disegno semplice. Man mano che codesta ricerca
del meglio di cui l´uomo è travagliato cresce e si dilatta, tende anche ad elevarsi,
e segue il suo moto ascendente nelle classi sociali. [...] Perchè la riproduzione
artistica di cotesti quadri sia esatta, bisogna seguire scrupolasamente le norme
di questa analisi; esser sinceri per dimostrare la verità, giacché la forma è così
58
Cfr. Ferroni, G.,
Storia della letteratura italiana dall´Ottocento al Novecento
, Einaudi Scuola,
Milano 1991, p.406.
59
Luigi Capuana (1839 – 1915) fu lo scrittore e il critico catanese.
60
I saggi furono raccolti in due serie chiamate:
Studi sulla letteratura contemporanea, «Ismi»
contemporanei (1898).
61
Cfr. Contini, G.,
Letteratura dell´Italia unita 1861 – 1968
, Sansoni, Firenze 1968, p, 182.
62
Il racconto
L´amante di Gramigna
fa parte della raccolta
Vita dei Campi
la quale viene
considerata come la produzione veristica.
63
Cfr. Verga, G.,
Vita dei campi e Novelle
, a cura del Prof. Ruggero Baldassare Aquila, B & B, La
Punta 1998, p. 203.
14
inerente al soggetto, quanto ogni parte del soggetto stesso è necessaria alla
spiegazione dell´argomento generele.”
64
Lo scrittore chiude la prefazione con le parole succesive:
“Ciascuno, dal più
umile al più elevato, ha avuta la sua parte nella lotta per l´esistenza, pel
benessere, per l´ambizione – dall´umile pescatore al nuovo arricchito – alla
intrusa nelle alte classi – all´uomo dall´ingegno e dalle volontà robuste, il quale
si sente la forza di dominare gli altri uomini, di prendersi da sè quella parte
di considerazione pubblica che il pregiudizio sociale gli nega per la sua nascita
illegale; di fare la legge, lui nato fuori della legge – all´artista che crede
di seguire il suo ideale seguendo un´altra forma dell´ambizione. Chi osserva
questo spettacolo non ha il diritto di giudicarlo; è già molto se riesce a trarsi
un istante fuori del campo della lotta per studiarla senza passione, e rende
la scena nettamente, coi colori adatti, tale da dare la rappresentazione della
realtà com´è stata, o come avrebbe dovuto essere
.”
65
, le quali aiutano a capire
meglio la poetica e l´idea verghiana.
Generalmente detto, i veristi cercarono di esprimere la realtà della vita
rifiutando diffuse analisi psicologiche, evitando i giudizi per tenere l´attenzione
del lettore sui fatti narrati. Un´altra fra le esigenze fondamentali fu il ritiro
del narratore per non farsi vedere nella storia e così lasciare parlare e esprimere
il punto di vista dei personaggi della vicenda. La vicenda si svolge in un ambiente
di solito ristretto, studiato e descritto con accuratezza, per coglierne i tratti
caratteristici che determinano il comportamento dei personaggi.
66
64
Cit. Verga, G.,
Pefazione a I Malavoglia
, Milano 19 Gennaio 1881 in Contini, G.,
Letteratura
dell´Italia unita 1861 – 1968
, Sansoni, Firenze 1968 pp. 149 – 150.
65
Cit. Verga, G.,
Prefazione a I Malavoglia
, Milano 19 Gennaio 1881 in Contini, G.,
Letteratura
dell´Italia unita 1861 – 1968
, Sansoni, Firenze 1968 pp 150 – 151.
66
Cfr. Ferroni, G.,
Storia della letteratura italiana dall´ottocento al novecento
, Einaudi Scuola,
Milano 1991, pp. 405 – 407.
15
4. Analisi delle singole novelle
4.1. Nedda
A partire dalla novella
Nedda,
che viene da certi critici considerata come
una novella preverista e che rappresenta “
per ragioni contenutistiche più che
poetiche
”
67
la svolta nella formazione dello stile dell´autore
68
fu scritta nell´anno
1874 in soli tre giorni e in seguito viene pubblicata nella
Rivista italiana
di scienze, lettere ed arti
, e poi nell´anno 1876 viene messa insieme ad altre
novelle nella raccolta chiamata
Primavera ed altri racconti
ed fu pubblicata
presso l´editore Brigola di Milano.
La novella è intitolata
Nedda,
ciò significa che tutta la storia viene
incentrata sul personaggio di Nedda, e il titolo viene caratterizzato
con il sottotitolo
Bozzetto siciliano
69
che vuol dire un ritratto della Sicilia, che fa
pensare a un modo di rilevare un´immagine in una maniera più realistica.
L´importanza del titolo afferma Alberto Asor Rosa dicendo che:
(...) l´opera si presenta nella ricerca verghiana dapprima col titolo Padron
´Ntoni, soltanto in seguito compare, e soltanto alla fine s´afferma I Malavoglia.
Anche questo rappresenta un indizio non irrilevante del percorso compiuto.
Padron ´Ntoni costituisce l´equivalente di titoli analoghi nel settore dei bozzetti
e delle novelle ( Nedda, Jeli il pastore, Rosso Malpelo, ecc.): in casi del genere,
la narrazione ruota fondamentalmente intorno alla figura di un eroe eponimo, che
ne accentra i caratteri fondamentali.
70
La vicenda narrata si svolge in Sicilia. I protagonisti sono poveri siciliani
che oltre al duro lavoro che costituisce la maggior parte della loro esistenza,
vivono una vita dura e quasi priva di felicità.
67
Cit. Momigliano, A.,
Verga
, Casa edd d´Anna, Messina – Firenze 1965, trovato su:
www.classicitaliani.it/verga/critica/Bonghi_cronologiaverghiana.htm
68
La novella
Nedda
rispetto ai romanzi precedenti caraterizzati come patriotici oppure quelli
romantico – passionali come
Storia di una capinera
, rappresenta certe novità nello stile d´autore :
“
Nedda segna l´ingresso nella narrativa del Verga del mondo rusticano siciliano in veste di
protagonista e non più di comprimario, come fugacemente qua e là era apparso nei romanzi
precedenti: al mondo fatuo e raffinato dei romanzi che lo precedono o l´accompagnano
.” cit.
Guarracino, V.,
Guida alla lettura di Verga
, Mondadori, Milano 1986, p. 52.
69
Cit. Verga, G.,
Vita dei campi e Novelle,
a cura del Prof. Ruggero Baldassarre Aquila, B&B, La
Punta 1998 p. 13.
70
Cit. Asor Rosa, A.,
Genus Italicum, Saggi sulla identità letteraria ilaliana nel corso del tempo
,
Einaudi, Torino 1997, p. 452.
16
L´inizio della novella consiste in un breve preambolo dove l´autore cerca
di suscitare nel lettore e anche in sè stesso una
“fantisticheria
71
”
attraverso
l´osservazione della fiamma, grazie alla quale l´autore si sposta nella mente
72
in Sicilia,
“alle falde dell´Etna
”
73
,
e in questo punto comincia la propria storia
di Nedda, raccontata da un
“borghese di buon cuore
“
74
Nedda,
la varannisa,
75
vive di stenti e di miseria, lavorando come
la raccogliatrice delle olive. Dopo la morte di sua madre è rimasta in casa
a Ravennusa sola. Nedda si innamora di Janu. Insieme vanno a lavorare
a Bongiardo dove guadagnano soldi. Janu vuole sposare Nedda che aspetta da lui
un bambino. Per guadagnare altri soldi Janu va a lavorare alla Piana dove
si ammala di malaria, torna da Nedda, ma presto ritorna al lavoro. Indebolito dalla
malaria cade da un albero e presto muore. Nedda, rimasta nuovamente sola
ed anche essendo in maternità, viene disprezzata dai suoi dintorni. Nedda mette
al mondo una bambina rachitica che da li a poco muore.
71
Cit. Verga, G.,
Vita dei campi e novelle
, a cura Prof. Ruggero Baldassarre Aquila, B&B, La
Punta 1998, p. 13
72
“E in una di coteste peregrinazioni vagabonde dello spirito, la fiamma che scoppiettava, troppo
vicina forse, mi fece rivedere una fiamma gigantesca che avevo visto ardere nell´immenso
focolare della fattoria del Pino, alle falde dell´Etna.”
Il momento in cui si realizza il varco alla
propria storia con dissolvenza tra la fiamma del caminetto e il focolare della fattoria del Pino. cit.
ivi p. 14.
73
Cit. Verga, G.,
Vita dei campi e Novelle
, a cura Prof. Ruggero Baldassarre Aquila, B & B, La
Punta 1998, p. 14.
74
Cit. Momigliano, A.,
Verga
, Casa ed. d´Anna, Messina – Firenze 1965, trovato su:
www.classicitaliani.it/verga/critica/Bonghi_cronologiaverghiana.htm
75
Cit. Verga, G.,
Vita dei campi e novelle
, a cura Prof. Ruggero Baldassarre Aquila, B&B, La
Punta 1998, p. 13, La varannisa vuol dire un abitante proveniente di Viagrande (Paese Etneo).
17
4.1.1. I personaggi
Nella vicenda possiamo individuare quattro personaggi essenziali.
La protagonista della storia è Nedda, intorno alla quale si svolge tutta la storia.
Il personaggio della madre rappresenta per Nedda la sua famiglia. Lo zio
Giovanni, con il quale non ha un rapporto familiare, ma il quale è uno del paese
e per Nedda rappresenta un tipo di eroe – un salvatore perché durante le difficili
situazioni vitali tiene la sua mano prottetiva sopra Nedda. Janu è un povero
contadino che vuole sposare Nedda, ma oltre i pochi momenti, in cui i giovani
vivono la loro storia d’amore, Janu rende la vita di Nedda ancora più difficile.
Oltre ai personaggi essenziali notiamo anche la presenza di personaggi
secondari; le ragazze, la castalda, il pecoraio, il fattore, il bechino, il sacerdote,
il sagrestano e le comari, si tratta di personaggi in parte anonimi, perché non si sa
quasi niente di loro, non portano nemmeno il proprio nome. Spesso hanno
un ruolo utile per lo sviluppo della storia, ma non é necessario sapere di più
su di loro.
I personaggi vengono presentati attraverso la descrizione diretta, spesso
accompagnata dalle valutazioni del narratore, oppure vengono presentati in varie
situazioni grazie alle quali riusciamo capire meglio il loro carattere. Un´altra
maniera della presentazione dei personaggi è la descrizione dei loro pensieri e del
loro mondo interiore
Il personaggio di Nedda che si rivela come la protagonista, assume
un importante ruolo nella storia. Attorno a Nedda si svolge tutta la storia e, nel
suo caso, notiamo anche vari modi di presentazione: la presentazione esterna
realizzata attraverso la descrizione diretta del narratore, la presentazione interna
realizzata attraverso la descrizione dei pensieri e del mondo interiore di Nedda,
la presentazione effettuata per mezzo della descrizione degli avvenimenti
e attraverso le sue azioni che risultano come autopresentazione del personaggio.
Dalla descrizione diretta veniamo a sapere che il personaggio di Nedda
rappresenta una povera, umile, timida e ruvida manovale siciliana che tutta la vita
vive di stenti e di fatica, e il cui fisico è deformato a causa del duro lavoro fino
a che non si riconosce quasi la sua età, però al contrario viene presentata la sua
particolare bellezza che viene superata dal lavoro faticoso, dalla miseria e dalla
rassegnazione evidente. La dura vita si riflette anche nel suo intelletto
18
e nell´anima, ciò rivela un personaggio umile, timido, rassegnato del proprio
destino, abituato al duro lavoro, e spesso sfruttato dal suo ambiente. Le sue
condizioni di vita, l´aspetto fisico e il suo stato nella società sono determinati
dall´eredità.:
“
Era una ragazza bruna, vestita miseramente; aveva quell´attitudine timida
e ruvida che danno la miseria e l´isolamento. Forse sarebbe stata bella,
se gli stenti e le fatiche non ne avessero alterato profondamente non solo le
sembianze gentili della donna, ma direi anche la forma umana. I suoi capelli
erano neri, folti, arruffati, appena annodati con dello spago; aveva denti bianchi
come avorio, e una certa grossolana avvenenza di lineamenti che rendeva
attraente il suo sorriso. Gli occhi erano neri, grandi nuotanti in un fluido
azzurrino, quali li avrebe invidiati una regina a quella povera figliuola
raggomitolata sull´ultimo gradino della scala umana, se non fossero stati
offuscati dall´ombrosa timidezza della miseria, o non fossero sembrati stupidi per
una triste e continua rassegnazione. Le sue membra schiaccite da pesi enormi,
o sviluppate violentemente da sforzi penosi erano diventate grossolane, senza
esser robuste. Ella faceva da manovale, quando non aveva da trasportare sassi
nei terreni che si andavano dissondando, o portava dei caricchi in città per conto
altrui, o faceva di quegli altri lavori più duri che da quelle parti stimansi inferiori
al compito dell´uomo. La vendemmia, la messe, la raccolta delle olive, per lei
erano delle feste, dei giorni di baldoria, un passatempo, anzichè una fatica.
È vero bensì che fruttavano appena la metà di una buona giornata estiva
da manovale, la quale dava 13 bravi soldi! I cenci sovrapposti in forma di vesti
rendevano grottesca quella che avrebbe dovuto essere la delicata bellezza
muliebre. L´immaginazione più vivace non avrebbe potuto figurarsi che quelle
mani costrette ad un´aspra fatica di tutti i giorni, a raspar fra il gelo, o la terra
bruciante, o i rovi e i crepacci, che quei piedi abituati ad andar nudi nellla neve
e sulle roccie infuocate dal sole, a lacerarsi sulle spine, o ad indurirsi sui sassi,
avrebbero potuto esser belli. Nessuno avrebbe potuto dire quanti anni avesse
costesta creatura umana; la miseria l´aveva schiacciata da bambina con tutti
gli stenti che deformano e induriscono il corpo, l´anima e l´intelligenza.
– Così era stato di sua madre, così di sua nonna, così sarebbe stato di sua figlia.
19
– E dei suoi fratelli in Eva bastava che le rimanesse quel tanto che occorreva per
comprenderne gli ordini, e per prestar loro i più umili, i più duri servigi.
”
76
Nedda, chiamata “
la varannisa
” viene introdotta nella storia attraveso
un disorso con le ragazze della fattoria, in cui si presenta come una ragazza timida
e debole che non riesce o non vuole difendersi, chiusa dentro di sè, nella sua
solitudine, a causa della madre moribonda e la dura vita. Morta sua madre, Nedda
porta l´estimazione verso la defunta e sacrifica gli ultimi soldi per garantirle
i funerali dignitosi. Nedda, abbandonata e solitaria, osservando il paese si rivela
come un personaggio rassegnato dinanzi alla sua vita, dicendo: “
Costui è il tale,
quegli è il tal altro.
”
77
Attraverso la descrizione dei suoi pensieri profondi, del suo stato d´animo
e di varie situazioni veniamo a sapere che innamoratasi di Janu, vive un periodo
abbastanza felice. Nedda è confusa dai propri sentimenti, non sa come trattare
il ragazzo che le fa la corte. Nedda si sente imbarazzata, perchè per lei si tratta
di una situazione nuova. Abituata al maltrattamento, avendo conosciuto soltanto
l´amore di sua madre, non sa come reagire e come comportarsi con il ragazzo.
Il suo atteggiamento verso il ragazzo è caratterizzato da scappate improvvise,
il che si rivela come una specie di pudore.:
“
E quand´ella passò dinanzi a Janu, il quale stava presso il primo cipresso
del sacrato, colle spalle al muro e fumando nella sua pipa intagliata, ella sentì
gran caldo al viso, e il cuore che le faceva un gran battere in petto, e sgusiò via
alla lesta.
”
78
“
Nedda sentiva dietro di sè, con gran piacere o gran sgomento
(non sapeva davvero che cosa fosse delle due), il passo pesante del
giovanotto[...]“
79
“- Bisognerebbe non star fuori la notte a cantare dietro gli usci! – gli disse´ella
tutta rossa, dondolandosi sulo stipite dell´uscio con certa aria civettuola.
- Non lo farò più, se tu non vuoi.
Ella gli diede un buffetto, e scapò dentro.
”
80
76
cit. Verga, G.,
Vita dei campi e Novelle
, a cura Prof. Ruggero Baldassarre Aquila, B&B, La
Punta 1998, pp 16 – 17.
77
Cit. ivi p. 30.
78
Cit. ivi p. 30.
79
Cit. ivi p. 31.
80
Cit. ivi pp 31 – 32.
20
Nedda va a lavorare a Bongiardo con Janu, tornando a casa, Janu le offre
del vino e dichiara a Nedda il suo amore facendole una proposta di matrimonio.
Nedda si vergogna, non sa come reagire. Dopo aver bevuto del vino, si lascia
sedurre. Nedda come una ragazza innocente si sente spaventata e si vergogna
e cerca di andare via prima possibile.
Janu, partito per motivi di lavoro, ben presto muore a causa della caduta
dall´albero. Nedda rimane incinta, il che si manifesta come una disgrazia, perché
la giovane non è sposata. Il conforto, lo vuole trovare in chiesa, ma la vergogna
è così grande che non riesce a rimanerci.
Nedda percepisce la nascita della bambina come un´altra disgrazia, perchè
intuisce che avrà la stessa vita di lei. La nascita di bambina viene confrontata
con la morte della madre e di Janu. Nedda esprime con il pianto
la sua disperazione.:
“
Ella diede alla luce una bambina rachiitca e stenta; quando le dissero che non
era un maschio pianse come aveva pianto la sera in cui aveva chiuso l´uscio
del casolare dietro al cataletto che se ne andava, e s´era trovata senza
la mamma; ma non volle che la butassero alla Ruota.
- Povera bambina! Che incominci a soffrire almeno il più tardi che sia possibile –
disse.”
81
Ben presto la bambina muore, il che Nedda capisce come il salvamento
di Dio e di Vergine Santa, e così si manifesta come una persona religiosa che
crede che tutto sia nelle mani di Dio, e la morte, la capisce come la volontà di Dio.
La morte significa per lei il disimpegno dalla vita dura e disgraziata.
“-Oh! benedette voi che siete morte! – esclamò – Oh! benedetta voi, Vergine
Santa! che mi avete tolto la mia creatura per non farla soffrire come me.”
82
I tratti caratteristici appenna accennati presentano un personaggio umile,
povero, disgraziato e disperato della propria vita. Un personaggio rassegnato
di fronte alla propria vita, il quale vede la morte come la liberazione dalla vita
misera. Nel caso di Nedda notiamo una grande attenzione da parte del narratore,
che consiste nella presentazione dei pensieri di Nedda e del suo mondo interiore.
81
Cit. Verga, G.,
Vita dei campi e Novelle
, a cura Prof. Ruggero Baldassarre Aquila, B & B, La
Punta 1998, p. 37
82
Cit. ivi p. 38
21
Il personaggio di Nedda viene presentato assai dettagliattamente e attentamente
rispetto agli altri personaggi.
Anche il personaggio di Janu è un povero manovale siciliano. L´aspetto
fisico di Janu viene presentato attraverso la descrizione diretta, dalla quale
veniamo sapere che Janu è un ragazzo ben vestito, che lavora tanto.:
“
[...] vide Janu col suo bel vestito nuovo di fustagno, nelle cui tasche cercavano
entrare per forza le sue grosse mani incallite al lavoro, con un bel fazzoletto
di seta nuova fiammante che faceva capolino con civetteria dalla scarsella
del farsetto[...]”
83
Janu è sempre in ricerca di lavoro a il suo rapporto verso il lavoro e i soldi
quadagnati, lo esprime con le proprie parole:
“- Le lodole vanno dove trovano
il miglio, ed io dove c´è del pane.”
84
Tali parole scoprono la continua ricerca
dei soldi e del pane.
Il restro, che riguarda il carattere di Janu, veniamo saperlo attraverso
le descrizioni delle azioni; di Janu non sappiamo niente che riguardi il suo mondo
interiore e i suoi pensieri. Janu fa la corte a Nedda e vuole sposarla. Janu crede
nella volontà di Dio e in un bel futuro comune con Nedda, vuol dire che è assai
ottimista:“-
Ho inteso zio Giovanni; ma se Dio vuole, dopo la messe, quando avrò
da banda quel po´di quattrini che ci vogliono, insieme ci staremo benissimo.
”
Janu si comporta con Nedda bene, l´aiuta quando lavorano insieme,
pur aggravarsi delle sue condizioni, il che veniamo a sapere attraverso
la descrizione diretta.:
“
Il soprastante s´accorse che Janu, riempiendo i corbelli di sassi, lasciava sempre
il più leggero per Nedda, e minacciò di cacciarlo via. Il povero diavolo, tanto per
non perdere il pane, dovette accontentarsi di discendere dai 30 ai 20 soldi.”
85
Il comportamento di gentiluomo, lo notiamo in un altro caso.:
“
[...] notti erano piuttosto fredde. Janu diceva d´aver sempre caldo,
e dava a Nedda la sua casacca di fustagno perchè si coprisse per bene.”
86
83
Cit. Verga, G.,
Vita dei campi e Novelle
, a cura Prof. Ruggero Baldassarre Aquila, B&B, La
Punta 1998, p. 29.
84
Cit. ivi p. 29.
85
Cit. ivi p. 33.
86
Cit. ivi p. 33.
22
Janu si presenta come un ragazzo spensierato e influenzato dalle proprie
passioni, però con l´intenzione pura di sposare Nedda, alla quale fa la corte,
offrendole del vino, senza pensare alle conseguenze. Nedda, tutta innocente, non
sapendo come difendersi si lascia sedurre e rimane incinta senza esser sposata
il che si manifesta come un peccato a causa del quale viene disprezzata dalla gente
del paese. Il comprotamento del ragazzo possiamo osservare nel brano
successivo.:
“
- Vuoi essere mia moglie?
Ella lo guardò serenamente, e gli strinse forte la mano callosa nelle sue mani
brune, ma si alzò sui ginocchi che le tremavano per andarsene. Egli la trattenne
per le vesti, tutto stravolto, e balbetando parole sconnesse, come non sapendo
quel che si facesse.”
87
Nel personaggio di Janu notiamo che tutto ciò che veniamo a sapere di lui,
risulta dalla descrizione esteriore ( sia la descrizione del suo aspetto, che delle sue
azioni ) oppure dal discorso diretto. Però non conosciamo la descrizione della vita
interiore del personaggio.
Il personaggio di zio Giovanni è di Ravenusa e non ha nessun rapporto
di parentela con Nedda, non è tanto ricco, e del suo aspetto fisico non sappiamo
quasi niente. Soltanto veniamo a sapere che si tratta di un personaggio energico,
di aspetto giovanile. “
– I denari me li darai poi – rispose ruvidamente lo zio
Giovanni, e si diede a camminare colle gambe dei suoi vent´anni
.”
88
Il che viene
subito negato, perchè viene direttamente presentato come il vecchio: “
Il vecchio
si assise accanto a lei, sulla soglia, e non aggiunse altro.
”
89
Di ciò risulta,
che si tratta di una persona vecchia di aspetto giovanile.
Il suo carattere viene appena accenato con delle parole della voce narrante:
“
Lo zio Giovanni era economo e brontolone”
90
,
il resto lo veniamo a sapere
attraverso le sue azioni. In complesso si tratta di una persona molto brava
che aiuta Nedda in varie situazioni della vita: la morte della madre, la morte
di Janu, e anche durante la sua gravidanza seguita dalla morte della sua bambina,
senza volere niente di ricambio:
87
Cit. Verga, G.,
Vita dei campi e Novelle
, a cura Prof. Ruggero Baldassarre Aquila, B & B, La
Punta 1998, p. 34.
88
Cit. ivi p. 25.
89
Cit. ivi p. 26.
90
Cit. ivi p. 25.
23
“ - Ancora medicine! – borbottò, - dopo che ha ordinato la medicina dell´olio
santo! già, loro fanno a metà collo speziale, per dissanguare la povera gente! Fai
a mio modo, Nedda, risparmia quei guattrini e vatti a star colla tua vecchia.”
91
Come nel caso di Janu notiamo che il narratore non svela il mondo interiore
del personaggio dello zio Giovanni, dunque i tratti caratteristici li possiamo
cogliere soltanto attraverso la descrizione diretta e delle sue azioni. Oppure
attraverso la autopresentazione del personaggio.
Del personaggio della madre sappiamo, dal discorso tra le ragazze,
che è vecchia e malata, il che viene confermato con delle parole di Nedda:
“
– Ha la madre che sta per morire – rispose una delle sue compagne,
come se avesse detto che ha male ai denti.
”
92
[...]
“
– ma a veder tramontare il sole dall´uscio, pensando che non c´è pane
nell´armadio, nè olio nella lucerna, nè lavoro per l´indomani, la è una cosa assai
amara, quando si ha una overa vecchia inferma, là su quel lettuccio!
”
93
Il personaggio della madre parla pochissimo e si affaccia soltanto
in una scena discorrendo con Nedda. Nella scena si vede la preoccupazione della
madre per il futuro della figlia. Nel discorso notiamo che s´interessa soprattutto
dei soldi che significano per Nedda una certa sicurezza e il mezzo per sopravivere.
Il suo amore viene espresso tramite il gesto dell´abbraccio. Subito dopo la madre
muore.:
“La ragazza tornò indietro e disse alla mamma: - C´è andato lo zio Giovanni
– e lo disse con voce dolce insolitamente. La moribonda udì il suono dei soldi che
Nedda posava sul deschetto, e la interrogò cogli occhi. - Mi ha detto che glieli
darò poi – rispose figlia.- Che Dio gli paghi la carità! – mormorò l´inferma – così
non resterai senza un quattrino.- Oh, mamma!
- Quanto gli dobbiamo allo zio Giovanni?
- Dieci lire. Ma non abbiate paura, mamma! Io lavorerò!
La vecchia la guardò a lungo coll´occhio semispento, e poscia l´abbracciò senza
aprir bocca.
“
94
91
Cit. Verga, G.,
Vita dei campi e Novelle
, a cura Prof. Ruggero Baldassarre Aquila, B&B, La
Punta 1998, p. 25.
92
Cit. ivi p. 15.
93
Cit. ivi p. 16.
94
Cit. ivi p. 25.
24
Nel caso del personaggio della madre notiamo che, oltre il breve brano
appena citato, è presentata esclusivamente attraverso delle parole dei personaggi
oppure attraverso la voce narrante. Non sappiamo quasi niente che riguardi
il carattere della madre, ma notiamo la sua importanza nella vita di Nedda.
Gli altri personaggi costituiscono lo sfondo della storia, mostrandosi
in
alcune
scene
pronuncianno
delle
parole
e
spariscono.
Notiamo la loro importanza per lo sviluppo della vicenda perché fanno parte
dell´ambiente presentato. Del loro carattere non sappiamo quasi niente e nelle loro
parole viene espresso il loro punto di vista, il che completa la presentazione
di Nedda.
25
4.1.2. La voce narrante a il punto di vista
La novella comincia con una lunga descrizione dell’osservazione della
fiamma nel focolorare. Non sappiamo chi parla, soltanto da alcune allusioni
possiamo dedurre che si tratta forse di una persona borghese
e che una osservazione del genere è per lui o lei una novità.:
“
Non conoscevo il passatempo di stuzzicare la legna, nè la voluttà di sentirsi
inondare dal riverbero della fiamma, non comprendevo il linguaggio del
cepperello che scoppietava dispettoso, o brontola fiammeggiando; non avevo
l´occhio assuefatto ai bizzarri disegni delle scintille correnti come lucciole sui
tizzoni anneriti, alle fantastiche figure chu assume la legna caronizzandosi [...]”
95
All´inizio il narratore parla in prima persona ed esprime i propri intenzioni,
osservazioni e sensazioni.:
“
Io lascio il mio corpo su quella poltroncina, accanto al fuoco, come vi lascierei
un abito, abbandonando alla fiamma la cura di far circolare più caldo il mio
sangue e di far battere più rapido il mio cuore; e incaricando le faville fuggenti,
che folleggiano come farfalle innamorate, di farmi tenere gli occhi aperti, e di far
errare capricciosamente del pari i miei pensieri.
”
96
Osservando la fiamma gli arrivano certi pensieri, e il momento in cui
il narratore si sposta nella mente alle falde dell´Etna, dove comincia la propria
storia di Nedda, viene descritto in modo successivo.:
“
E in una di coteste peregrinazioni vagabonde dello spirito, la fiamma gigantesca
che scoppiettava, troppo vicina forse, mi fece rivedere un´altra fiamma
gigantesca che avevo visto ardere nell´immenso focolare della fattoria del
Pino.
”
97
Quest´è la scena chiave in cui la voce narrante non parla più in prima
persona ma in quella terza, e così ottiene una certa distanza dalla storia,
si nasconde e racconta da lontano quello che vede e sente. Il narratore dimostra
la conoscenza dell´ambiente e dei personaggi. Sa come si svolge la storia, conosce
tutti gli avvenimenti e delle particolarità della storia e dei personaggi. Nel capitolo
precedente abbiamo osservato che il narratore presenta soltanto il mondo interiore
95
Cit.Verga, G.,
Vita dei campi e Novelle
, a cura Prof. Ruggero Baldassarre Aquila, B&B, La
Punta 1998,p. 13.
96
Cit. ivi p. 13.
97
Cit. Verga, G.,
Vita dei campi e Novelle
, a cura Prof. Ruggero Baldassarre Aquila, B&B, La
Punta 1998, p. 14.
26
di personaggio di Nedda, il che mette Nedda nel centro della storia
e lei si manifesta come la protagonista. In questo punto possiamo citare
un capoverso in cui la voce narrante descrive i pensieri e sensazioni di Nedda.:
“
[...] poi partiva di passo più lesto, rivolgendosi due o tre volte a guardare
il lumicino che ardeva in omaggio alla Santa, nello stesso tempo che faceva lume
al fattore, quando doveva tornar tardi dai campi. – quel lumicino le dava
coraggio, e la faceva pregare per la sua povera mamma. Di tempo in tempo
un pensiero doloroso le stringeva il cuore con una fitta improvvisa, e allora
si metteva a correre, e cantava ad alta voce per strodirsi, o pensava ai giorni
più allegri della vendemmia, o alle sere d´estate, quando, con la più bella luna
del mondo, si tornava a stormi dalla Piana, dietro la cornamusa che suonava
allegramente; ma il suo pensiero correva sempre là, dinanzi al misero giaciglio
della sua inferma.
”
98
Come abbiamo detto nel capoverso precedente, il narratore si ritira dalla
storia e assume una posizione fuori della vicenda narrata. Notiamo però la sua
presenza nella forma dei suoi giudizi, osservazioni, esplicazioni e commenti
attraverso i quali esprime il suo punto di vista, e quindi il racconto risulta come
personale. Il narratore esprime la sua pietà verso il personaggio di Nedda e cerca
di cogliere il suoi tratti caratteristici valutandoli con il proprio giudizio.:
“
Era una ragazza bruna, vestita miseramente; aveva quell´attitudine timida
e ruvida che danno la miseria e l´isolamento. Forse sarebbe stata bella, se gli
stenti e le fatiche non ne avessero altrerato profondamente non solo le sembianze
gentili della donna, ma direi anche la forma umana. [...] Gli occhi erano neri,
grandi, nuotanti in un fluido azurino, quali gli avrebbe invidiati una regina
a quella povera figliuola raggomitolata sull´ultimo gradino della scala umana,
se non fossero stati offuscati dall´ombrosa timidezza della miseria, o non fossero
sembrati stupidi per una triste e continua rassegnazione.[...] I cenci sovrapposti
in forma di vesti rendevano grottesca quella che avrebbe dovuto essere la delicata
bellezza muliebre. Nessuno avrebbe potuto dire quanti anni avesse cotesta
creatura umana; la miseria l´aveva schiacciata da bambina con tutti gli stenti che
deformano e induriscono il corpo, l´anima e l´inteligenza. – Così era stato di sua
madre, così di sua nonna, così sarebbe stato di sua figlia. – E dei suoi fratelli
98
Cit. ivi p. 23 Il narratore descrive l´ambiente, in un certo punto entra nella mente di Nedda e
attraverso la sua voce e così esprime il punto di vista di Nedda.
27
di Eva bastava che le rimanesse quel tanto che occorreva per comprenderne
gli ordini e per prestar loro i più umili, i più duri servigi.
”
99
All´inizio della storia il narratore si comporta come se fosse lo scrittore
stesso, spiega come è arrivato a raccontare la storia, parla in prima persona, di ciò
possiamo dedurre che nella storia assume un ruolo particolare, non si comporta
come un personaggio, ma si manifesta nel suo discorso; infatti, in alcuni brani del
testo troviamo il discorso diretto. Ma non è evidente chi lo dica, dunque possiamo
attribuirlo all´autore implicito che non deve essere identificato con l´autore reale.:
“
Il giovane le tenne dietro fischiettando, e la guardava a camminare svelta
e senza voltarsi indietro, colla sua veste nuova di fustagno che faceva delle belle
pieghe pesanti, le sue brave scarpette, e la sua mantellina fiammante. – La povera
formica, or cha la mamma stando in paradiso non l´era più a carico, era riuscita
a farsi un po´di corredo col suo lavoro. – Fra tutte le miserie del povero c´è
anche quella del sollievo che arrecano le perdite più dolorose al cuore!
”
100
A patto che la propria storia sia cominciata in un momento in cui il narratore
si sposta nella mente alla fattoria di Pino, possiamo dire che il narratore non
Do'stlaringiz bilan baham: |